Milano

Altri riformisti via dal Pd? Barberis: "Non c'è questo rischio"

di Antonio Murzio

Dopo il caso Nahum, il capogruppo del Pd a Milano Filippo Barberis si dice convinto che non ci saranno altre uscite: "Attenti ad ascoltare tutte le sensibilità"

Altri riformisti via dal Pd? Barberis: "Non c'è questo rischio"

“Adesione ad Azione? A me non risulta che Daniele Nahum abbia definito alcuna adesione a forze politiche dopo aver lasciato il Partito democratico, capiremo non prima di lunedì che scelta farà a livello di gruppi consiliari”. Filippo Barberis capogruppo Pd a Palazzo Marino, parla con Affaritaliani.it Milano dopo l'abbandono del gruppo consiliare e del partito da parte di Nahum.

Lei è stato uno dei primi a intervenire dopo l'annuncio di Nahum dicendo che "sul tema genocidio né il partito milanese né il gruppo consiliare milanese né il partito nazionale né i gruppi parlamentari hanno mai usato questo termine".

Infatti lui ha parlato di un clima a sinistra e ha fatto riferimento a uscite magari di singoli esponenti. Io non posso che ribadire che tutti i documenti ufficiali del partito e del gruppo consiliare milanese oltre che del gruppo parlamentare del Pd non hanno mai utilizzato il termine genocidio, hanno invece sempre ricercato un equilibrio. A livello nazionale la proposta del Pd di cessate il fuoco è stata votata anche dalla maggioranza. E nei diversi atti di indirizzo con cui il consiglio comunale di Milano ha preso posizione prima specificamente sull'attentato del 7 ottobre e poi sul conflitto con una votazione a inizio novembre e poi con una votazione più recente, tre settimane fa, si è posto l'accento sull'esigenza di un cessate il fuoco immediato per ragioni umanitarie. Sono tutti tutti atti che non solo Daniele ha votato, ma su cui ci siamo confrontati proprio per cercare un equilibrio che tenesse conto di tutte le sensibilità. Un lavoro, questo, che ho sempre fatto e che continuo a fare.

L'area riformista del Pd potrebbe vedere altri esponenti attratti dalle sirene del Terzo polo?

Non c'è questo rischio perché continua a esserci un lavoro di attenzione e di ascolto alle sensibilità di tutti all'interno del partito. Anche a livello di gruppo consiliare il mio lavoro è sempre stato quello di tenere insieme le diverse sensibilità e portarle su posizioni comuni ogni qualvolta siamo chiamati a votare o decidere su temi importanti della città o su questioni di carattere internazionale. Io lavoro perché i riformisti si sentano a casa propria nel Partito democratico, il nostro pluralismo culturale è parte fondamentale della nostra identità ed elemento decisivo per costruire una coalizione ampia nel centrosinistra capace di farsi alternativa di governo.

Unità richiamata anche da Bonaccini proprio a Milano nella convention di Energia Popolare.

Bonaccini ha richiamato l'esigenza di una unità di partito anche vista la fase elettorale che stiamo affrontando, quindi è importantissimo dare anche un'idea di compattezza interna. Ma questo certamente non fa venire meno l'esigenza di far venire fuori una voce della sensibilità più riformista all'interno del partito. Un partito che mette al centro lo sviluppo economico e i temi del lavoro e mantenga una postura atlantista per quanto riguarda il posizionamento in politica internazionale. Oltre a coltivare una interlocuzione costante con le forze del terzo polo che è un mondo che dobbiamo tenere nell'alveo del centrosinistra. Chiarire il quadro nazionale di alleanze è qualcosa a cui ostinatamente il Pd lavora.








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