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Corriere della Sera: Cassese sbaglia l'analisi sulla sinistra

Sabino Cassese verga dalla prima pagina del Corriere della Sera un editoriale dal titolo accattivante, “Opposizione senza vere proposte”, che promette bene per la salute democratica della Repubblica, visto che una opposizione è sempre bene che ci sia, ma poi conclude male.

Vedremo perché.

Il fatto che l’opposizione, termine generico che riassume in questo momento un ircocervo di linee politiche spesso contrastanti che vanno dalla Boldrini a Berlusconi, non ci sia è un dato evidente. E non c’è perché il principale partito che la dovrebbe incarnare si è sostanzialmente dissolto in una girandola pirotecnica di tensioni interne e inanità esterna che lo ha portato a sondaggi irrilevanti per il suo passato. La crisi del Pd è la crisi di Matteo Renzi e finché non si sarà chiarito cosa voglia fare l’ex Presidente del Consiglio, l’opposizione semplicemente non esiste, visto che quella di Berlusconi è solo tattica.

Cassese tuttavia non si accontenta del presente per spiegare l’assenza di opposizione e rimanda ad un passato remoto, addirittura ad un laburista inglese, William Beveridge, che nel 1942 pubblica un “piano” per liberare l’umanità dai bisogni e dai mali, come ignoranza e disoccupazione. Insomma il modello socialista, sebbene lui fosse barone. Questa visione trovò sponde addirittura nella stampa fascista italiana, risonante con l’aspetto sociale del fascismo di Mussolini.

E fin qui tutto bene.

La conclusione di Cassese invece lascia a desiderare; a suo dire questo modello, bene o male, si sarebbe realizzato (dove? Quando?) e così la sinistra avrebbe perso la sua “raison d'être” mentre altri bisogni sono ora impellenti per l’umanità.

In realtà, proprio la mancanza di realizzazione del modello socialista (o comunista) è stata la cifra del fallimento della sinistra e non certo il suo raggiungimento.

Quello che Cassese non vede o finge di non vedere, è che la causa di aumento dei mali endemici nel popolo è stato quel mondialismo di cui proprio la sinistra liberista si è fatta vessillifera negli ultimi decenni, lasciando in braghe di tela le classi medie e il proletariato che, inevitabilmente, si sono rivolte altrove e cioè verso il populismo di destra, che ha sempre una forte componente sociale, sia pur declinata con il nazionalismo.

Se la sinistra vuole tornare ad avere un ruolo deve riappropriarsi dei diseredati economici e delle periferie, lasciando perdere gli attici, le bandiere della pace, le pur importanti battagli per i diritti civili. Deve lasciare “Capalbio”, per intenderci, e puntare ai suoi valori naturali. Strada difficile, polverosa, fatta di paesaggi e prove pasoliniane, ma l’unica veramente percorribile per tornare a svolgere il suo ruolo storico.

 

 

 

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