Milano
Garlasco, "segni sul muro scambiati per impronte di Sempio": il generale Garofano spiega come sarebbe nato l'errore
La consulenza di Luciano Garofano, esperto nominato dalla difesa di Andrea Sempio: "I consulenti della Procura caduti in un pregiudizio interpretativo, hanno operato in disaccordo con le procedure scientifiche"

Garlasco, Garofalo: "Un sofware poteva essere usato meglio"
A proposito dell'impronta 33 attribuita ad Andrea Sempio dai consulenti della Procura quelle 15 "minuzie non sono obiettivamente riscontrabili" e "molto probabilmente non appartengono ad Andrea Sempio". Per l'ex comandante del Ris di Parma, Luciano Garofano, consulente della difesa Sempio che depositerà probabilmente entro lunedì un integrazione" "c'è stato un errore di orientamento di dell'impronta di Sempio rispetto a quella latente" e alcuni di queste componenti vengono dalla struttura muraria "a causa di un software che poteva essere usato meglio". "Quei 15 punti caratteristici non ci sono", ha detto Garofano.
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La tanto discussa traccia "palmare 33", individuata sulla parete delle scale che conducono alla cantina dove fu ritrovato il corpo di Chiara Poggi, non sarebbe dunque affatto riconducibile ad Andrea Sempio. Ci sarebbe stato da parte degli esperti nominati dalla Procura di Pavia un “pregiudizio interpretativo”, attribuendo all’amico del fratello della vittima un’impronta in realtà priva di caratteristiche scientificamente valide.
A firmare la nuova consulenza tecnica sono Garofano e Luigi Bisogno, già ispettore superiore della Polizia. I due sono stati incaricati dai legali di Sempio, Massimo Lovati e Angela Taccia. Secondo il documento, oltre 60 pagine di relazione tecnica, l’impronta 33 “non presenta un numero sufficiente di corrispondenze valide per consentire l'attribuzione certa all’indagato”. Al massimo, aggiungono gli esperti, “sono riscontrabili solo cinque punti caratteristici reali”, un numero del tutto insufficiente per qualsiasi confronto affidabile.
“Quelle non erano minuzie, ma segni del muro”
La critica più pesante riguarda l’interpretazione delle cosiddette “minuzie”, ovvero i dettagli che avrebbero dovuto rendere riconoscibile l’impronta. I consulenti della Procura ne avevano individuate 15 compatibili con la mano di Sempio. Ma per Garofano e Bisogno, si trattava in realtà di “interferenze murarie”: semplici segni del muro, privi di valore papillare. Una confusione che, secondo la difesa, è frutto di un approccio metodologicamente scorretto.
Nel loro esame, i periti evidenziano che i consulenti dei pm avrebbero prima analizzato le caratteristiche dell’impronta nota di Sempio e solo in un secondo momento cercato riscontri nella traccia incerta, finendo così per “vedere” somiglianze dove non ce n’erano. Un procedimento, dicono, “da evitare” perché genera un effetto di suggestione e compromette l’obiettività dell’analisi.
“Violate le procedure scientifiche”
Le contestazioni non si fermano qui. Secondo i consulenti della difesa, le operazioni dei tecnici della Procura sarebbero state condotte “in totale disaccordo con le procedure accreditate presso la comunità scientifica”. Nella relazione si sottolinea come i metodi impiegati violino “i protocolli previsti dal metodo di prova validato” e si precisa che né i laboratori di dattiloscopia del Ris né il dottor Caprioli – uno degli esperti coinvolti – risulterebbero accreditati per il percorso analitico utilizzato.