San Siro, Bernardo valuta il sì alla delibera: 'Ma no a scorciatoie e forzature, serve trasparenza' - Affaritaliani.it

Milano

Ultimo aggiornamento: 16:50

San Siro, Bernardo valuta il sì alla delibera: 'Ma no a scorciatoie e forzature, serve trasparenza'

L'intervista al capogruppo di FI: "Sala e Boeri mi prendevano in giro. Oggi non ride più nessuno. Una legge nazionale per Milano? Prima un'autocritica locale"

di Nicolò Rubeis

Luca Bernardo, capogruppo di Forza Italia, apre al voto favorevole sulla vendita di San Siro, ma chiede trasparenza e regole uguali per tutti. Critica il metodo di Sala sulle operazioni urbanistiche e invoca una svolta culturale e tecnica nella gestione della città. Boccia scorciatoie e nomi legati ai circuiti immobiliari, proponendo figure super partes.

San Siro, Bernardo valuta il sì alla delibera: 'Ma no a scorciatoie e forzature, serve trasparenza'

Il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino Luca Bernardo non esclude un voto favorevole in Consiglio comunale sulla delibera per la vendita di San Siro a Inter e Milan: "La questione dello stadio non può essere ridotta a una bandierina politica" osserva l'esponente azzurro che fissa i suoi paletti: "Se il testo sarà chiaro, garantista verso l’interesse pubblico e privo di scorciatoie, sono pronto a votare a favore". Per Bernardo, che nel 2021 sfidò il sindaco Sala come candidato del centrodestra, "non è questione di essere contro lo sviluppo o il mercato, ma di pretendere che le regole siano uguali per tutti". In campagna elettorale "quando sollevai i legittimi dubbi sulla gestione urbanistica, mi presero in giro, anche con toni sarcastici, come ora emerge chiaramente dalle chat private tra Sala e Boeri. Oggi, però, non ride più nessuno". Insomma, "la verità è che allora ero scomodo, e lo sono ancora oggi" prosegue Bernardo, convinto che si possa anche tornare a ragionare su una legge nazionale per sbloccare lo stallo dell'edilizia cittadina: "Ma può avere senso solo se parte da un’autocritica locale".

Bernardo, senza la vendita ai club il sindaco Sala non avrebbe più grandi obiettivi da raggiungere. Arrivati a questo punto sullo stadio bisogna andare avanti?

La questione dello stadio non può essere ridotta a una bandierina politica: si tratta di un bene pubblico, inserito in un quartiere delicato, con implicazioni economiche, ambientali e sociali. Se si decide per la vendita, bisogna farlo con trasparenza e senza forzature. Quanto al sindaco, se davvero il suo ultimo grande obiettivo è questo, allora siamo di fronte a un problema di visione più ampio. Milano merita un’agenda più ambiziosa e plurale.

In Consiglio comunale dopo l’estate arriverà la delibera sulla vendita. Nel centrosinistra c’è più di qualche consigliere che potrebbe non votarla. Lei come si esprimerà? 

Valuterò la delibera punto per punto, come ho sempre fatto. Non è questione di appartenenza politica, ma di responsabilità verso la città. Se il testo sarà chiaro, garantista verso l’interesse pubblico e privo di scorciatoie, sono pronto a votare a favore. Ma se restano ambiguità, la mia risposta sarà un no motivato.

Sulle operazioni immobiliari degli ultimi anni cosa contesta al sindaco Sala?

Contesto il metodo. Troppe operazioni avvengono in modo opaco, con percorsi accelerati e poca condivisione. Non è questione di essere contro lo sviluppo o il mercato, ma di pretendere che le regole siano uguali per tutti, che ci sia un ritorno concreto per i quartieri e che si eviti la concentrazione di potere in poche mani. La politica deve dettare l’agenda, non subirla. Inoltre, Milano è affetta da centralismo in tutti i sensi, con i Municipi privati di un ruolo decisivo e una visione di sviluppo focalizzata sul centro storico e direzionale. 

Nel 2021, in campagna elettorale, ripeteva che in città fanno tutto due costruttori e un architetto. Frase oggetto anche di una chat tra Sala e Boeri. Vuole levarsi qualche sassolino dalle scarpe? 

Quando sollevai i legittimi dubbi sulla gestione urbanistica, mi presero in giro, anche con toni sarcastici, come ora emerge chiaramente dalle chat private tra Sala e Boeri pubblicate dal Corriere della Sera. Oggi, però, non ride più nessuno. Quelle conversazioni mostrano un sistema chiuso, autoreferenziale, dove si deride chi osa porre domande scomode. Boeri mi definì in chat un ‘…patentato’, un’offesa gratuita. Io sono un medico, un primario, un professionista che ha lavorato per il bene pubblico, dentro e fuori l’ospedale. Non accetto lezioni da nessuno, tantomeno da chi confonde la città con un affare privato. La verità è che allora ero scomodo, e lo sono ancora oggi.

In che senso?

Ho fatto richieste formali in Consiglio per chiarire meglio certe dinamiche urbanistiche e non ho mai avuto risposte. Ora capisco perché. Ma non mi fermo: continuo a denunciare un sistema che va cambiato alla radice, nel metodo e nella sostanza. E lo dico a tutti, di destra o di sinistra: la vera discontinuità parte dal coraggio di dire le cose come stanno. E Milano ne ha un grande bisogno.

Al netto delle inchieste la città non si può fermare. Archiviato il ‘Salva Milano’, si può tornare comunque a ragionare su una legge nazionale?

Le inchieste non devono bloccare l’attività amministrativa, ma devono indurre a un cambio di passo. Una legge nazionale su Milano può avere senso solo se parte da un’autocritica locale. Non possiamo chiedere più strumenti se non usiamo bene quelli che già abbiamo. La discontinuità, quindi, deve partire da Palazzo Marino: regole chiare, processi trasparenti e apertura reale alla cittadinanza. Poi, certo, si può discutere anche di una cornice normativa diversa, ma non come alibi.

Intanto ci sarà da scegliere il nuovo assessore all’urbanistica per i prossimi due anni. Che profilo deve essere secondo lei? 

Dobbiamo voltare pagina sul serio. Non basta cambiare i nomi, serve una svolta culturale. L’assessore all’Urbanistica deve essere una figura indipendente, non più legata a circuiti professionali troppo vicini ai grandi operatori immobiliari. Serve un nome super partes, con credibilità tecnica riconosciuta anche fuori dal Palazzo. Penso a profili come l’architetto Claudio Sangiorgi o l’ingegner Gianni Verga, figure stimate bipartisan che incarnano davvero un’idea di competenza al servizio del pubblico. Lo stesso vale per la Commissione Paesaggio: oggi più che mai è necessario restituire autorevolezza e fiducia pubblica. Se vogliamo una vera discontinuità, dobbiamo affidarci a tecnici di alto livello, non a persone già dentro certi circuiti.

Come bisognerebbe comportarsi sul fronte degli oneri di urbanizzazione?

Bisogna smetterla con l’idea che servano solo a tappare buchi. Sono risorse che devono tornare nei quartieri, in opere concrete e visibili. E vanno gestiti con la massima trasparenza. Solo così si può recuperare credibilità e ricostruire un patto di fiducia con i cittadini.

Intanto è saltato l'assessore Tancredi. Il capro espiatorio?

Il caso Tancredi rappresenta solo l’ultimo tassello di una strategia politica ben precisa: attori che sembrano intercambiabili e forse alcuni anche ‘gestibili’, pronti a fungere da capri espiatori. Sala non è un sindaco debole, è un uomo intelligente ma un accentratore, che ha scelto proprio lui questi assessori al di là delle quote di rappresentanza partitica. Inoltre, mentre tenta di scaricare le responsabilità su un suo entourage, occorre non dimenticare che è quello stesso entourage a cui deve la sua lunga permanenza a Palazzo Marino. Le sue parole sono permeate da difensivismo: ‘Le mie mani sono pulite’, ha ripetuto, sostenendo che nessuna delle sue azioni fu orientata all’arricchimento personale. Voglio pensare, ne sono certo, che sia così. Ma è proprio questa narrazione che solleva domande: uno scaricabarile che non è accettabile da un sindaco. 

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