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Smog, perchè gennaio e febbraio sono i mesi critici a Milano e in Lombardia
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Smog, perchè gennaio e febbraio sono i mesi peggiori a Milano e in Lombardia

Il dibattito sull'inquinamento dell'aria a Milano ed in Lombardia di questi giorni ha raggiunto picchi di grande intensità e parossismo. Si potrebbe azzardare una previsione: le piogge che i meteorologi danno per imminenti spazzeranno via il tema dalle home page dei giornali e dalle bacheche dei social, che saranno riempite da altre polemiche. E sarà un'occasione persa, perchè il tema è assolutamente reale e serio.

Il paradosso lombardo: aria irrespirabile, ma in costante miglioramento

Anche tralasciando la discutibile classifica di IQAir che tramite il megafono di Selvaggia Lucarelli ha fatto allarmare per una "Milano peggio di Pechino", l'aria in questi giorni in Pianura Padana è stata decisamente pesante ed insalubre. Una verità oggettiva che convive con un'altra verità altrettanto fondata: è da venti anni che i livelli di Pm10 a Milano e in Lombardia sono nel complesso in diminuzione. Parlano i dati. Gli stessi dati che raccontano di una storia che si ripete: è sempre a gennaio e a febbraio che l'aria per i milanesi e i lombardi si fa particolarmente irrespirabile. Vediamo perchè.

I fattori che espongono la Lombardia all'aria inquinata in inverno

Un primo inquadramento della questione giunge dalla nota diramata da Arpa Lombardia nella giornata di martedì 20 febbraio: "Le Alpi e gli Appennini chiudono la pianura padana su tre lati determinando la velocità del vento tra le più basse d’Europa, con la formazione di frequenti inversioni termiche notturne . Si crea così una situazione in cui le emissioni di tutto il bacino ristagnano con valori di concentrazione di particolato elevati ed omogenei in tutto il territorio. Durante lo scorso anno le precipitazioni di gennaio e diversi episodi di Foehn a febbraio hanno evitato il verificarsi di questa situazione, che è purtroppo frequente in questi primi mesi. Ciò che sta avvenendo è confrontabile in linea generale con quanto rilevato gli anni scorsi e migliore di quanto si misurava cinque, dieci o vent’anni fa".

Ci sono dunque specifiche caratteristiche della Pianura Padana che la rendono particolarmente esposta ad un alto tasso di inquinamento dell'aria in inverno, specie nelle aree urbane e metropolitane. In primis essere circondata su tre lati da catene montuose, circostanza che crea a gennaio e febbraio un bacino di aria fredda e umida, che limita  la dispersione degli inquinanti. A limitare la dispersione contribuisce anche l'inversione termica dovuta invece all'alta pressione, con masse d'aria calda che sovrastano quelle fredde. Le quali rimangono così bloccate a livello del suolo. Solo l'irrompere di venti portati dalle perturbazioni consente in inverno di spezzare questa gabbia. Nei mesi più caldi, sono irraggiamento solare ed alte temperature a consentire invece all'aria di eludere tale pressione. Al quadro si aggiunge di recente anche uno degli effetti del cambiamento climatico: ovvero la persistenza in tutta Europa nei mesi invernali di anticicloni particolarmente tenaci, in grado di tenere alla larga quelle perturbazioni che sarebbero provvidenziali.

Cosa scatena l'emissione di sostanze inquinanti

Se questi sono i fattori puramente geografici e meteorologici che rendono la pianura padana particolarmente predisposta alla permanenza nell'aria degli elementi inquinanti, la miccia che innesca l'emissione di sostanze nocive è naturalmente, a partire dalla fine dell'Ottocento, il grande sviluppo industriale ed urbano di questa area. A cui ha fatto seguito il notevole sviluppo del traffico veicolare e delle attività agricole.

Tutti elementi che concorrono in modo decisivo. Anzi. Come emerso da una ricerca dell'Unità investigativa di Greenpeace Italia in collaborazione con ISPRA il 54% delle polveri sottili respirate in Lombardia proviene da riscaldamento domestico e allevamenti intensivi. Solo la restante parte dalle emissioni sono dunque causate dai veicoli e dai processi industriali. Ed anche per quanto riguarda il riscaldamento domestico, a fare più danni sono caminetti e stufe a legna e a pellet, rispetto agli impianti a gas o gasolio.

Il reale peso dei veicoli, del riscaldamento, degli allevamenti

Due ultime annotazioni:. La prima: esistono diversi inquinanti. Spesso sentiamo parlare di Pm10, ma più insidioso è il Pm 2.5. Il particolato inferiore a 2,5 micrometri di diametro, particelle che riescono a penetrare più facilmente nell'apparato respiratorio. Due: se parte del particolato viene emessa direttamente, buona parte di esso è costituita invece da inquinanti secondari che si formano in atmosfera a seguito di reazioni chimiche e fisiche. E' così in particolare modo per i nitrati, il risultato di settimane di trasformazione nell'aria dell'ammoniaca prodotta in agricoltura.

Quindi se cercare di ridurre le emissioni inquinanti delle vetture non è sbagliato in sé, serve anche la consapevolezza che per avere un'aria più respirabile in Pianura Padana ancora più efficaci risulterebbero interventi sui riscaldamenti domestici e sugli allevamenti. 








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