Milano

La Sanità del dire e del poter (non) fare

Il decreto che rimodella l'assistenza sanitaria territoriale si scontra con una realtà che lo rende in larga parte ad oggi irrealizzabile

La Sanità del dire e del poter (non) fare

E’ tempo di sommovimenti nell’arena politica, causa elezioni anticipate per mano di coloro che le auspicavano sull’onda del crescente consenso, ma ancor più da parte di coloro che, sempre più timorosi dell’emorragia di adepti, necessitavano di un argine al tracollo. Ad oggi, il dibattito è di tipo tattico (leggasi alleanze), istituzionalmente “sismico” (leggasi tutela della Costituzione) e ideologicamente “radicalizzato” (leggasi ius di vario genere, redditi di vario genere, flat tax di vario genere). Numeri pochi e, quei pochi, per sondaggi d’opinione con ampi dibattiti sulle oscillazioni dello zero virgola! Di programmi che muovano dal nostro essere Paese pieno di contraddizioni, diseguaglianze e arretratezza, infarcito di una fiscalità indecifrabile per i contribuenti e a discapito degli onesti, senza quel corrispettivo di servizi per i più fragili, per l’infanzia e l’adolescenza, per la disabilità e la salute, non troviamo voce ma sintetici editti!

Decreto sull'assistenza sanitaria territoriale: irrealizzabile nei tempi previsti

Mai come ora assume attualità la celebre frase di Tommaso Moro sulla forza di cambiare le cose che si possono modificare, la pazienza di accettare quelle che non si possono cambiare, ma ancor più la saggezza per distinguere le une dalle altre. Ciò, quanto meno ad evitare ulteriori danni. Con un recente Decreto sono stati corposamente regolati modelli e standard per l’assistenza sanitaria territoriale. Obiettivo condivisibile ed imprescindibile, se non ché irrealizzabile nei tempi previsti, e comunque se non a fronte di una drastica riduzione della capacità degli ospedali - pubblici o privati che siano - di far fronte al mastodontico volume di prestazioni diagnostiche e chirurgiche già da tempo inevase.

La nostra indole di essere a parole i più europeisti, i più accoglienti, i più solidali ci ha abituati a dire, meno a decidere, ciò che poi regolarmente non possiamo fare. La medicina territoriale che si dispiega in queste recenti norme è a dir poco idilliaca, fatta di Case della Comunità, Unità di Continuità Assistenziale, Centrali Operative Territoriali, Assistenza Domiciliare Distrettuale, Ospedali di Comunità infermieristici, Infermieri di Comunità e di Famiglia, sull’onda di una spesa per investimenti nel “mattone” che, se attualizzata nei costi, mal si sposa anche con le più rosee previsioni dei finanziamenti PNRR. Strumento comunitario che, va ricordato, non apposta nemmeno un euro in spesa corrente per la salute.

Lo stato attuale del personale medico ed infermieristico in Italia

Ad aggravare le sorti, il rituale fraseggio normativo che accompagna da tempo ogni tentativo di riordino sanitario, per ricordarci che il tutto va realizzato senza nuovi e maggiori oneri, nella cornice finanziaria programmata per il PNRR! In questo disarticolato scenario prospettico può risultare utile una sintetica panoramica sullo stato attuale in cui versa la principale risorsa per il funzionamento strutturale del SSN: il personale medico ed infermieristico. Già oggi, buona parte degli ospedali del Paese non sono nella condizione di garantire continuità ai propri reparti e servizi, causa l’indisponibilità di professionisti da arruolare. A sparigliare oltre modo questo fronte sono intervenuti i recenti effetti all’allentamento della morsa sulle assunzioni nelle Regioni costrette dai piani di rientro a contenere la spesa per il personale, migrato da tempo al nord e legittimamente desideroso di tornare agli affetti delle origini. Per altro verso, la corsa a “sperimentare” anzi tempo sporadiche iniziative di territorialità sanitaria non stanno generando altro che fuga di medici ed infermieri dagli ospedali, cui non corrisponde certo un sistematico e ridimensionato afflusso a questi ultimi.

Un modello di sanità territoriale che necessità di ulteriori 40mila infermieri

In sintesi, ci siamo dotati di un modello di sanità territoriale che necessità di ulteriori 40mila infermieri per poter garantire un’omogenea risposta in tutto il Paese, quando non siamo nella condizione di sostituire il turnover dei pensionamenti e le fisiologiche migrazioni di personale tra Regioni. In questa cornice, le liste di attesa per accedere ai nostri ospedali non potranno che crescere a dismisura. A questo dovrà far fronte il futuro Governo, nell’auspicio che trovi la forza (finanziaria) di sfidare sin dal suo insediamento l’emergenza dei bisogni di salute da tempo inevasi, la pazienza di elaborare nei tempi e nei contenuti una riforma sanitaria moderna e speculare ai nuovi bisogni, con la saggezza di affrontare i problemi secondo canoni di sistematica e realistica fattibilità.

Prof. Livio Tronconi
Professore di Diritto e Organizzazione Sanitaria – Università di Pavia 







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