Milano
Brexit, l'opportunità di cui Sala e Milano avevano bisogno
L'impatto della Brexit sull'agenda di Milano e del nuovo sindaco: il ruolo guida che attende la città. L'analisi
di Franco D'Alfonso
Il legame fra le città d’ Europa, quello che rende un milanese più simile e più vicino ad un londinese od a un viennese piuttosto che ad un abitante delle valli dei masi chiusi, è un legame che passa per le giovani generazioni che viaggiano, che si collegano in reti sociali, professionali, universitarie. E’ un legame che unisce certamente elite cittadine, ma elite che influenzano già il 51 % della popolazione europea, che diventerà in pochi anni il sessanta per cento. Non siamo più ai tempi della Vandea contadina che si oppone alla Rivoluzione parigina, ad Andreas Hofer che guida i popoli della montagna contro Napoleone, alla campagna contadina che rischia di salvare la monarchia in Italia: è nelle città che il pensiero, l’innovazione, il futuro europeo si giocherà, non nelle capitali delle burocrazie statali e regionali, sovrastrutture largamente inutili e costose che devono essere superate al più presto.
La Brexit può mettere fine all’ Europa degli accordi fra cancellerie sempre più distanti dai propri cittadini, la nuova Europa può nascere dall’accordo fra le grandi e medie città d’Europa, da un nuovo protagonismo delle realtà europee e multiculturali che già esistono, non da quelle che vengono progettate a tavolino. Quello che serve è la rivoluzione metropolitana, l’avanzata dei “partiti delle città”, dei modelli politici e culturali aperti, come quello di Milano, di Londra, di Parigi: è il solo modo per uscire dalla crisi in avanti e non all’indietro, con una nuova prospettiva e non con un impossibile ritorno ai tempi della caccia alla volpe nello Yorkshire.
L’impatto della Brexit sull’agenda di Milano e del nuovo sindaco di Milano Giuseppe Sala può essere marginale, senza disturbare l’attivismo organizzativista ambrosiano, oppure può e io dico deve essere tale da fare accantonare rapidamente ogni altra priorità per concentrarsi sul ruolo propositivo e di guida che la nostra città dovrà avere nei prossimi anni. E’ anche, en passant, l’occasione per marcare una discontinuità con uno degli aspetti più deficitari della passata amministrazione Pisapia, che non ha avuto mai la forza e forse nemmeno l’ambizione di andare oltre la “liberazione” dal malgoverno precedente e dal ripristino del metodo della buona politica.
Esiste una opportunità evidente ed un po’ egoistica, che il sindaco Sala ha già individuato con prontezza, che è quello di candidare Milano a surrogare le funzioni “europee” che venivano svolte a Londra. Ma esiste ancora di più un dovere morale e politico di essere parte attiva e promotrice di un movimento delle città europee per rafforzare i legami e le pratiche operative e politiche necessarie per stendere una “rete delle città” che funzioni da sicurezza per le Europa e gradatamente svuoti e surroghi le funzioni di quelle istituzioni statali (e regionali, soprattutto in Italia) che costituiscono un costoso ed inutile diaframma di secondo e terzo livello di Governo.
Milano è chiaramente l’unica città d’Italia in grado di svolgere questo ruolo, ma per poterlo fare Milano ed il suo nuovo sindaco devono mettersi alla testa di un movimento di rinnovamento che ribalti completamente in venti mesi la politica di questi ultimi venti anni, svolta da governi di destra come da governi di sinistra, quella politica centralistica che ha premiato il neodirigismo regionale, ha individuato nelle Province il finto bersaglio da buttare in pasto all’opinione pubblica ed ha centralizzato tutto il centralizzabile, tagliando 30 miliardi di risorse all’anno ai Comuni, finanziando esclusivamente in questo modo risanamenti veri e falsi, parametri, patti di stabilità e promesse elettorali irrealizzabili, a partire dalla devastazione della finanza locale operata da Berlusconi con il famigerato taglio dell’ Ici.
Il recupero della capacità normativa, di orchestrazione di politiche di attrattività territoriale e sociale in capo alla città di Milano sono la condizione essenziale per qualsiasi ipotesi di strategia futura politica si voglia adottare. Muoversi lungo la linea del progresso, che si tira non più fra gli antipodi destra-sinistra, ma passato-futuro, è la condizione per recuperare la possibilità di avere sintonia fra popolo e governanti, una sorta di “Senatus populusque” moderno, in grado di garantire un futuro ai giovani di oggi, di Londra come quelli di Milano, che dovranno vivere un futuro che rischia di essere determinato dalle paure di coloro che non vedranno gli effetti delle scelte miopi e di breve periodo che si rischiano di adottare nel presente.