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Esteri
Il fallimento di Obama

 

Quello che sta accadendo negli Usa in questi giorni non è particolarmente nuovo; le tensioni etnico – raziali, infatti, ci sono sempre state in un Paese, quello americano, unificato solo nella facciata ma profondamente diviso da mille differenze che vanno, appunto, dal colore della pelle, ai mezzi economici, alla cultura.

La cosa nuova è che tutto questo e cioè i gravissimi disordini raziali a cui stiamo assistendo in questi giorni in risposta all’uccisione da parte della polizia di un nero avvengono sotto il regno del primo imperatore di colore: Barack Obama.

Chi pensava che la sua elezione fosse il suggello apocalittico e finale su centinaia di anni di tensioni razziali è ancora una volta servito dalla Storia, maestra di vita: non solo le tensioni non sono diminuite ma addirittura sono aumentate ed esacerbate proprio dal fatto che i neri delle terribili periferie urbane delle città americane vivono la presidenza Obama come un ulteriore scacco; in definitiva, pensano, per noi cosa è cambiato concretamente? Quali vantaggi abbiamo avuto dall’elezione del primo Presidente nero della storia americana? Nessuno.

Invece, per Obama i vantaggi ci sono stati in termini individuali e personali; questo il probabile ragionamento delle grandi masse nere, quelle a cui si rivolgevano Mohammed Alì, o Malcom X o le Pantere nere o l’attuale Black Lives Matter; anche questa volta la chiave di lettura non è comunitaria ma è individuale; un presidente nero non vuol dire che i neri abbiano mutato, nel loro complesso, il loro status sociale; l’ha mutato, semmai, la famiglia Obama sfruttando una sorta di corsia preferenziale riservata alle minoranze.

Anzi, questa presidenza inaspettata rischia di fare un po’ la fine del primo viaggio sulla Luna compiuto dalla Nasa nel 1969: all’inizio un grandissimo evento, poi finita la curiosità, il progetto Luna è stato tristemente abbandonato come l’attenzione per il marziano atterrato a Roma nel romanzo di Ennio Flaiano.

Tra l’altro, il capo della Polizia di Dallas –David Brown- è di colore, proprio come Obama e questo non ha evitato la tragedia; dunque non è una donna nelle istituzioni (se vincesse la Clinton) che cambierà la condizione delle donne in America. Il lavoro è molto più difficile e concreto e riguarda la dura vita di ogni giorno ed è fatta di piccole vittorie e non di grandi ed inutili parate.

L’amministrazione Obama che sta finendo sarà quindi ricordata come una grande occasione persa; e questo il presidente lo sa bene; basta guardare alcune sue immagini pensose che lo ritraggono al tramonto o al lavoro nello studio ovale della Casa Bianca. Forse anche lui ha creduto al sogno su sé stesso, ma come tutti i sogni, è svanito all’alba.

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