Masterclass di canto con Asmik Grigorian e Karl-Magnus Fredriksson - Affaritaliani.it

Milano

Ultimo aggiornamento: 18:38

Masterclass di canto con Asmik Grigorian e Karl-Magnus Fredriksson

La serata liederistica alla Scala

Di Francesco Bogliari

Masterclass di canto con Asmik Grigorian e Karl-Magnus Fredriksson

C'era un'aria di famiglia domenica sera alla Scala. Sul palco tre amici che sembravano partecipare a una “liederabend” a casa Schubert ai primi dell'Ottocento (chi scrive non c'era a casa Schubert, beninteso, anche se ha una certa età...). Il fare musica intimo, raccolto e insieme gioioso di artisti che condividono una comune visione della musica e, appunto, del fare musica. 

Cominciamo dalla fine, dal bis. Il pianista anglo-coreano Hyungh-ki Joo (celebre anche per i suoi divertenti video social creati con il violinista russo Aleksej Igudesman), che aveva accompagnato per un'ora i due cantanti con mano fatata, si avvicina al proscenio e racconta: “Tre parole. Le prime tre parole di mio figlio, in quest'ordine: mamma, cacca (è importante la cacca, eh), papà. Al papà mi sono sciolto e ho deciso di scrivere una ninna nanna per farlo addormentare. E se vi addormenterete anche voi, vuol dire che la musica ha raggiunto il suo effetto”.

Melodia dolce, amorevole, cantata con grazia dal soprano lituano Asmik Grigorian e dal baritono svedese Karl-Magnus Fredriksson. Allieva e maestro, con l'allieva che è diventata a detta di molti (e anche di chi scrive) il più grande soprano in attività. Allieva che prima dell'ultimo lied cantato insieme, lo splendido “Zueignung” (“Dedica”) op. 10, n°1 di Richard Strauss, ringrazia il maestro per quello che le ha insegnato e lo abbraccia come una figlia potrebbe fare col padre. Tutto vero, tutto naturale, tutto bello, molto bello.

Riavvolgendo il filo, il concerto si era aperto con quattro pezzi brevi di raro ascolto: i vocalizzi di Ravel, Fauré, Rachmaninov e Bernstein, nei quali Grigorian ha mostrato tutto il suo prodigioso virtuosismo. Seguiti dagli altrettanto rari “Travel songs” di Ralph Vaughan Williams, una “mini”, raffinata “Winterreise” del musicista inglese, cantati da Fredriksson: voce chiara, elegante, della stessa pasta di quella del connazionale Peter Mattei (il baritono più amato da chi scrive, giusto per la cronaca). Qualche difficoltà nell'affrontare i passaggi in cui il volume cresce sulla tessitura alta, ma grande classe, capacità come pochi di entrare nelle profondità di una scrittura così ricca e variegata come quella del musicista inglese.

Il clou del concerto: nella seconda parte i capisaldi della letteratura liederistica

Il clou del concerto è stata la seconda parte, con alcuni capisaldi della letteratura liederistica di tutti i tempi. Innanzi tutto i “Vier letzte Lieder” di Richard Strauss, composti nel 1948 sulle macerie – psicologiche prima ancora che materiali – della guerra, intrisi di nostalgia e di un senso della fine non drammatico ma rasserenato. Avevamo già ascoltato dal vivo Asmik Grigorian confrontarsi con questo Everest della musica di tutti i tempi, nella versione orchestrale che certo riempie più il palato rispetto a quella pianistica. Ma è forse la dimensione scarnificata ed essenziale dell'accompagnamento che fa emergere ancora di più la grandezza dell'interprete, la perfezione dell'emissione in tutti i registri, la luminosità calda delle espansioni vocali, le smorzate sui pianissimi. È un'emozione tangibile che il pubblico ha raccolto con altrettanta emozione.

A seguire Fredriksson ha interpretato con eleganza i quattro meravigliosi “Lieder eines fahrenden Gesellen” (“Canti di un compagno errante”) di Gustav Mahler, altro omaggio all'archetipo schubertiano della “Winterreise”. Infine quattro perle straussiane: “Caecilie” (Grigorian), “Allerseelen” (“Il giorno dei morti” - Fredrikssen), il già ricordato “Zueignung” cantato insieme. E, penultimo nella lista di esecuzione, ma primo nei nostri cuori, il sublime “Morgen” (“Domani”) in cui Asmik – accompagnata da un Joo in stato di grazia – riesce a trasmettere a noi che l'ascoltiamo tutto il senso della bellezza del tramonto: “Verso la larga spiaggia d'onde azzurre, scenderemo lentamente in silenzio; muti, ci guarderemo negli occhi e su di noi il muto silenzio della felicità.”.

Ecco, felicità, la parola giusta se avessimo solo una parola a disposizione per descrivere questo concerto.








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