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Milano
Gaffi, “L’ultimo singolo di Lucio Battisti” è in concorso per il Premio Strega

Gaffi ha il piacere di annunciare che il nuovo romanzo di Adriano Angelini Sut “L’ultimo singolo di Lucio Battisti” è in concorso per il Premio Strega 2018.

Proposto da

Simonetta Bartolini

«Una saga italiana, che inizia alla fine degli anni Cinquanta e si conclude nel 1998 con la morte di Lucio Battisti, raccontata attraverso la storia di tre famiglie di tre estrazioni sociali diverse, di cui una di ebrei osservanti, e tre generazioni. Un ritratto dell’Italia dove la Storia costituisce il fondale talvolta discreto, talvolta invadente con l’infinita contrapposizione fra fascisti e comunisti, circondati e talvolta “soffocati” dall’affarismo che non conosce ideali o ideologie. Nel romanzo di Angelini Sut, però, i veri protagonisti sono gli uomini e le donne di questi quarant’anni, e soprattutto la generazione di mezzo, quella dei bambini che diventano giovani negli anni ’70 e vivono la rivoluzione iniziata nel ’68, raccontata con le immagini psichedeliche indotte dall’Lsd e la musica inglese e americana che fa da commento armonico (o disarmonico) agli scontri con la polizia o fra militanti di diverse fazioni politiche, agli intrighi affaristici, o al qualunquismo benpensante, ma anche alle storie intime e personali. In questo largo affresco di un’epoca il filo rosso è musicale: uno dei protagonisti della generazione di mezzo, giovane compositore, incontra casualmente Lucio Battisti ai suoi esordi, e lo insegue per tutto il romanzo cercando di incontrarlo per fargli ascoltare la sua musica che produttori e agenti mostrano di non apprezzare perché contano solo i cantautori “impegnati”. L’inseguimento, discreto e rispettoso, finirà con la morte del cantante che lascia inesaudito il desiderio del suo fan, portando così a compimento la sottile malinconia che aleggia in queste pagine nelle quali si percepisce il senso della pervicace invadenza della cronaca (destinata a farsi storia) anche là dove solo il giudizio artistico e la passione dovrebbero regnare sovrani. Angelini Sut con ammirevole risolutezza esordisce con un romanzo impegnativo e coraggioso nel quale è ben dosato l’equilibrio fra dialoghi e narrazione, fra inflessione dialettale con funzione espressionistica e lingua standard, anch’esse specchio e metafora della complessa realtà italiana che lo scrittore vuole rappresentare.»

L'ultimo singolo di Lucio Battisti

di Adriano Angelini Sut

Gaffi - 2018 - Euro 22- pp.gg 528

Roma del secolo scorso vista con gli occhi di tre famiglie. Dagli anni'50 al 2000, alla fine cioè di quel XX secolo che tutto ha trasformato, anche la capitale d'Italia. Anno oltre il quale nulla sarà più come prima. E' la storia dei Leoni, famiglia di ebrei romani scampati alle persecuzioni naziste, veri eredi e rappresentanti della più antica tradizione capitolina. E' la storia degli Antei, nonno gerarca fascista e figlio architetto silenziosamente scivolato nelle tranquille fila dei palazzinari DC. E' la storia dei De Santis, famiglia di immigrati abruzzesi che, assorbiti dalla romanità, vanno a ingrossare le fila di quel ceto medio che ha fatto grande l'Italia, negli anni'60 e '80 del doppio boom economico. E' la storia dei figli di queste tre famiglie, le cui vite s'incroceranno. Romano e Clarissa Antei. Natale, Rosa e Giovanna De Santis. Saul e Simone Leoni. E' una storia per certi versi al maschile. Romano Antei, Natale De Santis, Saul e Simone Leoni infatti sono i protagonisti veri di questa epopea che parla di una città che cambia, assorbe, ama, odia, coccola, vizia, deturpa, che lascia segni indelebili sulle vite di ognuno, sulle loro scelte: Romano abbracciando la causa del nonno gerarca e iniziando un percorso di militanza nel terrorismo nero degli anni'70. Saul sposando Rosa De Santis e calandosi totalmente in una vita di lavoro e soddisfazioni piccolo borghesi. Simone trovando nell'amore per Israele la sua missione di vita. Natale inseguendo il sogno di una vita: diventare un cantante. Soprattutto, conoscere il suo mito, Lucio Battisti. Su tutta la storia infatti, la figura del cantante di Poggio Bustone aleggia come un mito benevolo ma ineffabile, imprendibile. Natale, pur di ottenere da lui una parola sulla sua musica, un incoraggiamento, forse una raccomandazione, si spingerà a cercarlo fino alla residenza sul lago di Como, quando Battisti decise di rompere con la stampa e ritirarsi al Mulino per comporre e parlare solo attraverso la sua musica, e i testi di Mogol. Ma la storia di questa città e di queste tre famiglie prosegue nei due decenni successivi. Saranno i figli dei figli, i nipoti dei protagonisti degli anni'50, a darle il naturale, inesorabile incedere. Francesco De Santis, Marco Leoni, Valerio Antei. Ancora tre ragazzi, figli di un'epoca diversa ma non ancora segnata; quella che, dal 2001, ha trasformato tutto. Ragazzi che ancora sognavano di avere le stesse opportunità dei padri e dei nonni, che alle soglie del nuovo millennio, esattamente nel 1998, anno della morte di Lucio Battisti, ancora credevano che a ogni desiderio corrispondesse un sacrificio adeguato e giusto per poterlo realizzare. 

IN ANTEPRIMA UN ESTRATTO DEL LIBRO

Dopo cena si sistemarono sul divano.
“Fai ‘Emozioni’”, lo esortò Romano.
“Perché proprio quella?”
“Tu falla”
Natale iniziò a suonare, Romano a cantare:
Seguir con gli occhi un airone sopra un fiume e poi ritrovarsi a volare e sdraiarsi felice sopra l’erba
ad ascoltare
un sottile dispiacere
E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire dove il sole va a dormire
Domandarsi perché quando cade la tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore
E guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire
E stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro me ma nella mente tua non c’è
Capire tu non puoi tu chiamale se vuoi emozioni tu chiamale se vuoi emozioni...
“Adesso dimmi se secondo te questa è una canzone d’amore”
Natale ci pensò.
“Direi di no”
“E perché?”
“Be’, innanzitutto non c’è mai una lei a cui si rivolge...”
“Esatto”
“... e poi mi sembra che, anzi, parli di morte...”
Romano fece un sorrisetto:
“Ecco perché sei mio amico”
“C’è altro?”
“Direi di sì: si sdraia sopra l’erba a sentire un sottile dispiacere, si domanda perché la tristezza
quando cade in fondo al cuore non fa rumore, guida come un pazzo a fari spenti nella notte per
vedere se è difficile morire... stringe le mani per fermare qualcosa che è dentro di lui ma nella mente
dell’interlocutore non c’è, ovvero quello che chiunque chiamerebbe emozioni, perché sono impossibili
da chiamare in altro modo, e secondo te questo non è lo spleen di Baudelaire, do you know?”
“Yes I know”
“Pensa che i critici coglioni e i compagni lo reputano un cantante disimpegnato!”
“Ma perché sei stato bocciato?”, chiese Natale.
Romano sorrise.
“Grazie, lusingato”
“No davvero, cioè...”
“La stronza d’italiano è comunista no?”
“Così dicono”
“Devo aggiungere altro?”
“Ma ti hanno bocciato pure a chimica e fisica”
“Ne faccio un vanto!”
Natale sbuffò. Attaccò “Anna”, ma subito Romano lo rinterruppe.
“La sai fa’ ‘L’Aquila’?”
“Certo!”
Natale suonò, Romano cantò. Era pure intonato.
Il fiume va, guardo più in là un’automobile corre e lascia dietro sé del fumo grigio e me
e questo verde mondo indifferente perché da troppo tempo ormai apre le braccia a nessuno
come me che ho bisogno di qualche cosa di più che non puoi darmi tu
un’auto che va basta già a farmi chiedere se io vivo
Mezz’ora fa mostravi a me la tua bandiera d’amore che amore poi non è e mi dicevi che
che io dovrei cambiare per diventare come te che ami solo me
ma come può un’aquila diventare aquilone che sia legata oppure no non sarà mai di cartone no
cosa son io non so ma un’auto che va basta già a farmi chiedere se io vivo
“Stessa cosa qui – disse Romano accendendosi un’altra canna – quadretto spleen con disagio

esistenziale, dove un mondo indifferente apre le braccia a nessuno, e lui ha bisogno di qualcosa che
non può dargli lei... la bandiera d’amore che amore non è... poi qui ascolta bene”
Gli passò la canna, Natale la prese, si appoggiò allo schienale e ascoltò:
“Un auto che va basta già a farmi chiedere se io vivo... hai idea della grandezza di questa frase?
Jim Morrison se l’era già posto il problema, siamo vivi davvero perché vediamo la realtà attorno a noi?
E la realtà chi ce l’ha messa? Siamo sicuri che sia davvero questo il mondo e non qualcos’altro che i
nostri occhi sono tarati per vedere ma chissà cosa c’è oltre?”
Natale sorrise e annuì.
“Non è finita; poi arriva il capolavoro. A parte il fatto che lui le dice inutile che provi a farmi cambiare
tanto non diventerò come vuoi tu... poi aggiunge, come può un’aquila, questo stupendo uccello
simbolo di libertà, diventare un aquilone; una metafora grandiosa per sottolineare la differenza tra vero
e falso. O meglio fra presunto vero e presunto falso. Fra libertà massima, quella del volo, e prigione di
cartone agganciata a un filo.”
“Wow... mi dai grandi spunti per scrivere il testo del mio pezzo...”
Rimasero un attimo in silenzio. Natale lo guardò con rinnovata ammirazione, poi:
“Però l’aquila è della Lazio

Adriano foto
 

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