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Ultimo aggiornamento: 10:44

Brescia, truffa milionaria alla Onlus che gestisce la cattedrale di Firenze: nove fermati

L'operazione coordinata dalla procura di Brescia: un sodalizio criminale avrebbe prodotto un trasferimento illegale di denaro stimato in circa 30 milioni di euro

Di Giorgio d'Enrico

Brescia, truffa milionaria alla Onlus che gestisce la cattedrale di Firenze: nove fermati

Dalle prime ore dell'alba la Polizia di Stato ha dato esecuzione nelle province di Brescia, Milano, Bergamo, Lodi, Prato, Rieti e Vicenza, a 9 fermi di indiziato di delitto emessi dalla Procura della Repubblica di Brescia nei confronti di cittadini italiani, albanesi, cinesi e nigeriani, indagati per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio. Ci sono state perquisizioni anche nei confronti di numerose societa' coinvolte nel circuito delle false fatturazioni e del riciclaggio. Un decimo soggetto destinatario del provvedimento risulta allo stato irreperibile. 

 
Un trasferimento illegale di denaro da 30 milioni

Le indagini della Squadra Mobile di Brescia, avviate nel mese di marzo 2025 a seguito di una truffa milionaria perpetrata ai danni dell'Opera di Santa Maria del Fiore, Onlus che si occupa della gestione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, del Campanile di Giotto e del Battistero di San Giovanni di Firenze, avrebbero svelato un giro d'affari illegale che, nell'arco di circa 6 mesi, avrebbe prodotto un trasferimento illegale di denaro stimato in circa 30 milioni di euro. 

L'indagine della Procura di Brescia ha preso il via lo scorso marzo da una denuncia. Nell'ambito di una commessa assegnata ad un'impresa privata per i lavori di restauro e conservazione del Complesso Eugeniano di Firenze, secondo quanto si apprende, la onlus era stata indotta ad effettuare i bonifici di pagamento dei lavori, pari a 1.785.000 euro, a favore di un conto corrente fittiziamente intestato. 

La truffa con il metodo del “man in the middle”

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la Onlus sarebbe stata raggirata attraverso il modello di truffa noto come “man in the middle” o “business e-mail compromise”, che avrebbe consentito agli autori di intercettare la comunicazione relativa ai pagamenti e di dirottare i bonifici verso un conto corrente fittizio. Gli accertamenti bancari successivi avrebbero permesso di individuare ulteriori conti correnti, italiani ed esteri, intestati a persone fisiche e giuridiche riconducibili a due dei fermati.

Sequestrato circa mezzo milione di euro in contanti

Nel corso delle perquisizioni effettuate questa mattina all'alba è stato sequestrato circa mezzo milione di euro in contanti. Sono state inoltre eseguite altre 21 perquisizioni nei confronti di ulteriori indagati e delle società con sede a Brescia, Milano e Bergamo coinvolte nel sistema delle false fatturazioni.

La rete criminale e il ruolo degli intermediari

Lo sviluppo delle indagini avrebbe collocato gli indagati in un contesto criminale più ampio, composto da soggetti di nazionalità cinese, italiana, albanese e nigeriana. Al centro del sistema vi sarebbero due fratelli italiani, indicati come intermediari in grado di individuare i “clienti”, fornire società cartiere intestate fittiziamente e mettere in contatto gli imprenditori “fruitori del servizio” con cittadini cinesi attivi tra Milano, Vicenza e Prato. Le società cartiere avrebbero emesso le fatture per operazioni inesistenti, ricevendo poi i relativi pagamenti su conti correnti nazionali ed esteri accesi in Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria e Croazia.

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Il meccanismo: la retrocessione del contante

Il denaro, una volta incassato, sarebbe stato retrocesso agli imprenditori sotto forma di contante, con l'applicazione di una percentuale per il servizio oscillante tra il 2% e il 7% a favore dei cittadini cinesi, cui si sarebbe aggiunto un ulteriore 2% destinato ai due intermediari italiani. Nel corso delle indagini è stato individuato a Milano un immobile riconducibile a una cittadina cinese, ritenuto un centro di stoccaggio del denaro contante. Qui gli intermediari si sarebbero recati più volte per ricevere le somme, mentre altri indagati di nazionalità cinese – descritti come “spalloni” – avrebbero trasportato il denaro fino alla provincia di Brescia. Durante le consegne sarebbe stato utilizzato un sistema di verifica basato sull’esibizione di un “Pin” di riconoscimento.

La cittadina cinese fermata con quasi 200mila euro in contanti

Nel corso dell’attività investigativa è stato accertato un ulteriore episodio di riciclaggio legato a una frode informatica con lo stesso metodo “man in the middle”. I due intermediari italiani avrebbero collaborato con un cittadino nigeriano e alcune cittadine cinesi per distrarre fondi appartenenti a una società di diritto ceco, canalizzandoli su conti esteri nella disponibilità di una cittadina cinese, che avrebbe poi retrocesso parte del denaro in contanti. Le indagini avrebbero documentato un giro d’affari di 30 milioni di euro in sei mesi: in una delle operazioni, il 4 settembre 2025, una cittadina cinese è stata fermata dalla Polizia Stradale di Brescia mentre trasportava 197.220 euro in contanti, occultati in involucri di plastica termosaldati all’interno dell’autovettura.

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