Milano, Minniti (Pd): "Cottarelli? Ottimo nome, ma per le primarie. Che siano di coalizione..." - Affaritaliani.it

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Milano, Minniti (Pd): "Cottarelli? Ottimo nome, ma per le primarie. Che siano di coalizione..."

L'esponente dem risponde a Carlo Calenda: "Abbia più fiducia nell'elettorato del centrosinistra. Le primarie non devono essere una conta interna al Pd". L'intervista

di Nicolo Rubeis

Milano, Minniti (Pd): "Cottarelli? Ottimo nome, ma per le primarie. Che siano di coalizione..."

"Le primarie servono a scegliere la persona che ha più chance di vincere e sono necessarie quando non c'è unanimità su una candidatura" dice Santo Minniti, presidente del Municipio 6 di Milano, intervenendo nel dibattito sulle prossime comunali. "Sicuramente non devono essere una conta interna al Pd, vanno rese partecipate e di coalizione" aggiunge l'esponente dem che commenta anche l'apertura di Azione al centrodestra: "I laboratori in politica non funzionano mai" osserva Minniti rivolgendosi direttamente a Carlo Calenda, che ha già fatto il nome dell'economista Carlo Cottarelli come possibile candidato sindaco: "Cottarelli arricchirebbe tantissimo il dibattito delle primarie. Calenda abbia più fiducia nell'elettorato di centrosinistra".  L'intervista di Affaritaliani.it Milano.

Minniti, le primarie restano dunque uno strumento utile?

Più che utile direi necessario nel momento in cui non c'è unanimità su una candidatura. La scelta deve essere di comunità, non di salotti o di piccoli circoli che si riuniscono. Le primarie sono il modo migliore di scegliere il candidato per la nostra parte politica. Questo ci differenzia e ci ha differenziato moltissimo in passato dalla destra. Le primarie non servono, come qualcuno può temere, a scegliere un profilo che faccia la maggiore opera di proselitismo, ma per indicare quello che ha più possibilità di vincere. Il popolo delle primarie ha una maturità più alta di quella che gli riconoscono i detrattori.

Ma le primarie non rischiano di diventare un affare tutto del Pd?

Non devono essere sicuramente una conta interna. E credo che non lo possano diventare se noi le rendiamo partecipate e di coalizione. Alle ultime primarie che abbiamo fatto a Milano votò un numero di persone maggiore rispetto agli iscritti del Pd in città. Furono primarie del centrosinistra che dimostrarono che non deve essere necessariamente il nostro partito a determinare l'esito. 

Le dispiacerebbe se Azione, alla fine, andasse con il centrodestra?

Io penso che i laboratori in politica non funzionano mai. Quando i partiti portano i loro elettori su temi diversi questi poi non li seguono, abbiamo numerosi esempi. La sfida vera è posizionare le proposte del centrosinistra in un alveo della maggioranza attuale della città, mixando temi cari alle parti più centriste della coalizione con istanze più di sinistra necessarie in una città che cresce. Dobbiamo riuscire a far sì che il nostro elettorato, ma anche i dirigenti dei vari partiti, siano felici di arrivare a una proposta unitaria. 

Calenda è contrario alle primarie e ha già fatto il nome di Cottarelli come candidato sindaco. 

Sarebbe sicuramente un ottimo candidato. A Milano in tanti riconoscono la sua capacità di stare sui temi, la sua concretezza e le sue competenze. Penso che Cottarelli arricchirebbe tantissimo il dibattito delle primarie e la proposta per Milano. A Calenda dico di avere più fiducia verso l'elettorato di centrosinistra e verso il popolo delle primarie.

I Riformisti però chiedono al Pd di far partire una discussione che sia allargata a tutta l'attuale maggioranza. 

Questo credo che sia corretto. Nella genesi del percorso ci deve essere un coinvolgimento paritetico e paritario, partendo dalle forze politiche che finora hanno reso Milano quella che è. Nessuno ha voglia di sedersi a una tavola già imbandita. Il percorso che costruiremo sarà fondamentale per riuscire a tenere la coalizione unita. 

Il modello Milano va difeso o servirà discontinuità?

Non dobbiamo archiviare niente e non serve discontinuità per abiurare rispetto a cose fatte in passato. Serve stare al passo con i tempi che cambiano. Milano è un corpo che sta in equilibrio se si muove. Oggi è una città più internazionale e attrattiva. Dall'altro lato ci sono degli squilibri che hanno bisogno di risposte nuove. E la giunta Sala ci sta già provando, penso per esempio al Piano Casa. Dopo dieci anni c'è bisogno di idee ed energie nuove, ma questo non vuol dire che vada archiviato il passato. Rinnovarsi e rispondere alle nuove necessità sono sempre state caratteristiche del centrosinistra.

Ci faccia qualche esempio.

Milano ha le carte in regola su tante cose, ma c'è un elemento su cui dobbiamo investire da qui alle comunali: il livello minimo di servizio pubblico che una città deve essere in grado di offrire a chiunque, a partire dalle piscine pubbliche e dalla qualità dei trasporti. Questo è fondamentale anche per bilanciare la richiesta altissima che il privato fa a chi vuole venire a vivere a Milano. 

L'affluenza a Milano ai referendum può rappresentare un segnale confortante in vista del 2027?

Intanto sui referendum va sottolineato che quella fatta era sicuramente una battaglia basata sul senso civico. Chiedeva più sicurezza sul lavoro e di riconoscere tutti coloro che, nei fatti, già sono cittadini italiani. Il risultato, anche quello dell'affluenza, è sintomatico di quel senso civico e di comunità che a Milano è molto forte. Questa città ha sempre avuto l'attitudine di essere avanti su alcune tematiche, come la visione sui diritti. Ad ogni modo, non è il caso di gridare vittoria come è stato fatto. 

Ci spieghi meglio. 

La base del centrosinistra e tutti i nostri militanti che ci hanno creduto e che hanno fatto volantinaggio non l'hanno fatto per far fare bella figura al partito ma per arrivare ad un avanzamento vero. Non era una conta, era una sfida per fare qualcosa di più su argomenti importanti. Il contraltare di alcuni proclami di vittoria è la delusione della base per non essere riusciti a garantire maggiore diritti. Ancora una volta l'errore è stato dividersi per le appartenenze politiche anziché entrare nel merito delle questioni.

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