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La Spagna e la perduta opportunità di dialogo con la Catalogna

La consultazione referendaria indetta dal Governo Catalano al fine di interrogare i cittadini della Catalogna circa la sussistenza della volontà popolare di secessione dalla Spagna, vibratamente osteggiata da Madrid anche con l’uso della forza pubblica, offre l’occasione per esprimere alcune riflessioni relative all’individuazione della giuridicità delle posizioni delle parti istituzionali coinvolte.
Appare indubbio che il referendum in questione non potesse essere avviato ad impulso della Generalitat in quanto la Costituzione della Spagna riserva al Re la relativa potestà ex articolo 62 comma primo lettera c).
Tuttavia, sotto un profilo meramente giuridico, risulta quantunque incontestabile la qualificabilità alla stregua di riunione dell’incontro – sebbene programmato – di più soggetti chiamati a pronunciarsi su una determinata questione.
La stessa Costituzione spagnola, all’articolo 21, riconosce il diritto di riunione pacifica e senz’armi, liberandone il condizionamento da qualsivoglia richiesta autorizzatoria e sottoponendo l’esperibilità di quella da svolgersi in luogo pubblico all’onere di comunicazione alle Autorità del suo svolgimento, con salvezza della possibilità di proibizione nelle ipotesi di temuto derivante pericolo a persone o cose.
Orbene, in disparte ogni argomentazione su quale Autorità sia competente alla frapposizione del veto (che nella fattispecie non sembrava, almeno in origine, suffragato e suffragabile da valida motivazione), la Spagna ha probabilmente – ad avviso dello scrivente – omesso di attuare il disposto del citato articolo 21 della Carta, vieppiù alla luce della considerazione secondo cui sovente (e, appunto, come in ispecie) la non sediziosa riunione costituisce la sede naturale di esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, di cui al predicato della lettera a) del comma primo dell’articolo 20 della medesima fonte superprimaria.
In altri termini, acclarato che non si sarebbe potuta qualificare formalmente come tale, la consultazione referendaria – lungi dall’essere ostacolata – avrebbe dovuto rappresentare l’occasione (purtroppo perduta) di inizio di un dialogo rispettoso dell’autodeterminazione delle genti catalane e compatibile con la cornice delle disposizioni costituzionali di riferimento.
Da notare, infine, che onde evitare alterazioni di sorta dell’esito del voto (dunque considerabile reale espressione dei cittadini della Catalogna) è stata istituita una commissione di qualificati osservatori internazionali che hanno attentamente vigilato all’uopo.
In ogni caso, non è mai troppo tardivo – anzi bisogna auspicare arrivi presto – il momento dell’interlocuzione.

Mario Tocci
avvocato e docente universitario

 

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