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Esteri
Elezioni Israele 2020, terzo voto dopo il piano Trump: incubo nuovo stallo
Foto: LaPresse

Gli israeliani tornano lunedì 2 marzo per la terza volta alle urne in meno di un anno, con l'incubo di un quarto voto se nessuno dei due blocchi riuscira' a formare una coalizione di governo che conquisti 61 seggi alla Knesset. Lo scenario sembra ripetersi: dopo settimane di testa a testa, secondo gli ultimi sondaggi il Likud del premier Benjamin Netanyahu godrebbe di un leggero vantaggio rispetto a Blu e Bianco dell'ex capo di Stato maggiore, Benny Gantz, ma nessuno dei due sfidanti riuscirebbe comunque a formare un esecutivo di maggioranza. Nonostante la frustrazione per l'impasse politica e la noia rispetto al ripetersi di campagne elettorali con gli stessi schieramenti, politici e parole d'ordine, non si prevede un calo nell'affluenza. Entrambi gli schieramenti sono impegnati a conquistare voti, elettore per elettore, casa per casa; e se la formazione centrista di Gantz punta quantomeno ad assicurarsi che la larga affluenza ottenuta la volta precedente nelle sue roccaforti non conosca flessione, Bibi lavora per portare ai seggi il suo 'popolo' che l'altra volta e' rimasto a casa (secondo alcune stime, circa 300 mila persone).

Elezioni Israele: ultima (?) sfida tra Netanyahu e Gantz

Tutti e due, poi, cercano di 'rubare' elettori ai partiti minori del proprio blocco, Gantz alla coalizione di sinistra Labor-Gesher-Meretz mentre Netanyahu all'alleato-rivale nazional-religioso Yamina. Negli ultimi giorni c'e' stata una 'distrazione' di massa dovuta all'epidemia di coronavirus nel Paese, ed e' stata avviata un'indagine sulla fallita societa' cyber-tech di Gantz, 'Fifth Dimension', sulla quale Netanyahu ha molto speculato nonostante il leader di Blu e Bianco non sia stato chiamato in causa per alcun illecito. A parte questo, nulla sembra essere riuscito a scuotere l'elettorato israeliano: ne' il piano di pace per la regione promosso dagli Usa - atteso e celebrato da Netanyahu che sperava di guadagnare punti agli occhi di coloni, nazionalisti e religiosi - ne' l'incriminazione dello stesso premier per corruzione, frode e abuso di fiducia in tre casi, seguita dall'annuncio dell'avvio del processo il prossimo 17 marzo. Beghe giudiziarie ampiamente sbandierate dagli oppositori come inequivocabile segnale della necessita' di mettere fine all'era di 're Bibi', che ormai ha superato anche il padre della patria David Ben-Gurion nella permanenza al potere. Il leader del Likud, tuttavia, continua ad avere una forte presa sull'elettorato, superando di gran lunga lo sfidante Gantz nelle preferenze come futuro premier (negli ultimi sondaggi, il suo gradimento oscilla tra 45-49% mentre l'ex capo di Stato maggiore e' inchiodato al 34-36%). 

Israele: terzo voto in un anno, schieramenti in campo

Israele è in una situazione anomala che vede fronteggiarsi il blocco di destra che fa capo al premier, Benjamin Netanyahu, e il centro-sinistra guidato da Benny Gantz. Resta l'incognita della coalizione araba della Joint List e il partito ultra-nazionalista russofono Yisrael Beiteinu di Avigdor Lieberman, che con i suoi voti si prevede possa essere nuovamente l'ago della bilancia.

- LIKUD: Dopo il fallimento delle due precedenti tornate elettorali, quando non e' riuscito a formare coalizioni di governo, Benjamin Netanyahu ci riprova ancora e guida il partito alla conquista del quinto mandato. Sulla testa del leader inossidabile pende l'incriminazione per corruzione, frode e abuso di fiducia in tre casi, con l'avvio del processo previsto per il 17 marzo.

- BLU E BIANCO: E' stata la sorpresa del voto di aprile, il cosiddetto 'partito dei generali' che ha messo insieme tre ex capi di Stato maggiore, Benny Gantz, Moshe Ya'alon e Gabi Ashkenazi, cui si e' unito il partito Yesh Atid di Yair Lapid. Testa a testa con il Likud, ha stretto un accordo post-elettorale con il partito ultra-nazionalista russofono Ysrael Beiteinu di Avigdor Lieberman per non disperdere eventuali seggi. 

- YISRAEL BEITEINU: Voce della comunita' russofona in Israele, ex alleato di Netanyahu al governo, ora acerrimo nemico, alla luce della sostanziale parita' tra i due principali partiti israeliani, resta cruciale e si prevede che sara' l'ago della bilancia.

- LABOR-GESHER-MERETZ: Guidata dal leader dei laburisti Amir Peretz, la coalizione progressista cerca la sopravvivenza nell'unione. Alle ultime elezioni dello scorso settembre, il partito laburista che ha guidato il Paese per decenni ha totalizzato cinque seggi mentre il partito di estrema sinistra e' scivolato a tre; nel 1969 i due insieme (all'epoca c'era il predecessore del Meretz, il Mapam) fecero la storia conquistando 56 seggi su 120, un record imbattuto. Oggi gli ultimi sondaggi li danno a nove, anche se i piu' ottimisti nella coalizione sperano in 15.

- OTZMA YEHUDIT: Il partito di estrema destra di impostazione kahanista ci riprova ma i sondaggi continuano a darlo sotto la soglia di sbarramento del 3,25%. Neanche stavolta dovrebbe quindi entrare alla Knesset un partito che si rifa alle teorie del Kach, il movimento razzista di estrema destra fondato dal rabbino Meir Kahane e messo al bando negli anni '90.

- LISTA UNITA: Arrivati divisi alla prova elettorale dello scorso aprile, e puniti per questo dagli elettori, gia' nel settembre scorso i quattro partiti arabi - Balad, Hadash, Ta'al e United Arab List - hanno ridato vita alla lista unitaria guidata da Ayman Odeh. La sua speranza e' riposta in un'affluenza record tra gli arabo-israeliani e un crescente sostegno tra l'elettorato ebraico di sinistra, per raggiungere un numero di seggi mai conquistati prima e contribuire alla detronizzazione di Netanyahu. 

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