Milano capitale di che cosa? La sfida internazionale dei candidati - Affaritaliani.it

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Milano capitale di che cosa? La sfida internazionale dei candidati

Con quali armi Milano difende il suo ruolo internazionale? La vera sfida (che non osano affrontare) di Sala e Parisi

di Ugo Poletti

C’è un tema strategico per il futuro di Milano, che i candidati sindaco non osano affrontare: la creazione di un nucleo operativo dedicato alla gestione delle sfide internazionali. Un’agenzia per lo sviluppo della Città Metropolitana che lavori per promuovere le eccellenze economiche già presenti nella “grande Milano” (d’ora in poi non possiamo più ragionare entro i confini ristretti del Comune, ma nella più vasta area metropolitana), per creare occasioni di crescita e occupazione. Cosa vuol dire? Vuol dire che a Milano non c’è ancora una struttura del Comune finalizzata ad attrarre eventi o progetti aziendali nel suo territorio come a Barcellona, New York, Londra e Manchester.

Per inquadrare meglio il problema facciamo un gioco intellettuale: immaginiamo che un mago cattivo arrivi in città e faccia sparire con la sua bacchetta magica i due eventi che garantiscono a Milano un ruolo internazionale: le settimane della moda e il Salone del Mobile. Non è uno scenario del tutto irrealistico. Lione era un tempo una capitale della seta e Barcellona del cotone. Oggi non resta niente di quelle vecchie glorie, ma le due città si sono inventate altri primati internazionali. Cosa farebbe Milano senza moda e design? Ci rimarrebbe solo il Teatro alla Scala. Anche lo shopping dei turisti stranieri andrebbe scemando. Che cosa si dovrebbe inventare Milano per rimanere sulla cresta dell’onda? Ma soprattutto: chi ci sta lavorando? Le opportunità non mancano.

Ci sono molti casi in cui Milano potrebbe realizzare alcune ambizioni globali:
Capitale della medicina. L’attuale Città Metropolitana comprende il più grande polo sanitario a sud di Parigi e in tutto il Mediterraneo, con un importante ecosistema di ricerca scientifica e innovazione medica. Cosa si potrebbe fare per valorizzare questa eccellenza?

Capitale del gusto. Oggi non è neppure considerata tra le 20 città di riferimento al mondo per la gastronomia, anche se ha la possibilità di entrare in classifica (leggi: “Milano non è una capitale del cibo”)

Capitale della telefonia. L’Italia è il più ricco mercato della telefonia cellulare ed è al centro di grandi investimenti azionari. Eppure la fiera più importante in Europa è a Barcellona. Perché Milano non lancia la sfida?

Città della musica. Mancano ancora degli elementi per espandere il primato della Lirica ad altri campi della musica (leggi: “Come si costruisce un primato internazionale“).

Silicon valley italiana. Milano svetta per la più alta concentrazione di start up in Italia. Va riconosciuto che il Comune di Milano ha fatto molto per questo settore, creando spazi di lavoro e un’associazione: Milano Smart City. Ma siamo ancora lontani dalle condizioni vantaggiose offerte da Londra, Barcellona, Amsterdam. Infatti, molti talenti italiani vanno là in cerca di fortuna.

Mercato dell’arte. L’Italia è il primo paese al mondo per patrimonio artistico. Abbiamo anche le migliori scuole di restauro al mondo. Ma è fanalino di coda nel mercato dell’arte. Le principali piazze per acquistare capolavori sono Londra, Parigi e New York.

Come si può conquistare uno spazio? Ecco a cosa serve un’agenzia per lo sviluppo. A dare ossigeno a progetti ambiziosi come quelli citati, cercando sponsor e partnership straniere, coinvolgendo l’amministrazione quando servono strumenti amministrativi (esempio: “La metropolitana come museo del design sottoterra”). Non esiste oggi nell’amministrazione della città un nucleo di professionisti dedicati a progetti per la crescita economico della Città Metropolitana e la promozione del brand Milano sotto la regia politica del Sindaco. Un nucleo pronto a dialogare in Arabo, Cinese e Russo, le lingue dei più recenti grandi investimenti in città (vedi: “I nuovi signori di Milano”).

Non c’è nulla di nuovo da inventare. Ci sono molti modelli stranieri da imitare. Barcellona ha creato un cittadella delle start up e sfoggia due fiere internazionali strategiche: Mobile Conference (telefonia) e Smart City Expo. Manchester è un modello internazionale di rilancio economico e urbanistico. Londra e New York rimangono in testa nella classifica delle città più dinamiche al mondo. Non sono casi fortunati. C’è dietro la volontà politica di costruire o difendere un ruolo globale della città e valorizzare le eccellenze del territorio. Ecco perché queste città sono dotate di agenzie, come Barcelona Global e London & Partners, pubbliche ma a gestione manageriale e con partecipazioni private. E se non si vuole guardare all’estero, c’è l’esempio della vecchia iniziativa di Torino Strategica, che determinò il successo delle olimpiadi invernali del 2006, un evento che cambiò i connotati della città, liberandola dalla cultura mono-prodotto della FIAT.

Come mai non si vuole affrontare questo tema in campagna elettorale? Perché è politicamente rischioso. In passato le politiche di sviluppo internazionale sono state occupate da Regione Lombardia e Camera di Commercio di Milano. La prima ha portato avanti una strategia di riconoscimento internazionale, come se fosse un länder tedesco, modello Baviera, o una regione autonoma come la Catalogna. La seconda, insieme ad Assolombarda, si è dedicata invece al sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, anche per sopperire alla disastrosa gestione romanesca dell’ICE. In mezzo a questi due vasi di ghisa, il vaso di coccio della politica estera del Comune è stato sacrificato.

Però oggi ci sono due importanti novità che aprono nuove prospettive:
1) la nascita della Città Metropolitana, che riporta Milano ad occuparsi direttamente di nuove filiere industriali e settori, fino a ieri sotto l’amministrazione provinciale;

2) l’Expo 2015, che ha cambiato lo stato d’animo dei milanesi, i quali oggi hanno ritrovato il gusto di partecipare al gioco della competizione globale della loro città. Questo porta inevitabilmente a ripensare il ruolo del sindaco di Milano.

Che sia Beppe Sala o Stefano Parisi, non sarà più un semplice capo della burocrazia cittadina, ma un attore internazionale consapevole che la città è un importante palcoscenico dove avvengono cose con risonanza nel resto del mondo. Infatti, oggi Milano non si confronta più con Lione o Monaco di Baviera con i suoi un milione e duecento mila cittadini, ma con gli oltre tre milioni di abitanti della Città Metropolitana, che la fanno guardare dritto negli occhi Parigi, Berlino e New York. Sarà quindi un sindaco leader dello sviluppo, chiamato a sedere da attore protagonista a tavoli con Regione e Governo, oppure Città Metropolitana e aziende estere, laddove le competenze sono disgiunte e le soluzioni vanno ricercate insieme, come nella spinosa questione (irrisolta) del dopo-Expo.

@UgoPoletti








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