Il sacrificio silenzioso delle nostre Forze dell’Ordine - Affaritaliani.it

Milano

Ultimo aggiornamento: 19:12

Il sacrificio silenzioso delle nostre Forze dell’Ordine

Dopo la tragedia di Castel d'Azzano le parole non bastano. Serve una riflessione collettiva, profonda, sul valore reale che l’Italia attribuisce a chi la difende

di Alessandro Pedrini

Il sacrificio silenzioso delle nostre Forze dell’Ordine

Ci sono mestieri che non conoscono orari, ferie o convenienze. Mestieri che si esercitano nel silenzio, spesso tra l’indifferenza generale, ma che reggono – letteralmente – le fondamenta civili di un Paese. Quello dei Carabinieri, dei Poliziotti, dei Finanzieri, dei Vigili del Fuoco, è un mestiere di dedizione assoluta: un giuramento quotidiano fatto non di parole, ma di presenza, di rischio, di coraggio.

Eppure, troppo spesso, a questo sacrificio corrisponde un riconoscimento inadeguato. Le cronache raccontano di stipendi modesti, turni massacranti, mezzi inadeguati e, cosa ancor più dolorosa, un crescente clima di ostilità e delegittimazione sociale. Troppi, oggi, dimenticano che dietro una divisa non c’è solo un simbolo dello Stato, ma un essere umano: un padre, una madre, un figlio che ogni giorno esce di casa senza sapere se farà ritorno.

Oggi 15 Ottobre 2025 proviamo dolore e sgomento per la tragedia che ha coinvolto tre Carabinieri a Castel d’Azzano, in provincia di Verona. Il Luogotenente Carica Speciale Marco Piffari, il Carabiniere Scelto Davide Bernardello e il Brigadiere Capo Qualifica Speciale Valerio Daprà sono morti nell’esplosione di un casolare durante un intervento di sgombero. Tre vite spezzate mentre adempivano, con coraggio e spirito di servizio, al loro dovere: garantire la sicurezza collettiva, proteggere la legalità, servire il Paese.

L’Associazione Vittime del Dovere, che riunisce famiglie ferite dalla stessa tragedia del sacrificio, ha espresso con parole toccanti il sentimento che dovrebbe appartenere a tutti noi: «Le nostre famiglie, che conoscono purtroppo da vicino lo strazio di questi momenti di disperazione, si stringono con sincera partecipazione al dolore dei congiunti, dei colleghi e dell’intera Arma dei Carabinieri, che ancora una volta piange uomini valorosi, caduti nell’esercizio del proprio servizio per il bene del Paese».

Ma non bastano le parole. Serve una riflessione collettiva, profonda, sul valore reale che l’Italia attribuisce a chi la difende. Non solo quando cade un servitore dello Stato, ma ogni giorno, nelle scelte di bilancio, nelle tutele giuridiche, nelle condizioni di lavoro, nella dignità riconosciuta.

Dietro ogni uniforme c’è un cuore che batte per qualcosa di più grande di sé: la sicurezza di tutti noi. Onorare quel sacrificio significa smettere di considerarli “eroi” solo dopo che li abbiamo persi, e iniziare a trattarli da eroi mentre ancora vivono.

Solo allora, forse, potremo dire di essere un Paese davvero grato a chi veglia – in silenzio – sul nostro sonno.








A2A