Milano
Milano 2030-2050: cronaca dalla città del futuro
Dall'IA che gestisce la metro ai droni sul Duomo: la tecnologia non è più una promessa. La vera sfida, però, non è inventarla. È governarla

Milano 2030-2050: Simone Enea Riccò
Milano 2030-2050: cronaca dalla città del futuro
In tanti si chiedono come sarà la 'Milano Domani', oggi che vediamo la tecnologia, dai robot all'Intelligenza Artificiale, diventare ogni giorno più reale. La verità? È un errore di prospettiva. Il futuro non è qualcosa che sta arrivando. È già qui. Adesso. A Milano.
Il punto è che è invisibile. Lavora nel back-end della nostra vita. Non è il cameriere robot del ristorante futuristico; è nel magazzino di Amazon a Burago di Molgora che smista il pacco che avete ordinato un'ora fa. Non è l'auto volante; è il drone che ispeziona le crepe sulle guglie del Duomo o la tenuta del ponte della Ghisolfa.
E l'Intelligenza Artificiale? Non è un supercomputer che complotta. È il software che vi suggerisce questa puntata su Spotify, è l'algoritmo di CityMapper che vi fa cambiare linea della metro per evitare un ritardo che ancora non vedete. Il futuro di cui parliamo, quindi, non è più inventare questa tecnologia. È il suo inevitabile passaggio dal magazzino alla strada. Dallo schermo del telefono al nostro appartamento. Questa è la vera rivoluzione. E inizia adesso.
2030: L'Emersione
Il 2030 è domani. È il momento in cui queste tecnologie smettono di essere "roba da addetti ai lavori" e diventano servizi visibili e tangibili. Scordatevi il cielo di Blade Runner pieno di droni che portano sushi. Il 2030, per Milano, sarà l'anno del drone specializzato. L'esempio concreto? Il trasporto medico. Un drone che vola dal Niguarda al San Raffaele in 7 minuti, trasportando sangue o un farmaco salvavita, bypassando il traffico di Viale Zara. Forse vedremo anche le prime consegne premium: il pacco urgente che atterra in un "drone-port" o "vertiporto" designato sul tetto di un edificio a CityLife.
Anche i robot usciranno dai magazzini. Oggi puliscono i pavimenti degli uffici di notte; nel 2030, vedremo le prime flotte di robot spazzini di AMSA. Perché? Costano meno, lavorano 24/7, sono elettrici. Entreremo in un bar e il braccio robotico che prepara il caffè non sarà più una "stranezza da fiera", ma una soluzione pragmatica alla cronica mancanza di personale. Il vero impatto sarà nella logistica dell'ultimo miglio: piccoli "rover" autonomi, come carrelli della spesa intelligenti, che si muovono sui marciapiedi nelle nuove aree pedonali, come Scalo Romana, per consegnare la spesa.
Infine, l'eredità delle Olimpiadi 2026 sarà un'app di mobilità (MaaS) che finalmente funziona. L'AI dietro questa app non vi dirà solo "prendi la M4". Vi dirà: "Prendi la M4 ora, perché tra 10 minuti un concerto a San Babila la riempirà. Scendi a Tricolore e prendi la bici in sharing 103, l'ho prenotata per te". L'AI gestirà i semafori per far passare gli autobus in orario. Non la vediamo, ma ne sentiamo il beneficio: il bus che arriva davvero ogni 5 minuti.
Ma la domanda non è se succederà. La domanda è: siamo pronti come cittadini a condividere il marciapiede con un robot di Glovo? E, molto più seriamente: di chi è la colpa, legale e assicurativa, quando il primo drone-farmaco del Niguarda cadrà?
2040: L'Integrazione
Il 2040 è quando smetteremo di notare queste tecnologie. Saranno la nuova normalità. Ma il motore di questa integrazione non sarà l'hype. Sarà la demografia.
Milano è, e sarà sempre più, una città di anziani. Il problema numero uno del 2040 non sarà il traffico: sarà l'assistenza. Ci saranno più 75enni che 25enni. È qui che entrerà in gioco il "Robot as a Service" (RaaS). I robot umanoidi, che costeranno ormai poco, non si acquisteranno: si noleggeranno. Non saranno più solo gli spazzini robotici di AMSA, ma diventeranno gli assistenti domestici primari. Un sistema a noleggio che aiuta un 80enne ad aprire un barattolo, lo monitora se cade e chiama i soccorsi. Li vedremo diffusi non solo nelle case per l'assistenza agli anziani, ma anche in molte attività commerciali come supporto operativo. Non è Gundam, è cura.
Le consegne via drone diventeranno una utility quotidiana, con corsie aeree e orari prestabiliti. Ma i droni serviranno anche l'agricoltura, che si sarà spostata in città. Le vertical farm sui tetti degli edifici dismessi saranno una realtà, e i robot e i droni saranno i "contadini" che gestiscono queste coltivazioni a km 0.
Allo stesso modo, l'AI diventerà il nostro personal trainer e medico di base. Analizzerà i dati del nostro smartwatch, capirà cosa mangiamo, come dormiamo. Quando vai dal medico, l'AI ha già fatto l'80% della diagnosi. Il medico non è sostituito, ma aumentato: si concentra sulla strategia di cura, sulla relazione, sull'empatia.
La domanda qui diventa più intima. Delegando la nostra salute a un algoritmo e l'assistenza ai nostri genitori a un robot, quanta autonomia avremo perso in cambio di efficienza? E che ruolo resterà a chi prima faceva l'infermiere a domicilio? Diventerà un lavoro premium, l'assistenza sarà una commodity, quella umana un lusso.
2050: La Fusione
Il 2050. La tecnologia è scomparsa. È diventata come l'elettricità o l'acqua: è l'ambiente. La città non è più gestita dalla tecnologia, è fatta di tecnologia.
L'ecosistema sarà autonomo. Non ci sarà più la "consegna", ma un "flusso". L'AI (il cervello) nota che state finendo il latte. Invia un ordine alla vertical farm (la produzione). Un robot (il corpo) lo preleva. Un drone (il sistema circolatorio) lo porta alla vostra finestra. La manutenzione della città sarà fatta da sciami di piccoli robot che di notte riparano le buche, come anticorpi.
In questa città iper-efficiente, qual è il ruolo dell'essere umano? Il lavoro non è più produrre o eseguire. È creare, insegnare, curare, relazionarsi, prendere decisioni etiche complesse. Il valore economico si sposta dall'efficienza (delegata alle macchine) all'empatia e alla creatività. Ma in una città-organismo perfetta, ottimizzata e pulita, ci sarà ancora spazio per il caos, per l'errore? In sintesi: ci sarà ancora spazio per ciò che ci rende umani?
Il punto politico: la sfida non è la tecnologia, è la governance
Questo viaggio non è fantascienza. È un'estrapolazione che parte da quel singolo robot in quel magazzino di Linate, oggi. Il futuro non ci sta capitando addosso. Lo stiamo costruendo. E qui arriviamo al punto cruciale, che non è tecnologico ma profondamente politico: la governance.
La vera sfida per l'amministrazione di Milano e per la sua classe dirigente, oggi, non è (solo) attrarre più startup. La sfida è definire le regole del gioco. Queste non sono discussioni astratte: sono le decisioni che devono formare il cuore del prossimo Piano di Governo del Territorio (PGT).
Vogliamo una città solo più efficiente, o anche più giusta? Vogliamo che l'AI gestisca i semafori solo in base alla velocità del traffico, o anche in base all'emergenza sociale, dando priorità al bus 90 piuttosto che ai SUV? Chi progetterà l'algoritmo che decide se il drone-farmaco di Niguarda ha la precedenza sul drone-delivery di Amazon?
Sono queste le decisioni strategiche che dobbiamo prendere ora. Perché la tecnologia è solo uno strumento potentissimo. Il modello di società che vogliamo costruire con quello strumento... be', quello, per ora, spetta ancora a noi.
Simone Enea Riccò è un Marketing Director e AI Strategy Leader. Già amministratore pubblico al Comune di Milano, analizza l'impatto socio-economico dell'innovazione sul territorio. È riconosciuto come una delle voci strategiche di riferimento in Italia sull'applicazione dell'AI ai modelli di business ed è fondatore dell'Osservatorio AI "La Verità Algoritmica".












