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Le mele hanno origini lontane: le montagne Tian Shan in Kazakhstan

E in principio fu la mela...

L'Italia è fra i principali produttori mondiali di mele. Ma l'origine del melo e del suo frutto, in realtà arrivano dal medio oriente. Il “padre di tutte le mele” è il Malus sieversii, la specie che cresce spontanea sulle montagne del Tian Shan, in Kazakhstan. La catena del Tian Shan, che significa “le montagne del cielo”, le “montagne celesti”, fa da corona ad Alma Ata, che è stata capitale fino al 1997. 

La pianta si è poi diffusa grazie a fattori geofisici e atmosferici: tettonica a zolle e orsi. Circa 60 milioni di anni fa, sotto la spinta della placca indo-australiana contro quella asiatica, si sollevarono le montagne dell’Himalaya. La catena del Tian Shan, una delle propaggini a nord-est, separando l’Asia centrale dalla Cina, intrappolò una qualche specie ancestrale di melo in un territorio isolato e inaccessibile. 

E gli orsi: mentre perlustravano le valli del Tian Shan per raccogliere innesti e semi dalle piante più interessanti, i ricercatori si accorsero di essere in competizione con gli orsi, ghiotti di queste gustose mele selvatiche. Ecco quindi cosa può essere successo: la prima selezione, quella che ha fatto fare un salto di qualità alla mela-ciliegia e dato origine al Malus sieversii così come lo ha conosciuto l’uomo, l’hanno fatta gli orsi del Tian Shan, scegliendo i frutti più dolci e commestibili e disseminandoli. Nel corso dei millenni, le piante con i frutti più grossi e polposi hanno avuto un vantaggio competitivo diffondendosi sul territorio. 

L’area di origine del melo si trova, quindi, all’incrocio delle repubbliche dell’Asia centrale: Kazakhstan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Oggi periferia del mondo, ma nel secondo millennio AC qui si svilupparono le civiltà che oggi chiamiamo indo-europee, perché invasero a sud l’India e la Persia, mentre a est colonizzarono l’Europa con ondate successive che diedero origine alle civiltà greca, latina e più a nord ai Celti e ai Germani. Furono probabilmente le grandi migrazioni indoeuropee a diffondere il melo dall’Asia centrale a tutto il mondo allora conosciuto. 

In epoca storica, in questa zona prosperavano le città di Samarcanda e Bukhara e, più tardi, divenne parte dell’impero persiano, che si estendeva dalla Cina al Mediterraneo. Sulle strade costruite dai persiani si sviluppò la più grande via di comunicazione dell’antichità, la “via della seta”. Ottomila chilometri di strade che collegavano la Cina con l’occidente, portando la seta a Roma e a tutte le province dell’impero. Su quella via per secoli hanno viaggiato in entrambi i sensi le merci ma anche le nuove idee, le religioni, e i semi e gli innesti delle varietà di melo.

Gli autori latini come Catone, Varrone, Columella, Plinio e Palladio sottolineano la preferenza verso i meli tra gli alberi allora conosciuti e coltivati nell’impero romano e citano varietà, luoghi e cure a loro riservati. Alcune varietà dai nomi dei loro costitutori (mala Matiana di Gaio Mazio, mala Cestinadella gens Cestia) sono riprodotte negli affreschi di Pompei e di Ercolano. Proprio in quelli di Ercolano sono riconoscibili mele Annurca, ancora oggi coltivate in Campania. L’espressione di Flacco (I sec. a.C.) “ab ovo usque ad mala” utilizzata oggi per indicare “dall’inizio alla fine”, ad esempio di un racconto, a quei tempi stava per “dall’antipasto alla frutta”, attestando che la mela era conosciuta e molto apprezzata, tanto da essere sinonimo di frutta.

tratto dal portale Coltura & Cultura 

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