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Beppe Scienza: “I contanti convengono, eliminarli significa uscire dall’euro”

La terza frottola è che l’Italia usi troppo il contante, ma anche la Germania lo impiega per l’80% dei pagamenti. La quarta è che sia veicolo di infezione, bugia che sia la Bundesbank che la Banca centrale europea hanno smontato, chiarendo che le banconote da 5 e 10 euro, quelle che circolano di più, subiscono un trattamento superficiale speciale per far sì che trattengano meno sporco e agenti patogeni. Le banconote sono le stesse, la Banca centrale tedesca lo dice, quella italiana no: è vergognoso. Ma soprattutto è falso che le banconote siano insicure, anzi è vero il contrario: essendo la moneta della banca centrale, e non moneta bancaria, come gli euro sui conti correnti o conti deposito, sono più sicure perché la Banca centrale europea non può fallire, mentre invece le banche private sì.

Torniamo all’uscita dall’euro: è davvero fattibile?

È molto improbabile, certo tutt’altro che imminente. È più facile uscire dall’Unione europea che uscire dall’euro, perché uscire dall’Unione europea significa eliminare accordi doganali, commerciali, ma non sconvolge niente di strutturale. Uscire dall’euro, invece, per l’Italia sarebbe traumatico. Per la Germania sarebbe più facile perché passerebbe a una moneta più forte, ma l’Italia a una moneta debole. Ecco, tenere risparmi in contanti difende anche da tale rischio.

A proposito di Germania, nel libro viene presa a costante termine di paragone. Qual è la situazione invece negli altri paesi?

Non ho fatto uno studio mondiale perché mi interessa la situazione italiana. In Europa, paesi come Spagna, Grecia, Portogallo, Germania, Austria e Svizzera usano molto il contante. In Francia sono diffusissimi gli assegni. C’è qualche caso eccezionale, come la Svezia, che limita moltissimo l’uso del contante, accorgendosi poi degli “effetti collaterali” indesiderati. A livello mondiale i contanti in circolazione aumentano ogni anno, anche perché le banconote, oltre che mezzo di pagamento, sono una riserva di valore. Gli euro fuori dall’eurozona di regola servono appunto come riserva di valore e non per i pagamenti.

Dei bitcoin invece che cosa pensa?

Le cosiddette criptovalute, e fra queste in particolare i bitcoin, rientrano in una nuova categoria di investimenti, altamente speculativi. Coi contanti il bitcoin non c’entra pressoché nulla: rimanda semmai all’euro digitale, per ora solo in fase di studio. Ma sarebbe comunque moneta della banca centrale, come le banconote.

Tornando al libro, dedica alcune pagine anche a certe iniziative come il cashback di stato e la lotteria degli scontrini, in toni non certo entusiastici. Nel frattempo, alla presidenza del Consiglio, Draghi è subentrato a Conte: che cosa pensa che cambierà?

Tutti questi “regali di stato” non sono pensati per durare. Si è sempre saputo che sarebbero state misure temporanee, e alcune forze politiche che appoggiano il governo, cioè Italia Viva e la Lega, vogliono addirittura anticiparne la fine. Come Draghi si muoverà in questo ambito è difficile dirlo. Da un lato viene dall’establishment finanziario, contrario ai contanti, dall’altro lato dalla Banca centrale europea, che invece è contraria alla guerra ai contanti, dato il peso dei paesi del Centro Europa, favorevoli ai contanti. Ha poi al governo partiti come il Pd, molto amico delle banche, e Lega e Forza Italia molto amici del contante.

Tirando le somme, i pagamenti elettronici, cashless, sono il male assoluto?

Assolutamente no, io non ho nulla contro i pagamenti elettronici e non li demonizzo. Sono contro le menzogne di chi vuole colpevolizzare chi usa i contanti. La mia posizione è la stessa della Banca centrale tedesca e di quella europea: ognuno paghi come preferisce. Io stesso uso normalmente i contanti ma anche gli assegni e i bonifici. Per gli acquisti a distanza i pagamenti elettronici sono comodi, a volte inevitabili. Però è un fatto che il pagamento elettronico comporta un costo per il negoziante, per esempio sull’uso di una carta di credito perde fino al 3,5% di commissioni.

E abolire queste commissioni sarebbe utile?

Sì ma utopistico. È come dire: “Aboliamo le tasse perché tanto ci penseranno i ricchi a regalare i soldi allo stato”, non credo proprio che succederebbe. Chiedere l’abolizione delle commissioni è ridicolo, una sparata demagogica. È impossibile che vengano tolte le commissioni per intero, perché il guadagno delle banche sta lì e tutta la spinta al digitale si basa sugli interessi delle banche. I pagamenti elettronici vengono incentivati per questo. State certi che, se le banche eliminassero le commissioni, di colpo non vedremmo più nessun articolo sui giornali contro i contanti.

Beppe Scienza

Matematico, dal 1976 si occupa di risparmio e previdenza integrativa. Insegna al Dipartimentod i Matematica dell’Università di Torino.

È autore di Tempo & Denaro (Sole 24 Ore, 1988), Il risparmio tradito (Libreria Cortina Torino, 2001), La pensione tradita (Fazi, 2007). Giornalista pubblicista, dal 1984 ha scritto oltre seicento articoli su varie testate, e dal 2014 collabora col Fatto Quotidiano.

È stato consulente di fondazioni, banche, assicurazioni, società di gestione. Dal 2002 tiene e coordina corsi sugli investimenti per associazioni di consumatori, la Regione Piemonte, la Cassa Depositi e Prestiti ecc. 

 

 

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