Milano
Sentenza Ciro Grillo: il nodo è cosa si intenda per "consenso" in un rapporto sessuale
La giurisprudenza è chiara: il consenso deve essere libero, consapevole e attuale. Non è necessario che la vittima si opponga fisicamente per configurare la violenza

Sentenza Ciro Grillo: il nodo è cosa si intenda per "consenso" in un rapporto sessuale
Partiamo dai fatti. Il 22 settembre 2025 il Tribunale di Tempio Pausania ha emesso la sentenza di primo grado nel processo che ha visto imputati Ciro Grillo, Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia, accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza italo-norvegese di 19 anni. I fatti risalgono all’estate del 2019 e sarebbero avvenuti a Porto Cervo, in Costa Smeralda, dopo una serata trascorsa insieme.
La vicenda, fin dall'inizio, ha attirato una forte attenzione mediatica, ma il processo si è svolto nel rispetto delle regole del procedimento penale, con un lavoro approfondito da parte della magistratura. Alla fine del dibattimento, il Tribunale ha condannato Grillo, Lauria e Capitta a 8 anni di reclusione, mentre Corsiglia ha ricevuto una pena leggermente inferiore, 6 anni e 6 mesi, perché assolto da uno dei capi d’imputazione.
L’accusa per tutti era molto grave: violenza sessuale di gruppo, un reato previsto dall’articolo 609-octies del Codice Penale. Questa norma punisce più severamente rispetto alla violenza sessuale “semplice”, quando il reato viene commesso da più persone insieme. Va specificato che non è necessario che tutti partecipino attivamente agli atti, né che li assistano direttamente: è sufficiente che siano presenti nel luogo dove si compie l’abuso e che, con la loro presenza, rafforzino l’azione del singolo o contribuiscano in modo causale alla realizzazione del reato.
Uno dei punti centrali del processo è stata la valutazione del consenso. Secondo la Procura, la giovane si trovava in una condizione di inferiorità psicofisica, aggravata dall’alcol che, a suo dire, le sarebbe stato fatto bere contro la sua volontà. In tale stato, sosteneva l'accusa, la ragazza non era in grado di esprimere un consenso libero, consapevole e attuale ai rapporti, rendendo così quegli atti violenti a tutti gli effetti. Di tutt’altra opinione le difese degli imputati, che hanno sempre parlato di rapporti consensuali.
Come spesso accade nei casi di reati sessuali, uno tra gli elementi determinanti è stato quello della credibilità delle parti in causa. Il pubblico ministero ha sottolineato come la vittima abbia mantenuto una versione coerente dei fatti nel corso del tempo, mentre gli imputati, secondo l'accusa, avrebbero cambiato più volte la propria narrazione man mano che venivano fuori nuovi elementi nel corso delle indagini.
Durante il processo sono stati acquisiti numerosi elementi probatori: messaggi, fotografie, testimonianze, ricostruzioni temporali. Evidentemente, il Collegio ha ritenuto che questo materiale fosse sufficiente a superare la soglia dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”, che rappresenta lo standard richiesto per emettere una condanna in ambito penale.
Dal punto di vista giuridico, il caso ha portato all’attenzione pubblica un tema molto delicato: cosa significa davvero “consenso” nei rapporti sessuali? In Italia, la giurisprudenza è chiara: il consenso deve essere libero, consapevole e attuale. Non è necessario che la vittima si opponga fisicamente per configurare la violenza. L’assenza di reazione, infatti, può derivare da shock, paura o da uno stato di alterazione psicofisica. La mancanza di un “no” esplicito, quindi, non equivale automaticamente a un “sì”.
Al di là del singolo caso, questa sentenza assume un significato che va oltre il procedimento giudiziario. Rappresenta un segnale importante per tutte le donne vittime di abusi: dimostra che, anche in processi complessi e delicati, c’è la possibilità concreta di essere ascoltate, credute, e di ottenere giustizia. Non si tratta solo di applicare il diritto penale: la giustizia, in questi casi, serve anche a riaffermare valori fondamentali come la tutela della dignità e della libertà sessuale. In particolare, la violenza sessuale di gruppo rappresenta una delle forme più gravi, degradanti e traumatiche di lesione di questi diritti, e la risposta dello Stato deve essere netta e decisa.
Avv. Simona Ceretta – Lexpertise Legal Network