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Milano
Torino si vanta del Salone del Libro. Ma con soldi pubblici a gogo
Credit Photo Nick Zonna

di Fabio Massa

Già domani si potrebbe sapere qualcosa dell'AIE, l'associazione degli editori che potrebbe cambiare il proprio vertice. Il presidente Federico Motta è un vertice di lunga esperienza: alla guida dell'associazione confindustriale dal 1997 al 2009, e adesso in scadenza. Il suo sostituto potrebbe essere l'onorevole del Partito Democratico Ricardo Franco Levi, in parlamento fino al 2013 in commissione cultura e sottosegretario alla presidenza con Prodi. Secondo quanto può riferire Affaritaliani.it Ricardo Franco Levi potrebbe essere un uomo di grande mediazione nel pasticcio che si è venuto a creare tra Milano e Torino, con i due saloni contrapposti. Federico Motta è infatti stato uno dei più strenui sostenitori della necessità di dare vita a un salone alternativa sotto la Madonnina. Con risultati ancora non all'altezza, ma comunque positivi per essere una prima edizione. Certo, con molte ingenuità, come la scelta sbagliata delle date e il mancato coinvolgimento delle scuole. E l'uso praticamente inesistente di fondi pubblici. Anche questo, un dettaglio che poco viene messo in luce nel derby tra Milano e Torino. A Torino l'accoppiata Chiamparino-Appendino ha preso misure drastiche di finanza pubblica, sul Salone. "Senza i soldi pubblici il Salone del libro non esisterebbe più da un pezzo. Solo che nel gran pasticcio di società private e enti pubblici, fondazioni e privati, qualcosa si è evidentemente perso per strada. Soldi, perlopiù. Pubblici, almeno in parte. 

Intanto, nel futuro immediato non c’è solo il nuovo buco dei conti. C’è un finanziamento da 2,6 milioni di euro con Banca Prossima (gruppo Intesa Sanpaolo) in scadenza. Ci sono i debiti verso i fornitori che hanno raggiunto 1,7 milioni di euro alla fine di dicembre scorso, data dell’ultimo bilancio. E un patrimonio netto eroso anno dopo anno per ripianare le perdite, nonostante appunto i generosi contributi pubblici che negli anni hanno garantito la sopravvivenza del Salone del libro e della Fondazione per il libro, la musica e la cultura che la gestisce. Senza i contributi di Regione, Provincia e Comune - circa 3 milioni di euro solo negli ultimi tre anni - la voragine sarebbe infatti ben più ampia", scriveva la Stampa il 12 settembre 2015, in tempi non sospetti. Un anno fa circa, si leggeva sul blog "sulromanzo.it" che nella rosa dei soldi pubblici al Salone fanno "parte il contributo della Regione Piemonte di 737.330 euro, quello del Comune di Torino di 800.925 euro, della CCIAA di Torino di 60.000 euro, di San Paolo e Ministero dei Beni culturali entrambi di 150.000 euro". A questi poi si sono aggiunti i 300mila del Mibact e i 300mila del Miur. Di più: quest'anno pare che Chiamparino stia studiando una ricapitalizzazione per rimpinguare le casse della Fondazione per il libro. Insomma, il succo del discorso è che il Salone del libro di Torino ha successo, ma costa un sacco. E sono soldi pubblici. A Milano il successo non c'è stato (ma ci sono stati errori) ma di soldi pubblici pochini e forse anche niente. Rimane la patata bollente a Ricardo Franco Levi, se sarà lui il presidente. E se sarà lui il presidente, corre l'obbligo di ricordare un vecchio post del blog di Beppe Grillo, datato 2011: "Ricardo Franco Levi, il pdimenoellino che propose la legge bavaglio sulla Rete come sottosegretario all'editoria del Governo Prodi, è ancora in circolazione a protezione degli interessi delle lobby degli editori. Mentre in Corea del Sud vengono eliminati definitivamente i libri cartacei dalle scuole, Levi è riuscito dopo due anni di duro lavoro a far approvare la nuova disciplina del prezzo dei libri". Chissà come la prenderà Chiara Appendino.

fabio.massa@affaritaliani.it

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