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"Green New Deal in Parlamento dopo i Dl". Parla il sottosegretario Morassut

Il 5 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Ambiente, l’8 quella degli Oceani, il 17 è la Giornata per la lotta alla desertificazione e alla siccità. Nel corso dell’anno, poi, ci sono molte altre date celebrative istituite dall’ONU riconducibili alla natura, segni evidenti della consapevolezza della comunità internazionale della necessità di far crescere l’attenzione alle questioni ambientali. Alti richiami perché si agisca in fretta per salvaguardare e tutelare le condizioni di vita sulla Terra. La pandemia causata dal coronavirus ci ha fatto precipitare rapidamente in una condizione di incertezza e ci ha mostrato le fragilità del sistema su cui è basato il modello di sviluppo dominante. Negli occhi abbiamo ancora le immagini straordinarie della natura che recupera i suoi spazi durante il lockdown. Indimenticabile la foto dell’erba che cresce tra le fessure dei sampietrini di piazza Navona libera dal calpestio e dal passaggio delle auto ma anche i video dei delfini nel porto di Cagliari o al largo di Ostia, le acque diventate cristalline dei canali di Venezia o del lungomare di Napoli. La natura ci ha mostrato la sua potente resilienza come se avesse fatto una cura disintossicante di 3 mesi. Per approfondire questi temi ne parliamo con Roberto Morassut, deputato e sottosegretario all’Ambiente del Governo Conte. Una lunga esperienza politica iniziata da giovanissimo e legata alle attività amministrative di Roma dove è stato assessore all’urbanistica nella Giunta Veltroni. Nonostante i molti impegni Morassut trova il tempo e volentieri si presta al nostro colloquio. Grazie anche alla tecnologia che ci mette in relazione, cominciamo.

Questi appuntamenti legati all’ambiente sono utili? Hanno un impatto?
“Naturalmente. Tutto quello che può aiutare a sensibilizzare sui temi che riguardano l’ambiente è utile, anche giornate come queste. Perché se prima l’argomento veniva trattato solo dai media tradizionali e dagli addetti ai lavori, oggi, con i social network, centinaia di migliaia di persone possono rilanciarli e discuterne. Il 5 giugno, solo su Twitter, gli hashtag #GiornataMondialeDellambiente e #WorldEnvironmentDay sono stati tra i top trend per tutta la giornata. Scorrendo i post degli utenti abbiamo visto migliaia di contenuti che parlano di inquinamento e disastri ambientali: sono argomenti sempre più sentiti, perché il pianeta sta cambiando sotto i nostri occhi”. Morassut ci introduce così.

L’ambiente possiamo considerarlo come il tessuto connettivo della nostra vita. Suddividerlo in argomenti specifici può semplificare o serve un approccio generale?
“Servono entrambi. È chiaro che c’è un argomento di fondo che è il nostro modo di abitare il pianeta senza essere nocivi. Da questo deriva tutto il resto, dalle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria alla salvaguardia delle acque, dalla tutela del suolo, allo sviluppo di fonti di energia non inquinanti. In questi ultimi anni è stato fatto molto e soprattutto, con l’agenda 2030, ci si è dati degli obiettivi concreti”. 

Il tema ambientale spesso sembra ristretto in un dibattito tra esperti oppure delegato alla politica, i cittadini sono poco coinvolti?
“Non è più così. I giovani di tutto il mondo che affollano le piazze del “Fridays for Future” ci stanno mandando un messaggio fortissimo. Man mano che il movimento animato da Greta Thunberg è cresciuto, ai ragazzi si sono uniti i loro genitori e i loro nonni: è stato un ritorno alla partecipazione politica – perché di questo parliamo – nato realmente dal basso, al netto delle teorie complottiste che lasciano il tempo che trovano. Ed è stato un forte stimolo ai governi dell’occidente, che in larga parte hanno accolto quelle istanze. Possiamo dire che la parte più sana della politica ha fatto sue quelle piazze e questo è servito anche a fare chiarezza rispetto a chi ha davvero a cuore il futuro del pianeta e chi ancora si illude di poter governare un profitto senza regole”. 

Quali sono i pericoli, le principali minacce per l’ambiente? Inquinamento atmosferico? Cambiamenti climatici? 
“È tutto collegato. Certamente i cambiamenti climatici dovuti al surriscaldamento globale sono la principale minaccia che stiamo affrontando, ma non dimentichiamo tutte quelle forme di inquinamento (terreno, acque) che minacciano la biodiversità. La Terra è un corpo vivo e ogni sua parte è collegata al resto del corpo: se va in cancrena un arto tutto l’organismo è compromesso. C’è poi un tema a me molto caro che è quello del dissesto idrogeologico: Il suolo è una risorsa non rinnovabile ed è nostro dovere promuoverne un uso più sostenibile. Si pensi che il 91% dei comuni italiani è a rischio idrogeologico e cresce il consumo di suolo soprattutto nelle grandi pianure e sulle coste”.

L’epidemia provocata dal coronavirus ha evidenziato le fragilità del modello di sviluppo economico e sociale attuale. L’impostazione che abbiamo visto mostra la corda?
“Che bisognasse cambiare tutto lo avevamo capito da tempo, il Coronavirus da un lato ce lo ha confermato, dall’altro ci ha messo nelle condizioni di ripartire in modo diverso. Tutti abbiamo visto gli effetti positivi che il lockdown ha avuto sull’ambiente: dal crollo delle polveri sottili in vaste aree del pianeta, alla straordinaria velocità con cui la natura è stata in grado di riappropriarsi di molti spazi. Sarebbe una follia, oggi, non approfittare del blocco forzato che abbiamo dovuto subire per fermare la pandemia per investire su un nuovo modello di sviluppo a basso impatto ambientale, ad esempio agevolando la conversione di produzioni inquinanti. L’economia green può essere la chiave per ottenere quella ripresa esponenziale, quel boom che tutti auspichiamo”.

La pandemia, il lockdown, le ripercussioni sull’economia e il lavoro, una crisi dai contorni ancora incerti. Emergenze sanitarie e sociali rischiano di mettere in secondo piano i temi legati all’ambiente rischiano di retrocedere nell’agenda politica?
“Sarebbe miope. Invertiamo il racconto: solo con grandi investimenti su produzioni a sviluppo sostenibile, sulla tutela del paesaggio e sulla ricerca, i governi potranno creare milioni di nuovi posti di lavoro e rilanciare le economie. È un processo già in atto, dobbiamo continuare su questa strada senza guardarci alle spalle: non abbiamo tempo per tentennamenti, il pianeta non può più aspettare. Oltretutto, il vecchio modello di sviluppo era già in crisi da tempo”.

Questa crisi può essere un’occasione per ripensare un modello di società futura più legato alla sostenibilità ambientale, sociale, economica?
“Certamente. Non potrà esistere una società futura se continueremo a distruggere il luogo dove viviamo. La crisi ci spinge a una ripartenza, il “come” ripartire sarà il nostro modo di guardare il futuro. Per chi come me è maturato politicamente in un mondo attraversato da grandi correnti di pensiero, pensare a un modello di sviluppo che rispetti il pianeta è una grande sfida che apre a grandi traguardi. Una sfida non più ideologica ma altrettanto identitaria”. 

Una trasformazione radicale se non una vera e propria rivoluzione culturale. Come uscire dalla pandemia può essere una svolta determinante per  costruire il futuro. Si decide in questi giorni. Vede la consapevolezza di questa opportunità nella classe dirigente italiana?
“Prima che il 'nemico invisibile' ci costringesse a fermarci, il Governo e le istituzioni europee stavano mettendo in campo importanti provvedimenti per convertire vasti comparti di produzione e renderli meno dannosi per il pianeta. L'abbattimento delle emissioni di CO2, causa del surriscaldamento globale, la tutela degli oceani e il contenimento del consumo di suolo - questione enorme in un Paese come il nostro, sempre più minacciato dal cambiamento climatico e dall'azione antropica - erano già al centro della nostra azione. Dopo la Legge di Bilancio 2019, il DEF 2020 e il DL Rilancio, nei prossimi giorni il Parlamento sarà impegnato nella discussione e approvazione di diversi importanti provvedimenti che accentuano la direzione di marcia di un Green New Deal. Tra questi cito nell’immediato il recepimento delle quattro direttive europee per l’economia circolare-pacchetto rifiuti, il decreto “Semplificazioni” che interverrà su vari settori dell’ordinamento per alleggerire le procedure, semplificare passaggi burocratici, accorciare i tempi per la realizzazione di opere e progetti e il Collegato Ambientale che porteremo in Consiglio dei Ministri nelle prossime settimane e che interverrà su temi fondamentali come le bonifiche, il trattamento delle sostanze inquinanti, la tutela della fauna selvatica e molto altro”.

Insieme alla necessità di una ricostruzione appare evidente anche quella di una rigenerazione. Entrambe richiedono grandi investimenti culturali e economici. Si potranno fare?
“Il New Deal di Roosevelt degli Anni Trenta aveva tra i suoi programmi iniziali il “Civil Conservation Corp”. Un gigantesco programma di opere civili per la messa in sicurezza del territorio americano, ancora in gran parte allo stato naturale ma in fase di crescente antropizzazione. Occorrevano dighe, ponti, strade ma soprattutto interventi di messa in sicurezza dalle frane e dalle alluvioni, riforestazione di grandi territori per contrastare la desertificazione e le zone aride interne. Il Green New Deal in Italia deve avere tra i suoi obiettivi centrali questo stesso tipo di programma ed ispirarsi in qualche modo al New Deal originario, intervenendo sul risanamento ambientale, dissesto idrogeologico e rigenerazione urbana. Le risorse ci sono e le stiamo stanziando, ma stiamo lavorando anche ad una sburocratizzazione delle procedure per agevolare e accelerare la ripresa”.

L’Italia è stata baciata dagli dei, ha beni naturali, paesaggistici, ambientali, archeologici, monumentali, artistici, storici, senza uguali al mondo. Ha la maggior numero di siti UNESCO (55 come la Cina). Un patrimonio su cui poggiare una buona parte del proprio destino. Per farlo serve una capacità di scelta e indirizzo culturale e politico. Si vuole fare? La nostra classe dirigente è in grado di farlo? 
“Non abbiamo alternative: non siamo un Paese che dispone di risorse minerarie. La nostra economia non può prescindere dalla valorizzazione e dalla tutela del nostro territorio e delle sue ricchezze. Purtroppo non sempre questo è stato capito da chi ha governato e i danni si sono visti. Oggi percepisco una diversa consapevolezza e questo è sicuramente un buon segno. Dovremo essere tutti all’altezza di questa sfida”.

Salvaguardia e tutela ambientale sono frutto di scelte politiche gigantesche e anche di piccoli gesti quotidiani. Se possiamo citare è la somma che fa il totale. Un gesto concreto che ognuno di noi può fare?
“Concordo. Ognuno di noi nel suo quotidiano fa delle scelte che sono anche politiche. Il cambiamento verso un’economia circolare per funzionare deve essere prima di tutto culturale. Di gesti concreti per aiutare l’ambiente me ne vengono in mente tantissimi, sicuramente iniziare a consumare meno plastica, non sprecare l’acqua e lasciare a casa l’auto privata”. Andiamo verso la conclusione del colloquio.

Lei è giovane ma la sua carriera politica è lunga. Ha fatto molte cose contrassegnate dalla passione. A proposito di passioni è nota quella per il calcio. Dopo tanti contrasti interni e non si è ricominciato e fra qualche giorno riparte anche il campionato, ultimo segnale di un ritorno a qualcosa di vicino alla normalità. Che ne pensa? 
“E’ un importante segnale di ritorno alla normalità. Milioni di italiani seguono il calcio e rivedere le squadre in campo – ovviamente nel rispetto di tutte le norme di sicurezza del caso – sarà bello. Mi si consenta, però, un’osservazione non polemica: parlerò di “ritorno alla normalità” quando rivedrò i nostri ragazzi sui banchi di scuola e nelle aule delle università. Ora ancora non è possibile perché il rischio di contagio è ancora alto, ma speriamo tutti che il prossimo anno scolastico possa iniziare normalmente”. Ci congediamo con un sorriso.

In coda veleno. Pronostico. Come si piazza la Roma?
“Sulla Roma non faccio pronostici per scaramanzia. Vedo la Lazio già campione d’Italia”.

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