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Medicina
Dieta sana e sport prevengono il tumore e le complicanze cardiovascolari

Mangiare poco e seguire una corretta alimentazione. Perdere i chili in eccesso in caso di sovrappeso o obesità e svolgere una regolare attività fisica. Tutto questo non solo riduce il rischio di recidiva nel paziente oncologico, ma avrà una efficacia che andrà a sommarsi a quella determinata dalle terapie farmacologiche. Lo sottolineano Nicola Maurea e Michelino de Laurentiis,  copresidenti del Congresso nazionale di Cardioncologia in corso di svolgimento a Napoli presso l’Istituto nazionale Tumori Fondazione Pascale e da domani al 1 febbraio presso l’Hotel Excelsior. 

L’obiettivo della cardioncologia è diagnosticare, prevenire e trattare le eventuali complicanze cardiovascolari in pazienti che seguono terapie antitumorali; per questo il percorso terapeutico va stabilito grazie al confronto e alla collaborazione continua tra oncologo e cardiologo, così da prevenire tutte le eventuali forme di cardiopatia, dalle più lievi a quelle più importanti.  Ma, per migliorare l’efficacia delle terapie farmacologiche è fondamentale prevedere una regolare attività fisica per i pazienti cardioncologici.  Secondo i dati riportati dalla Fondazione Aiom, infatti, il 38% delle persone colpite da tumore non fa sport, nonostante ne siano stati ampiamente dimostrati i benefici: praticare infatti una regolare attività fisica aiuta a combattere il cancro, a contrastare  gli effetti collaterali delle terapie antitumorali e a  prevenirne persino le recidive. “Inoltre -spiega  De Laurentiis (nella foto)- lo sport comporta tantissimi benefici a livello psicologico che si ripercuotono positivamente sull’intero organismo e su tutto il percorso terapeutico e riabilitativo. Infatti il movimento, lo stare in mezzo agli altri, creano nel paziente la percezione di ritrovata “normalità” e socialità che allontanano l’ansia e soprattutto il rischio di cadere in depressione, che può colpire fino al 40% di questi pazienti, spesso “ripiegati” su se stessi e chiusi nei loro pensieri. Per cui, un paziente stimolato e motivato diventa molto più collaborativo perchè con i suoi feedback -che per noi medici sono importantissimi -  diventa di grandissimo aiuto nella formulazione di un percorso terapeutico “mirato” e nel suo monitoraggio costante.  Di conseguenza, grazie ad un atteggiamento così propositivo, contribuisce inconsciamente a migliorarne l’efficacia perché non lo “subisce” passivamente ma ne diventa parte attiva. A questo si aggiunge il fatto che l’attività fisica provoca l’aumento delle endorfine con un conseguente stato generale di benessere; per cui, tutto questo “circolo virtuoso” che gradualmente coinvolge l’intero organismo contribuisce a migliorare moltissimo la qualità della vita del paziente”.  

Il dato che emerge al Congresso,  afferma Maurea, “è che l’esercizio fisico intenso protegge dalla cardiotossicita dei farmaci antitumorali. Fare sport intenso, insomma, previene lo scompenso cardiaco e questo e’ particolarmente vero nelle donne affette da cancro al seno.  Tanto che è stato illustrato  il programma di riabilitazione cardiaca  in corso all’MD  Anderson Cancer Center” .

Ma quanto bisogna allenarsi e che tipo di allenamento va adottato? Come afferma Maurea: “L’allenamento aerobico contribuisce all’ossigenazione dei tessuti, il che vuol dire purificare l’organismo dalle tossine. Vanno benissimo quindi le passeggiate veloci, la corsa moderata, la bicicletta e il nuoto. Ma occorre anche un allenamento anaerobico che rinforza i muscoli e potenzia la struttura fisica, prevenendone il decadimento. Ovviamente è fondamentale fare prima tutti gli esami necessari considerando che trattandosi di “atleti speciali”, bisogna “personalizzare” il programma per ciascun paziente. Per questo tutti i passi vanno compiuti sotto la guida costante e sinergica del cardiologo, dell’oncologo, del medico di base e del medico dello sport che potranno inserire lo sport in modo direi obbligatorio all’interno del percorso terapeutico e riabilitativo”.

De Laurentiis conferma che basta poco per “rivoluzionare” l’approccio del paziente verso il suo percorso: “Con mezz’ora di attività fisica moderata da praticare tutti i giorni si ottengono dei benefici inimmaginabili: per esempio si riduce del 25% la mortalità per tumore del seno nelle donne rispetto a quelle sedentarie. “A questo proposito, anche noi medici dovremmo essere più persuasivi verso i nostri pazienti spingendoli maggiormente a fare sport, perché un incoraggiamento “certificato” da parte dello specialista abbatterebbe non solo le titubanze del paziente ma anche le resistenze dei familiari. Questi ultimi infatti, per essere “protettivi” verso i loro cari ed essendo spesso poco informati sui benefici dello sport, spesso “lavorano” inconsapevolmente in una direzione opposta e non sinergica rispetto a quella che consigliamo noi: infatti, invece di incoraggiarli a muoversi consigliano loro di stare quanto più è possibile a riposo.  Se a questo aggiungiamo che solo il 39% dei pazienti dichiara di aver avuto dal proprio medico il suggerimento di praticare uno sport, possiamo ragionevolmente affermare che se questa percentuale aumentasse, anche il totale dei pazienti più “proiettati” verso l’attività fisica aumenterebbe notevolmente con tutti i benefici che abbiamo potuto analizzare fin qui”.

 “Anche l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale -conclude Maurea- perché contribuisce a contrastare gli effetti collaterali delle cure ad alto impatto sull’apparato cardiovascolare,  come la chemioterapia e le cure biologiche. Per una efficace dieta antitumorale basta seguire poche regole: bisogna limitare o abolire carne rossa, zuccheri e dolci. I latticini  vanno consumati senza esagerare, non vanno eliminati del tutto. Anche perché tutti gli alimenti devono fornire il giusto apporto dei nutrienti necessari in termini di carboidrati, proteine, vitamine, grassi e Sali minerali. Se squilibriamo una dieta rischiamo di renderla carente”. 

 

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