Milano
La luce di Brahms, le tenebre di Richard Strauss
Il concerto cameristico dei solisti dell'Orchestra Sinfonica di Milano al Teatro Gerolamo

La luce di Brahms, le tenebre di Richard Strauss
Prima la luce, poi le tenebre.
Si potrebbe sintetizzare con questa metafora il concerto di domenica 30 novembre al Teatro Gerolamo nell'ambito della stagione cameristica dell'Orchestra Sinfonica di Milano con Emmanuel Tjeknavorian nel ruolo di primo violino.
La luce – limpida e pura come quella che si può vedere nei tardi pomeriggi delle giornate estive sulle sponde del Baltico – è quella del Sestetto per archi n. 1 in si bemolle maggiore op. 18 di Johannes Brahms. Opera giovanile dell'amburghese, trasmette un senso di pace e serenità che poi sarà raramente riproposto nelle opere della maturità, più pensose, introspettive e non di rado plumbee. Ci siamo quindi goduti questo raro Brahms radioso e sorridente.
Le tenebre sono invece quelle calate negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale non solo su Vienna e Berlino, ma sull'umanità intera, a cui l'ottantunenne Richard Strauss dedica una delle composizioni più tragiche dell'intera storia della musica, “Metamorphosen”, studio per 23 archi solisti (10 violini, 5 viole, 5 violoncelli e 3 contrabbassi). Composto tra l'agosto 1944 e il marzo 1945, fu eseguito per la prima volta il 25 gennaio 1946 dal Collegium Musicum di Zurigo. Pagine grigie, prive di ogni residuo abbandono melodico e del colore orchestrale che era stata la cifra del maestro bavarese.
“Una grande visione tragica”, scrive Quirino Principe, sommo studioso del compositore. “L’ossessione di una antica compattezza che si frantuma, di spettri di musica che dissociandosi si allontanano l’uno dall’altro come galassie nello spazio, con funerea lentezza. L’intera composizione è una dolente metamorfosi di questi elementi, con brevissimi spiragli in cui s’insinuano struggenti reminescenze di accecante serenità.”
Tjeknavorian e gli altri solisti della Sinfonica hanno eseguito l'ardua composizione nella rara versione per sette strumenti (2 violini, 2 viole, 2 violoncelli, 1 contrabbasso) realizzata da Rudolf Leopold nel 1996, che scarnifica ancora di più la già austera partitura. La lettura è stata asciutta, trasparente, priva di retorica, ma allo stesso tempo capace di cogliere l'intenso pathos che scaturisce dalla scabra, dolorosa riflessione di Strauss sul senso stesso della vita, nel momento in cui una intera civiltà scompare sotto le macerie della guerra.
Questi i nomi dei solisti, oltre a Emmanuel Tjeknavorian: Nicolai Freiherr von Dellingshausen violino; Miho Yamagishi e Kirill Vishnyakov viole; Tobia Scarpolini e Nadia Bianchi violoncelli; più Joachim Massa contrabbasso in “Metamorphosen”.
Emmanuel Tjeknavorian, (anche) un direttore-coach
Questo concerto è servito a farci capire una volta di più quanto Tjeknavorian reputi importante la pratica cameristica per i musicisti di una orchestra sinfonica. Iniziata a ottobre, la stagione di musica da camera terminerà il 10 maggio dopo 8 appuntamenti a cui partecipano a rotazione molti strumentisti di corso San Gottardo. Maestri che vengono valorizzati anche come solisti nel repertorio sinfonico: tra questi nei prossimi mesi la tromba Alessandro Rosi, i violini Luca Santaniello e Nicolai Freiherr von Dellingshausen, il corno Giuseppe Amatulli. Anche così si costruisce l'amalgama di un gruppo e l’orgoglio di far parte di una squadra. In questo senso si può dire che Emmanuel Tjeknavorian è – oltre a tutto il resto – anche un direttore-coach.
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