Ucraina, Ciccioli (Fdi) non ha dubbi: "L'Ue dovrebbe essere protagonista e non spettatrice. Bruxelles non conta abbastanza" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 18:15

Ucraina, Ciccioli (Fdi) non ha dubbi: "L'Ue dovrebbe essere protagonista e non spettatrice. Bruxelles non conta abbastanza"

L'intervista all'eurodeputato Carlo Ciccioli esponente di punta di FdI nelle Marche

di Vincenzo Caccioppoli

Guerra in Ucraina, l’accusa di Ciccioli: "Bruxelles non conta abbastanza"

Onorevole Ciccioli la commissione europea la settimana scorsa ha accolto la vostra richiesta di non tagliare i giorni di pesca a strascico, è stata un’altra vostra grande vittoria? 

È stata una vittoria del buon senso e dei territori. Abbiamo fermato un’impostazione ideologica che avrebbe messo in ginocchio centinaia di imprese, comprese quelle marchigiane, senza reali benefici ambientali. Difendere la pesca significa difendere lavoro, identità e sovranità alimentare. L’Adriatico non può essere governato da scrivanie lontane.

Questo fa il paio con la decisione della Ue ad ottobre sulla deroga Ue per l’Italia che potrà continuare a pescare molluschi a 22 millimetri nelle proprie acque territoriali fino al 2030. Su questo proprio il suo contributo è stato determinante. Cosa avrebbe significato per i pescatori dell’Adriatico se fosse stata bocciata la deroga?

È il giusto riconoscimento al lavoro e ai sacrifici dei nostri pescatori, che da anni chiedono di poter continuare a svolgere un’attività sostenibile, come confermato dagli stessi dati scientifici della Commissione Europea. Sarebbe stato un disastro economico e sociale. Centinaia e centinaia di posti di lavoro a rischio e un comparto strategico compromesso. Abbiamo dimostrato che sostenibilità ambientale e sostenibilità economica possono convivere. L’Italia ha fatto valere le proprie ragioni con dati scientifici e determinazione politica. Con questa proroga, infatti, centinaia di imprese e famiglie potranno lavorare, investire e programmare il proprio futuro con maggiore serenità. Un risultato di particolar rilievo anche per le Marche visto che secondo i dati Eumofa, l’osservatorio europeo del mercato dei prodotti di questi due settori, il porto di Ancona era il terzo a livello nazionale per la produzione della prima vendita nel 2020, anno in cui raggiunse i 25,8 milioni di euro, gestendo un volume di oltre 8mila tonnellate di pescato, in particolare di vongole, sogliole comuni, gamberoni e mazzancolle. Più in generale, il 7,6% del pesce consumato in Italia è pescato da aziende marchigiane.

Intanto anche in Cile stravince la destra, sta cambiando il vento non solo in Europa, come mai secondo lei le destre risultano più convincenti delle sinistre?

Sì, perché i cittadini chiedono concretezza, sicurezza e libertà economica. Le destre parlano di lavoro, identità e crescita reale, mentre le sinistre restano prigioniere di ideologie e pseudo-moralismi. Le persone premiano chi offre risposte, non lezioni. È un cambio di paradigma globale.

Sulla guerra in Ucraina sembra invece che permanga una situazione di stallo, malgrado i passi avanti fatti a Berlino sulla bozza di accordo di pace, cosa dovrebbe fare la Ue secondo lei?

L’Unione avrebbe dovuto essere protagonista diplomatica, non spettatrice, con la convinzione che la guerra ai confini ci danneggia enormemente. Serve sostenere l’Ucraina, ma al tempo stesso si sarebbe dovuto lavorare seriamente a livello di diplomazia con più realismo e meno slogan. Non possiamo nasconderci nell’evidenziare che l’Europa sul piano geopolitico non conta abbastanza.

Intanto sul green deal sembra che la Ue stia ripensando la sua politica troppo ideologica, quanto ha inciso in questo il vostro maggior peso nel parlamento europeo?

Direi, finalmente. La decisione di ieri della Commissione Europea con la quale si inizia a rivedere il green deal sullo stop ai motori endotermici nel 2035, va certamente nella direzione giusta. Fra dieci anni i costruttori non dovranno più azzerare le emissioni, ma ridurle del 90%. Il restante 10% delle emissioni dovrà essere "compensato" dalle case automobilistiche con l'impiego di acciaio a basse emissioni o mediante l'utilizzo di carburanti sostenibili, come e-fuel e biofuel avanzati. Una vittoria del governo italiano e, per onestà intellettuale, anche di quello tedesco. Certamente, però, si è distrutto il settore dell’automotive con ricadute economiche ed occupazionali importanti. È un primo passo, si può e si deve fare di più, lasciando fuori dalle decisioni politiche il furore ideologico green. Sì alla tutela dell’ambiente, no al suicidio economico europeo. La svolta è frutto di una nuova maggioranza più pragmatica.

I popolari e tutte le destre sempre più spesso fanno fronte comune in Parlamento, secondo lei può nascere una maggioranza “Giorgia” sul modello italiano anche in Europa?

Il modello italiano dimostra che una destra di governo è possibile ed efficace. In Europa servirebbe una svolta politica simile. Quando si mettono al centro crescita, sicurezza e realismo, le convergenze aumentano.

Cosa pensa dell'allargamento della Zes unica alle sue Marche, potrebbe essere un volano per la crescita della sua Regione?

Assolutamente sì. La ZES può attrarre investimenti, semplificare la burocrazia e creare occupazione. Per le Marche è un’occasione storica di rilancio industriale e logistico, derisa dalla Sinistra che, ancora una volta, ha dovuto fare i conti con la nostra politica del fare e del fare bene. Ora dove prima servivano fino a 37 autorizzazioni, ora ci sarà un’unica istanza valida per tutti i Comuni marchigiani, con tempi certi – massimo 60 giorni – grazie allo sportello digitale. Una rivoluzione concreta, non un esercizio di fantasia interplanetaria. E vale per tutti i Comuni delle Marche. Così come gli incentivi alle assunzioni: 650 euro al mese per 24 mesi per ogni nuovo lavoratore assunto. Per quanto riguarda il credito d’imposta, le interlocuzioni tra il Governo italiano e la Commissione Europea sono partite da tempo per arrivare a una revisione della Tabella 107.3.c, così da individuare soluzioni utili a includere anche quei Comuni che, pur avendo insediamenti produttivi, sono rimasti fuori dalla mappatura europea.