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Milano
Superbonus 110%, Grella: "Pasticcio populista all'italiana"
Umberto Grella

Superbonus 110%, Grella: "Pasticcio populista all'italiana"

Il super bonus 110% è senza dubbio uno dei provvedimenti più noti e discussi tra quelli previsti dal decreto rilancio “in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”.  Una misura nata per agevolare interventi di rinnovamento energetico e riduzione del rischio sismico (elevando al 110% l’aliquota di detrazione delle spese riguardanti attività di questo genere), finita presto al centro di numerose polemiche per le truffe che ne sono malauguratamente scaturite. A questo proposito, è entrato in vigore lo scorso 25 febbraio il decreto che introduce “misure urgenti per il contrasto alle frodi e per la sicurezza nei luoghi di lavoro in materia edilizia, nonché sull’elettricità prodotta da impianti da fonti rinnovabili”.

Del superbonus e, più in generale, delle città post pandemia abbiamo parlato con Umberto Grella, avvocato amministrativista esperto nei rapporti e nei contenziosi tra cittadino e pubblica amministrazione, con una particolare attenzione rivolta all’urbanistica.

Cosa ne pensa del superbonus 110%? Che cosa è accaduto sul mercato, che impatto ha avuto e cosa bisognerebbe fare oggi?

Un pasticcio all’italiana scritto da inesperti un po’ populisti. Ma – eterogenesi dei fini - ha consentito ai ricchi di sistemare le loro ville con i soldi delle tasse dei poveri e ha drogato il mercato delle costruzioni. Fantastici questi Robin Hood all’amatriciana. Ho consigliato ad alcuni clienti di non avvalersene sia perché accompagnato da norme fumose con grave rischio di denunce penali e fiscali successive, sia perché immorale. Mi pareva già sufficiente il bonus 50% per rilanciare l’edilizia. Così invece si rilanciano solo i prezzi dell’edilizia e si stimolano una serie di frodi colossali, come denunciato giustamente dal Ministro Franco. Da eliminare senza indugio: confido nel Presidente Mario Draghi.

Il Covid ci obbliga a ripensare lo spazio urbano: in che modo?

Una piccola rivoluzione. La città improvvisamente diventa un po’ meno attrattiva e si riscopre la possibilità di vivere anche in periferia, specie se in zone verdi, rurali ed ambientali. Si riduce verso le città il traffico e l’afflusso di pendolari, che migliorano la qualità della loro vita. Le riunioni in presenza sono diventate quasi una eccezione, tutti si vedono su Teams o Zoom. Perfino le cause si fanno davanti ad uno schermo e non in Tribunale. Lo spazio urbano si trasformerà di conseguenza, meno uffici in città, più appartamenti con spazi dedicati al lavoro da remoto e con ampi balconi o giardini. L’impatto psicologico del Covid è stato notevole e ha cambiato la mentalità dei cittadini ed il loro modo di vivere e lavorare.

In che modo la sua area di competenza si incrocia con il tema della rigenerazione urbana e perché’ il suo punto di vista è piuttosto privilegiato sull’argomento?

Sono un avvocato amministrativista esperto nei rapporti e nei contenziosi tra cittadino e pubblica amministrazione, con particolare focus sul tema urbanistico, edilizio e del real estate. Ho anche vissuto esperienze come amministratore pubblico e come project manager di interventi edilizi. Ho anche disegnato progetti urbanistici ed edilizi perché l’architettura è una mia passione. Sono consulente di imprese, professionisti e del Consiglio Nazionale dei Geometri. Insomma un mix di esperienze particolari che mi consente di affrontare le problematiche della rigenerazione urbana con una visione d’insieme. Una competenza ed una specializzazione sperimentata sul campo, anche con il caschetto di cantiere. 

Come si immagina le città del futuro?

Il mondo va sempre avanti, non ha senso la nostalgia del passato, saranno migliori e più vivibili di quelle di oggi. E molto diverse.

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