La storia di R: paziente emofilico che correrà la maratona di New York
Meno 2 alla Maratona di New York
Diversi pazienti emofilici italiani partecipano alla maratona di New York accompagnati da Fondazione Paracelso, Achilles International e da un team guidato dal prof Solimeno. Ecco la storia di uno di loro
Grazie al progetto di Fondazione Paracelso, una delle principali organizzazioni di pazienti in Italia, e al supporto dell’ONG Achilles International, quest’anno un gruppo di emofilici italiani parteciperà alla Maratona di New York, insieme a un team di specialisti guidato dal prof Solimeno del Policlinico di Milano, promotore del progetto.
Cosa significa partecipare alla Maratona di New York?
Come è noto i pazienti emofilici, a causa della mancanza di fattore di coagulazione, sono soggetti a versamenti di sangue sulle articolazioni (i cosiddetti emarti) che causano dolori, rigonfiamenti e un progressivo peggioramento dell’articolazione stessa. In passato agli emofilici veniva impedito di fare sport proprio per evitare la formazione di emartri, oltre a ovviamente a traumi specifici che potessero provocare tagli o contusioni.
Negli ultimi anni, grazie a farmaci sempre più avanzati, una maggior aderenza al regime di profilassi ed oggi anche una personalizzazione della cura, è ormai divenuto possibile praticare sport anche per chi soffre di emofilia. Come dimostra il ciclista inglese Dawsett, recordman dell’ora a maggio. Come dimostrano questi ragazzi che il primo novembre correranno la Maratona più famosa al mondo.
La storia di R.
La storia di R. è esemplare da questo punto di vista: da sempre appassionato di sport, lavora come insegnante di nuoto in una cittadina del centro sud. Soffre di una grave emofilia A che gli è stata diagnosticata quando è nato.
A 6 anni, R. ha iniziato a praticare il nuoto: amava lo sport e il nuoto al tempo era l'unico sport non-controindicato per gli emofiliaci. Tuttavia, anche se si allenava duramente (“almeno quanto i miei coetanei”) non gli fu permesso di competere in gare di nuoto per la mancanza del certificato di idoneità sportiva. Al tempo le terapie disponibili non erano allo stato di quelli attuali e di conseguenza R. subì a causa dell’emofilia, gravi danni articolari che gli richiesero molteplici interventi chirurgici.
R. non si arrese e continuò a praticare sport; seguendo i suggerimenti del suo medico per aumentare la compliance e l'outcome clinico lasciò il regime on-demand per passare alla profilassi, fino a diventare uno dei primi pazienti in Italia ad essere trattato non più in profilassi standard ma in profilassi personalizzata tramite PK (farmacocinetica).
Nel frattempo, poco più di un anno fa, dopo aver ascoltato la proposta del professor Solimeno sull’idea della Maratona di New York, R. ha cominciato ad allenarsi e correre… il primo novembre, insieme ad altri pazienti emofilici italiani, accompagnati da Fondazione Paracelso e Achilles International, R. prenderà parte a questa grande sfida.
Per R. “correre la maratona di New York non è una sfida fine a se stessa , ma soprattutto l’opportunità di offrire il nostro esempio e dare il nostro contributo alla comunità dei pazienti italiani e delle loro famiglie, mostrando tangibilmente che è possibile vivere una vita migliore e praticare sport”.
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