La Rai di Campo dall'Orto vista dagli Usa. Al vertice un uomo di contenuti
il direttore generale ed amministratore delegato della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, visto dagli Stati Uniti
Alcuni stralci dell’intervista a CDO L’ereditá che CDO vuole lasciare alla Rai si riduce a tre elementi principali: piú produzioni di livello internazionale, produzioni meno costose e un migliore gruppo mediatico. Per quanto riguarda la creazione di un reparto internazionale che possa competere allo stesso livello di BbcWorld e quindi che racchiuda le vendite di programmi, le co-produzioni, i canali per l’estero e i festival come Prix Italia, questo rientra tutto nei suoi piani futuri. Campo Dall’Orto é anche interessato a modificare i diritti d’acquisto dei programmi in modo che questi siano definiti per i diritti linguistici, invece che territoriali. In questo modo sia le produzioni nazionali che internazionali possono essere trasmesse sui canali Rai per l’estero. Quanto alla pirateria che affligge i programmi Rai (ad esempio tutti gli episodi della serie “Montalbano” si possono vedere gratuitamente su YouTube), CDO ha creato una divisione per la prevenzione della pirateria digitale. A livello nazionale CDO affronterá il problema dei talk show che sono incomprensibili per via degli ospiti che parlano tutti allo stesso tempo, ma dapprima é interessato a ridurne la lunghezza. Infine, per quanto riguarda le ridotte vendite dei programmi Rai a livello internazionale, CDO ritiene che questo problema sia legato al tipo e alla qualitá dei programmi. |
Di Dom Serafini
L’intervista al direttore generale ed amministratore delegato della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, per conto di VideoAge nell'edizione di ottobre (per la fiera MIPCOM di Cannes) é interessante su diversi livelli. In primo luogo CDA (come spesso viene chiamato dalla stampa italiana) è il primo Dg proveniente dall’industria televisiva e non dalla politica. In un secondo luogo, in Cda é riuscito a circondarsi di collaboratori di altissimo livello che, in modo o in un altro, provengono da succursali italiane di societá americane, come nel suo caso. Al terzo livello, ed é quello che ha colpito di piú, il mondo politico si é adirato contro il Cda a causa dei primi due fattori.
Un tempo (questo giornalista segue Rai dal 1979) i politici ci tenevano a far credere al pubblico che i loro partiti non interferivano con le decisioni dei dirigenti Rai. Questi dirigenti, rigorosamente politicizzati, erano anche ottimi amministratori e conoscevano bene l’industria televisiva italiana ed internazionale.
In quei tempi era normale incontrare alle fiere televisive internazionali direttori di Rai-1 come Carlo Fuscagni (Dc), di Rai-2 come Giampaolo Sodano (Psi) e di Rai-3 come Giuseppe Rossini (Pci). Questi facevano parte dell’industria televisiva internazionale e non avevano timore di confrontarsi con i colleghi della Bbc, Ard, Pbs e i dirigenti degli studio americani.
Con i vari rinnovi direzionali, dovettero passare nove anni prima che un direttore di Rai-2 tornasse sulla scena internazionale, con Antonio Marano, e, dopo una pausa di altri otto anni, con Angelo Teodoli.
Con la nomina di Campo Dall’Orto, i politici e parte della stampa italiana si sono trovati spaesati in quanto hanno ora a che fare con un professionista del settore, cosa mai successa a livello di Dg Rai. Ora i politici fanno a gara per dimostrare chi puó interferire meglio e piú spesso, sembra che prendano a cuore il vecchio slogan Rai: “Di tutto. Di piú”.
Alla luce del sole e senza preoccuparsi della loro immagine, oggi i politici inseriscono nel calendario parlamentare interrogazioni persino sulle frazioni dei livelli d’ascolto o sollevano obiezioni sul perché la Rai abbia inviato agli screnings di Los Angeles 14 dirigenti, contro i tre di Mediaset (una bufala inventata di sana pianta: il numero dei dirigenti Rai era uguale di quelli di Mediaset).
Nell’intervista a VideoAge, Campo Dall’Orto tocca argomenti come la protezione contro la pirateria dei contenuti Rai, la vendita di contenuti a livello internazionale, i canali Rai all’estero, gli acquisti di programmi dall’estero, la creazione di una divisione tipo Bbc World, Prix Italia, il tipo di legacy (ereditá) che vuole lasciare e persino cosa fará per rendere i talk show italiani piú comprensibili con migliori moderatori e senza che i partecipanti urlino tutti allo stesso tempo.