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Dieta flexitariana di Meghan Markle per salvare il mondo
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Dieta flexitariana di Meghan Markle per salvare il mondo

Adottare la dieta flexitariana, dimezzare lo spreco alimentare e rivedere le modalità di attività agricola: questa la 'ricetta' degli scienziati per salvare il pianeta di fronte alla minaccia del cambiamento climatico e dare un futuro sostenibile per tutti nel 2050. In caso contrario, l'impatto dell'attuale sistema alimentare potrebbe aumentare fino al 90%, con conseguenze gravissime. 
 
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature e ripreso sulla Bbc, sostiene che le tre soluzioni devono essere attuate insieme: "Sfamare una popolazione mondiale di 10 miliardi di persone è possibile, ma solo se cambiamo il modo in cui mangiamo, e produciamo il cibo", ha affermato Johan Rockstroem, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research, tra gli autori del lavoro. 

"Tutte le misure combinate possono portare a mantenere in salute sia il pianeta che la popolazione", ha aggiunto. Il primo 'pilastro' riguarda la dieta: la scelta degli scienziati è ricaduta su quella 'flexitariana', la stessa adottata già da tempo da Meghan Markle, neo-sposa del principe Harry. 

DIETA FLEXITARIANA DI MEGHAN MARKLE: COS’È

La dieta flexitariana di Meghan Markle è una rivisitazione della dieta vegetariana, costituita quindi da una stragrande maggioranza di alimenti vegetali ma senza l'eliminazione totale di carne e pesce che vengono mantenuti in piccolissime quantità. 

Le diete salutari sono più d'una ma tutte con comune denominatore, cioè essere prevalentemente vegetariane e con un piccolo apporto di proteine animali, ha sottolineato Marco Springmann dell'Universita' di Oxford. Se il mondo passa a questo tipo di alimentazione, le emissioni di gas serra dall'agricoltura verranno ridotte di oltre la metà. 

DIETA FLEXITARIANA DI MEGHAN MARKLE: UNA SOLUZIONE ALL’EMERGENZA CLIMA

Ma non basta. Alla dieta flexitariana va aggiunto un profondo cambiamento dell’attività agricola, potenziando il raccolto dai terreni coltivati esistenti, migliorando la gestione delle risorse idriche e limitando i fertilizzanti. 

Si punta a "migliorare i campi agricoli, in particolare di colture più sensibili alla salute come frutta, verdura e legumi" ma anche ad "aumentare l'efficienza dell'uso delle acque e a un migliore monitoraggio e riciclaggio dei fertilizzanti, perché' molti di questi si perdono e finiscono nei fiumi e negli oceani", ha spiegato Springmann. Sarebbe opportuno inoltre dimezzare la quantità di cibo che finisce nella spazzatura, un cambiamento che ridurrebbe l'impatto ambientale dell'agricoltura del 16%. 

Per affrontare la lotta agli sprechi bisogna intervenire "sull'intera catena alimentare, stoccaggio, trasporto, imballaggi ed etichettatura dei prodotti alimentari fino ai cambiamenti nella legislazione e nei comportamenti commerciali", ha sottolineato Fabrice de Clerck, esponente di Eat Forum che ha finanziato lo studio.

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