Gli infermieri e i ciarlatani della politica - Affaritaliani.it

Milano

Ultimo aggiornamento: 09:42

Gli infermieri e i ciarlatani della politica

Mentre gli infermieri emigrano e la Lombardia li importa, la politica continua a illudere: il mercato del lavoro non si governa a slogan

di Fabio Massa

ASCOLTA LA RUBRICA "PINOCCHIO" OGNI GIORNO SU RADIO LOMBARDIA (100.3), IN ONDA ALLE 19.15 DURANTE IL PROGRAMMA DI APPROFONDIMENTO "PANE AL PANE" E IN REPLICA IL GIORNO DOPO ALLE 6.45

Gli infermieri e i ciarlatani della politica

Si chiama mercato del lavoro. C'è poco da fare, il mercato funziona alla stessa maniera da qualche migliaio di anni: c'è qualcuno che compra e qualcuno che vende. Se il bene che si acquista lo vogliono in molti, chi vende è più forte. All'inverso, è più debole, e il prezzo scende. Vale per le azioni in Borsa e vale per il borsino del lavoro. Oggi è sui giornali la notizia della fuga degli infermieri, che se ne vanno verso la Svizzera. E la Lombardia prova ad importarli dall'estero. La sinistra attacca: ma come è possibile? E' uno scandalo... Ora però c'è da dire che la vicenda degli infermieri rappresenta il tipico cortocircuito delle ideologie.

Primo cortocircuito: l'immigrazione non serve, il lavoro agli italiani. Serve eccome, infatti dobbiamo importare infermieri, e non solo loro. Il problema è che servirebbe qualificata, l'immigrazione, e da che mondo e mondo gli infermieri non arrivano sui barconi. A quando una bella legge sull'immigrazione controllata e favorita per le figure che interessano all'Italia?

Secondo cortocircuito: pensare che la politica possa sterzare la società a novanta gradi in tempo zero. Quando si governa, le curve strette non si riescono a fare. I Paesi sono come portaerei, per virare ci mettono un tempo infinito. Ora, vai a convincere una persona che deve studiare per guadagnare quanto un insegnante e forse meno, facendo turni massacranti, notturni e festivi, tra gente che soffre e che si lamenta (e che a volte picchia), quando può emigrare in un paese vicinissimo all'Italia (la Svizzera), e prendere un multiplo dello stipendio con una frazione delle tasse che paghiamo qui. Provaci, e vediamo qual è il risultato. E l'alternativa quale può essere, considerato che semplicemente l'Italia non è competitiva con l'estero? L'alternativa non c'è, a meno di voler imporre a chi studia in Italia un servizio minimo di cinque, dieci anni, in un ospedale italiano. Ma sarebbe possibile? Ne dubito. E' complicato. Molto. E chi dice che ha la ricetta immediata, quasi sempre è un ciarlatano.

 

 

 








A2A