Milano
Milano, l’affondo di Delpini contro una "città che non vuole cittadini, capitale dei peccati finanziari”
Nel Discorso alla città per Sant'Ambrogio l’arcivescovo denuncia speculazioni immobiliari, degrado del welfare, disuguaglianze generate dalla finanza e fragilità crescenti tra i giovani

L'Arcivescovo Mario Delpini
Sant’Ambrogio, l’affondo di Delpini contro Milano "città che non vuole cittadini e capitale dei peccati finanziari”
Nel tradizionale Discorso alla città alla vigilia di Sant’Ambrogio, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha attaccato il “capitalismo malato” che rende la città appetibile per chi ricicla denaro, ha denunciato il degrado del welfare, le liste d’attesa insopportabili, l’uso delle case come strumenti di profitto e non per ospitare persone. Forte richiamo anche ai giovani che trasformano la paura in aggressività e alle istituzioni che non vedono la portata del fenomeno.
“Nella capitale finanziaria – come viene definita Milano – si riconoscono i peccati capitali della finanza, intesa come l'astuzia di far soldi con i soldi”, ha detto Delpini nel suo Discorso alla città e alla Diocesi. “Il capitalismo malato è a servizio dell'individualismo e ignora la funzione sociale e la responsabilità morale della finanza. La città diventa appetibile per chi ha molto denaro da investire”.
L’arcivescovo ha richiamato il contesto globale: “Nel mondo in guerra, nel mondo ingiusto, nel mondo del lusso incontrollato le risorse finanziarie nel sistema creditizio sono impegnate in modo scriteriato per rendere più drammatica l'inequità che arricchisce i ricchi e deruba i poveri”. E ancora: “La città diventa appetibile per chi ha molto denaro da riciclare. Il denaro sporco, con il suo fetore di morte, invade la città grazie a persone contagiate dall'indifferenza, dalla paura o dall'avidità”.
Milano, una "città che non vuole cittadini”
Nel suo intervento, Delpini lega la crisi finanziaria ai problemi abitativi: “Chi cerca casa in città si vede chiudere la porta in faccia. Non di rado si trova davanti persone o agenzie senz’anima e senza scrupoli”. Vengono citate situazioni ricorrenti: “Non hai abbastanza soldi, né credito”; “Non sei abbastanza italiano”; “Non voglio fastidi, preferisco lasciare la casa vuota”. “Si usano le case per fare soldi, invece che per ospitare persone”, ha rimarcato l’arcivescovo. “Sembra che la città non voglia cittadini. Forse poi i cittadini rimasti si lamenteranno per la mancanza di operai, di infermieri, di insegnanti, di camerieri, di tranvieri”.
“Welfare in declino”: liste d’attesa, sanità privata e paura di ammalarsi
Delpini ha poi rivolto un appello sulla crisi del welfare: “Sono in molti a denunciare le crepe preoccupanti del sistema sanitario. Preoccupano le liste di attesa, la dilatazione insopportabile dei tempi, il privilegio accordato a chi ricorre alla sanità privata a pagamento”. “Il privato profit fa della salute un affare. Il privato non profit in ambito socio-sanitario si sente spesso ignorato e perfino mortificato. Gli ospedali pubblici e le loro eccellenze rischiano di essere screditati”.
L’arcivescovo ha evidenziato anche i rischi del tecnicismo nella cura: “L’imposizione di protocolli caratterizzati dall’eccessivo affidamento alla tecnica della cura rischia di rimuovere il ‘prendersi cura’ e il farsi carico. L’indebita identificazione tra ‘curare’ e ‘guarire’ fa sì che a volte ci si dimentichi di chi non guarisce, rendendo le cure palliative non adeguatamente accessibili”.
Il passaggio sui "giovani che trasformano la paura della vita in minaccia e aggressione"
Un’altra parte del discorso è stata dedicata alla condizione giovanile. Delpini parla di una generazione che “non vuole diventare adulta per paura del futuro”, responsabilità anche degli adulti che “non trasmettono buone ragioni per desiderare di diventare adulti, di fare scelte definitive, di formare una famiglia e di avere figli”. “Accanto a ragazzi e ragazze che si impegnano per mettere a frutto le proprie doti per il bene di tutti, ci sono alcuni che trasformano la paura della vita in minaccia e aggressione”.
Secondo l’arcivescovo, molti cercano difesa “nello sballo, nella ricerca di artificiosa eccitazione, di un anestetico per l’angoscia”, con derive verso dipendenze da “droghe, gioco, alcol, sesso”. “Il fenomeno ha proporzioni drammatiche – ha concluso Delpini – e troppe persone e istituzioni non ne sono adeguatamente consapevoli”.












