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Esteri
Gilet gialli, le proteste continuano. "Il discorso di Macron non basta"

Macron non placa la protesta. Il giorno dopo il discorso del presidente francese, i gilet gialli non rinunciano ai blocchi, che restano numerosi in tutto il Paese: lo conferma il quotidiano Le Figaro. Macron incontra gli esponenti del settore bancario e poi i capi delle grandi imprese per chiedere loro “uno sforzo collettivo”. Intanto, Camere di commercio e industria, licei, dipendenti del Centro delle finanze pubbliche si preparano a scioperi, occupazioni e dimostrazioni. Secondo l’inchiesta dell’istituto Opinionway per la rete televisiva LCI realizzata dopo l’intervento del presidente, scrive www.agenzia.redattoresociale.it, la maggioranza dei francesi (il 66%) continua a condividere la protesta del movimento. Il resto, invece, vorrebbe vedere i gilets jaunes (i gilet gialli) fermarsi.

“Le parole di Macron, a mio avviso, non basteranno a calmare la piazza – sostiene Marco Cesario, giornalista e scrittore napoletano che da anni vive a Parigi –. Tra le misure promesse c’è l’aumento dello stipendio minimo di 100 euro dal primo gennaio: ma quei 100 euro comprendono gli aumenti di 30, 20 e 20 euro già previsti rispettivamente per il 2019, 2020 e 2021”. La conferma è arrivata direttamente dall’Eliseo, rispondendo a una domanda precisa della giornalista Margaux Duguet della radio France Info. “Le misure annunciate non convincono soprattutto i commercianti, i piccoli imprenditori, gli artigiani e in generale i lavoratori indipendenti che sono la base del movimento dei gilets jaunes. Ricordiamo il contesto: Macron è stato eletto con il 43 per cento dei voti beneficiando di un astensionismo record e soltanto perché nella mente dei francesi bisognava fermare Marine Le Pen. Nel suo discorso non ha mai messo in discussione una politica che ha umiliato le classi più deboli e privilegiato quelle più agiate: credo debba e possa fare di più, anche perché i gilets jaunes si stanno già preparando all’atto V della protesta”.

Cesario nei giorni scontri ha assistito direttamente alle proteste. “Le rivendicazioni dei gilets jaunes sono sempre le stesse e sono legittime”: sospensione dell’aumento della tassa sul carburante, un salario minimo a 1.300 euro netti, previdenza sociale uguale per tutti, pensioni non al di sotto dei 1.200 euro, proteggere l’industria francese vietando la delocalizzazione, fine della politica di austerity che grava sulle classi più deboli, lotta all’evasione fiscale, favorire le politiche d’integrazione, aumentare le misure a sostegno delle persone con disabilità, classi a 25 alunni, inserire il referendum popolare nella Costituzione, pensioni a 60 anni, solo per citare alcune istanze. “Se guardiamo il loro programma dall’esterno – continua Cesario –, sembra un programma di una sinistra storica. Ma la piazza dei gilets jaunes è variegata, trasversale. I media italiani hanno parlato di una protesta veicolata dall’estrema destra, ma non è così. Non nego che ci sia l'estrema destra, ma ci sono anche gli anarchici, i comunisti, la sinistra extraparlamentare, i sindacati come la Cgt, il corrispettivo della nostra Cgil, studenti, intellettuali, la France Insoumise di Mélénchon e per l'Italia abbiamo visto sfilare anche i vessilli di Potere al Popolo. Una cosa è certa ed è stata evidenziata da diversi analisti politici: più passa il tempo, più il movimento si sposta politicamente a sinistra, storicamente molto più a suo agio con le rivendicazioni sociali”.

Cesario racconta che, al di fuori delle giornate di mobilitazione – generalmente il sabato – la situazione è calma. “Ma il sabato c'è tensione. Sabato scorso, per esempio, in previsione degli scontri, sono state chiuse diverse stazioni di metro, dirottate linee di bus, chiusi centinaia di negozi e svariate attività previste in città sono state annullate. Per quattro sabati di seguito la città ha subito danni ingenti a monumenti, palazzi, negozi, auto. Per quanto Macron abbia omaggiato le forze dell’ordine per aver evitato il peggio, la città ha subito ancora più danni e l'attività turistica ha registrato una flessione di oltre il 50 per cento”. Il giornalista parla di paura, sottolineando che i blindati, in città, non sfilavano dal 1975 ma, ammonisce, “parlare di guerra civile come hanno fatto alcuni media esteri o di coprifuoco è completamente fuorviante. Siamo in un ambito di manifestazioni politiche legittime e non c'è nessuna regia estera dietro gli scontri”.

Per i prossimi giorni, Cesario prevede un inasprimento dello scontro, “perché nella base dei gilets jaunes c’è chi stima che le aperture del presidente siano insufficienti, per quanto il discorso di ieri possa avere convinto una parte di moderati. C'è da dire, però, che il movimento si è molto allargato. Ha integrato istanze così vaste da diventare quasi un programma politico di opposizione che Mélénchon ha intelligentemente deciso di cavalcare. Per questo sostengo che ci vorrà molto di più perché possa scemare o perdere di virulenza”. E richiama un’altra indagine, commissionata ad Harris Interactive per RTL e M6 (realizzata prima del discorso di ieri): secondo questi dati, il 72 per cento degli intervistati sostiene i gilets jaunes. E per il 90 per cento degli intervistati il governo non è all'altezza della situazione: “Staremo a vedere ma è certo che non è finita qui”.

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