Milano
Pinocchio/Il "mostro" Penati, assolto ma senza assoluzione

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C’era una volta un Paese, l’Italia, dove anche se ti assolvevano rimanevi il solito ladro. Ho aspettato più di 24 ore per parlare di Filippo Penati e della sua assoluzione. Voglio precisare un paio di cose: la prima è che con Filippo Penati, a differenza di altri colleghi che pure l’hanno pestato duro in disgrazia, non ho mai avuto rapporti lavorativi. Ovviamente a livello giornalistico sì, giacché era presidente della provincia e capo del partito milanese. La seconda cosa che voglio precisare è che non mi sento e non sono in nessuna misura un penatiano. Detto questo, la sua assoluzione mi scandalizza. Non tanto e non solo per gli anni che ha dovuto aspettare, ben cinque. Non tanto e non solo per una carriera, la sua, buttata nel cesso. Non tanto e non solo per la gogna mediatica. Ma perché ancora oggi, dopo l’assoluzione, ci sono quelli che dicono: eh, però il sistema Sesto esisteva. Decidiamoci: o ci fidiamo dei giudici e allora non critichiamo le sentenze oppure non ci fidiamo dei giudici e allora critichiamo però anche le indagini e gli arresti. Cioè, mettiamo in discussione tutto. Io penso che in Italia ci dobbiamo sentire tutti un po’ colpevoli, anche se non saremo né indagati né arrestati per colpe delle quali tutti ci rendiamo colpevoli, ogni giorno. La giustizia fa il suo corso, ma noi giornalisti creiamo dei mostri. E la gente, anche voi ascoltatori, anche voi lettori, credete ai mostri senza nessun senso critico. Queste sono le nostre colpe. La nostra colpa è essere impazienti e, in fondo, non rispettare neppure i giudici e i tempi biblici della giustizia. Condanniamo tutti e non c’è assoluzione. Neanche per noi, anche se non ce ne rendiamo conto.