Milano
Italia, repubblica del ricatto. Oggi tocca alle femministe, domani potremmo essere noi
In Italia non c'è segreto istruttorio, basta prenderci in giro: cosa dimostra il caso della chat "Fascistella". Il commento

Italia, repubblica del ricatto. Oggi tocca alle femministe, domani potremmo essere noi
Italia, repubblica del ricatto. E' da sempre così, ma ultimamente - complici anche le nuove tecnologie - ancora di più. Ma mettiamo un po' di punti fermi, così da inquadrare bene il problema. Il primo punto fermo è che la gran parte delle informazioni che vengono diffuse, e che sono definite come "private", arrivano da fonti giudiziarie. Sono intercettazioni dentro atti di inchieste. L'ultimo caso è quello delle femministe indagate per stalking. Ho letto con interesse i messaggi dei loro gruppi whatsapp? Sì. Mi stavano simpatiche prima? No, e mi stanno ancor meno simpatiche adesso: incoerenti e pessime, da ogni punto di vista. Ma che rilevanza penale hanno, quelle intercettazioni? E perché atti dell'inchiesta sono stati diffusi? Semplice: perché succede sempre. Sempre. Non c'è destra e sinistra, c'è solo un giornalismo di sinistra, dal punto di vista della giudiziaria, che è migliore e più rapido di quello di destra. Ma in Italia non c'è segreto istruttorio, basta prenderci in giro.
Non bisogna bloccare i giornalisti, ma chi infrange il segreto istruttorio
Oggi tocca alle femministe, ieri toccava a qualcun altro, domani potrebbe toccare a me, magari per punirmi di qualcosa che ho scritto. Funziona così, la nostra repubblica. E non mi piace. Altro punto fermo: i giornalisti cercano notizie. Non sempre questo loro dovere è convergente rispetto a quanto lo Stato dovrebbe consentire. Non è bloccando la stampa che si ripara il problema, è bloccando chi infrange il segreto, sia esso avvocato, magistrato, cancelliere o forza dell'ordine (ovvero i quattro che possono diffondere gli atti). Invece qui c'è gente che fa un interrogatorio e il giorno dopo se lo trova sui giornali. Colpa dei giornalisti? No: colpa di chi li sfrutta per avere vantaggi, per il processo o dal processo.
Terzo punto fermo: l'Italia è un Paese invidioso. Appena fai successo, devi essere colpito. Mentre negli Stati Uniti l'opinione pubblica automaticamente sta con l'imprenditore di successo perché "ce l'ha fatta da solo", qui l'imprenditore di successo "chissà che cosa ha rubato". C'è una invidia sociale da far spavento, ed è su questo substrato di cattiveria che si gioca la partita delle intercettazioni, che diventano insinuazioni.
Valeva con Berlusconi, vale ancor di più con il vicino di casa. Sempre con la stessa motivazione: l'ho letto sul giornale, quindi qualcosa avrà pur fatto. E invece no. Magari no. E in ogni caso non è il vicino di casa che deve giudicare, né la moralità né la legalità: è un Tribunale terzo (votiamo sì al referendum per piacere!), che ha letto le carte e che si è espresso oltre ogni ragionevole dubbio. Almeno su questo, spero che siamo tutti d'accordo, femministe d'attacco e d'accatto e destrorsi con o senza il braccio alzato e tutto quello che sta tra gli opposti poli, cerchiamo di rimanere umani.
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