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Esteri
Iran, rivolta dopo il caso Mahsa. Regime assediato mentre tratta sul nucleare

Maxi proteste in Iran per la morte di Mahsa Amini

Mahsa Amini. Si chiamava così la ragazza morta nelle mani della polizia iraniana che l'aveva presa in custodia perché non indossava correttamente l'hijiab. Si chiama così quella che sta diventando un'icona delle proteste più vaste degli ultimi anni che secondo qualcuno potrebbero persino iniziare a far traballare qualcuno nel ramificato sistema di potere della Repubblica Islamica, proprio mentre il governo di Teheran sta trattando con l'occidente un nuovo accordo sul nucleare.

Le proteste sono iniziate venerdì scorso con i manifestanti che si sono radunati davanti a un ospedale di Teheran poco dopo la conferma della morte di Mahsa Amini, 22 anni, appartenente alla minoranza curda iraniana, proveniente dalla città nord-occidentale di Saqez, nella provincia del Kurdistan. I familiari hanno riferito che la polizia della moralità iraniana ha arrestato Amini mentre era in visita a Teheran il 13 settembre. Hanno detto che la polizia ha accusato Amini di indossare impropriamente il suo hijab, o velo, e l'ha portata in un furgone in una stazione di polizia dove è entrata in coma mentre era detenuta con altre donne.

I parenti di Amini hanno accusato la polizia iraniana di averla maltrattata fisicamente durante la detenzione e di aver organizzato in fretta e furia il suo funerale a Saqez senza condividere i risultati dell'autopsia. Le autorità hanno negato di averla maltrattata e hanno attribuito la morte a problemi cardiaci. La sua famiglia ha dichiarato che non aveva mai avuto problemi cardiaci.

La rivolta è anche contro Khamenei, proprio mentre Raisi tratta sul nucleare

Da giorni circolano video di protesta provenienti dalle province di Alborz, Azerbaigian orientale, Fars, Gilan, Golestan, Hormozgan, Ilam, Isfahan, Kerman, Kermanshah, Kurdistan, Mazandaran, Qazvin, Razavi Khorasan, Teheran e Azerbaigian occidentale. In una grande protesta a Teheran, una folla di manifestanti vestiti di nero ha gridato "Oh il giorno in cui saremo armati", secondo un altro video diventato virale. I disordini più violenti si sono verificati nella regione del Kurdistan, dove funzionari statali e siti web di attivisti hanno riferito di almeno tre persone uccise.

Si tratta dei peggiori disordini dopo gli scontri di piazza dello scorso anno per la scarsità d'acqua. Il governo iraniano accusa agenti stranieri e terroristi non meglio specificati di aver istigato la violenza. In un apparente tentativo di allentare le tensioni, un assistente della Guida Suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei, ha fatto le condoglianze alla famiglia di Amini, affermando che Khamenei è stato colpito e addolorato dalla sua morte.

Non è bastato. Anzi, tra gli atti di sfida più audaci visti nei video delle proteste, la folla ha strappato le immagini della Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei e del suo predecessore, Ruhollah Khomeini, da un edificio comunale nella città settentrionale di Sari. Difficile comunque capire fino in fondo che cosa sta accadendo, la portata delle proteste così come quella della loro repressione, visto il controllo della Rete che viene esercitato dalle autorità.

Di certo tutto ciò avviene in un momento a dir poco delicato per il governo iraniano, che proprio in queste settimane sta trattando con l'occidente per un nuovo accordo sul nucleare. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha avuto un incontro nelle scorse ore con il presidente iraniano, Ebrahim Raissi, a margine dell'Assemblea generale dell'Onu a New York. "L'Ue è pienamente favorevole a un ripristino immediato dell'accordo sul nucleare. La conclusione di un accordo al più presto è nel nostro comune interesse", ha affermato Michel dopo l'incontro. 

Ma l'esplosione delle proteste e la reazione delle autorità potrebbe complicare un percorso che era già accidentato.

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