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Primarie Pd Milano, Minniti: "Ecco il mio programma. Iscritti siano centrali"

Primarie Pd Milano, Minniti: "Rimettiamo al centro gli iscritti. Ecco il mio programma"

Quella per la segreteria metropolitana del Pd non è una questione per pochi appassionati di politica. Perché il prossimo segretario metropolitano individuerà il percorso per scegliere il candidato del centrosinistra alla carica di sindaco di Milano dopo Beppe Sala. Un passaggio fondamentale, decisivo. In campo ci sono due nomi. Quello di Alessandro Capelli, sostenuto da gran parte del partito. E quello di Santo Minniti, 39 anni, origini calabresi ma milanese doc. Santo Minniti è presidente al secondo mandato di zona 6 rieletto a furor di popolo. Affaritaliani.it Milano lo ha intervistato. Nei prossimi giorni toccherà ad Alessandro Capelli.

Questa è una corsa a due e il favorito è Alessandro Capelli. Lei è l'underdog. C'era bisogno di un underdog?

Chi è il favorito e chi è l'underdog lo decidono le iscritte e gli iscritti, che si esprimono con i congressi, nei loro circoli, non le correnti con le trattative riservate. O almeno questo è il mio modo di intendere il Partito
Io ho sempre inteso la mia partecipazione politica come servizio, e credo che serva oggi più che mai un momento di confronto e di dibattito a tutti i livelli. Il risultato dei congressi locali non deve essere legato a quello nazionale. Siamo un partito che riconosce autonomia ai territori, e le logiche locali prescindono dalle scelte romane. A livello locale il congresso deve poter rimettere al voto degli iscritti le diverse idee sulla città metropolitana di Milano che si confrontano.

Quindi la candidatura unica non era by definition la cosa giusta...

Chi guida le comunità lo decidono gli iscritti e le iscritte. Il suffisso democratico del nostro partito non è un orpello. E non dev'essere un esercizio voto e stanco quello della democrazia interna. Gli iscritti vanno coinvolti in tutte le scelte principali del partito, e scegliere chi guida la comunità democratica è uno di questi momenti fondamentali. Il congresso unitario è frutto solo del fatto che persone che sono in vista nel partito si mettono d'accordo. E questo non mi piace.

Parliamo dei capicorrente, dunque. I capicorrente stanno su Capelli...

Diverse persone in vista nel partito hanno lavorato in questi mesi in quella direzione. A me interessa però ascoltare le iscritte e gli iscritti semplici, che sono la maggioranza e che non rispondono alle indicazione delle correnti.

Anche lei è un'espressione di un'area del partito...

Non ho mai fatto parte di una corrente in 15 anni di militanza. Ho voluto credere nel fatto che questo partito sia "scalabile" davvero, senza necessità di avere altre appartenenze se non quella al PD. W in questi mesi non ho fatto trattative, non ho offerto posti a nessuno ma ho tenuto il confronto sulla direzione e il meodo che il PD dovrebbe a mio avviso darsi. E uno di questi aspetti riguarda il fatto che il congresso debba essere competitivo. Su questo aspetto si stanno già aggregando molte persone, con orientamenti trasversali.

E allora veniamo ai programmi: tre cose per il partito.

Primo. Deve contare l'iscrizione al PD. Gli iscritti devono essere coinvolti, anche per le scelte principali delle amministrazioni dove governiamo. La nostra idea è di fare una conferenza metropolitana ogni anno e referendum delle iscritte e degli iscritti su questioni dirimenti. Il partito si è a volte arenato su questioni spinose e non è stato capace di fare mediazione, coinvolgere e determinare una linea su temi importanti: penso ad esempio allo Stadio, ad Area B. Quelli sono momenti in cui coinvolgere le iscritte e gli iscritti può rafforzare le nostre posizioni.

Secondo. 

Città metropolitana. Milano non può bastare a se stessa. Deve coinvolgere i comuni per vincere le competizioni internazionali a cui spesso Milano si candida da sola, non è un metodo efficace. Ma ancora di più la Citta Metropolitana deve incidere sulla vita quotidiana di chi la vive. Il caro affitti, la difficoltà di una sistemazione abitativa, sono argomenti che vanno oltre Milano e devono essere affrontati in ottica metropolitana. Il Pd deve fare sintesi di tutte le esigenze e mettere a sistema tutte le potenzialità ragionando di una città di 3 milioni di abitanti.

Terzo.

Vicinanza ai circoli e alle iscritte e iscritti. Abbiamo circoli che fanno fatica a pagare l'affitto, e che sono sempre più vuoti. Abbiamo bisogno di ravvivare il senso della partecipazione a un partito. Se apriamo alla partecipazione e sappiamo coinvolgere nelle scelte chi si iscrive al PD, le iscrizioni arrivano.

Per lei è un problema che il competitor Alessandro Capelli arrivi da Sel?

Per me non è un problema. Il nostro è è deve essere un partito aperto. Non riesco però a riconoscermi nella sua storia. Alessandro è arrivato da Sel un paio di anni fa avendo praticamente da subito un ruolo da vicesegretario del Pd. Credo che chi guida una comunità debba conoscerla profondamente e magari aver contribuito a costruirla. 

Rispetto alla candidatura di Silvia Roggiani che cosa pensa?

Io apprezzo molto sia il suo modo di fare politica sia il lavoro che ha fatto nella segreteria metropolitana. Su certe cose andrei certo in discontinuità, ma su molte altre, la maggior parte, ho apprezzato la sua guida. Lei è una nativa democratica, ha fatto un grandissimo percorso di militanza con grande generosità. Una ragazza cresciuta all'interno del partito ne diventa la guida: è un bellissimo messaggio. E' la persona giusta per guidare la Lombardia alla vittoria nel 2028. 

Il prossimo segretario metropolitano milanese guiderà il processo di selezione del candidato sindaco dopo Beppe Sala...

Sicuramente useremo lo strumento delle primarie per evitare che la scelta sia influenzata da persone che magari hanno una grande capacità di mobilitare all'interno del partito ma non una grande capacità di attrarre voti dall'esterno. Milano chiede alle varie formazioni politiche nomi validi, e il percorso delle primarie ha rafforzato una già ottime candidature come quella di Beppe Sala e prima di Giuliano Pisapia. Poi si può sempre sbagliare, anche con scelte democratiche, ma è sempre meglio sbagliare decidendo in tanti che sbagliare decidendo in pochi.
 

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