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Politica
Conte usa l'Aikido contro Renzi. Lo stana e se serve lo scarica

 

Giuseppe Conte si presenta in conferenza stampa per tracciare il bilancio del difficile anno che si sta per chiudere e veste i panni del maestro di Aikido, arte marziale giapponese che si basa sul principio di non attaccare ma sfruttare la forza aggressiva dell'avversario per ritorcela contro lui stesso. La partita ovviamente è quella con Matteo Renzi. Una partita che assomiglia molto a quella dell'estate del 2019 con l'altro Matteo, Salvini, anche se in quel caso la crisi di governo era già aperta, almeno nei fatti, ben prima delle pazze serate del Papeete. Il premier con la sua conferenza stampa di fine anno non ha concesso nulla alle richieste di Italia Viva e, in attesa di confrontarsi più seriamente e opportunamente sui contenuti e sulle proposte concrete interrompendo il balletto degli ultimatum e delle “dimissioni ventilate”, ha rilanciato la palla nel campo di Renzi.

Dovrà cioè essere l’ex premier, se ritiene, a provocare la rottura. La frase chiave, sottolineano fonti qualificate vicine a Conte, è: "Se verrà meno la fiducia di un partito, andrò in Parlamento". Stesso schema usato più di un anno fa con il segretario leghista. In sostanza, deve essere il leader di Italia Viva a sfiduciare il governo in Aula, apertamente e alla luce del sole, davanti agli italiani e al mondo intero. A favore del premier giocano una serie di fattori, primo fra tutti la necessità di stabilità politica, mai come oggi fondamentale e necessaria, anche e soprattutto agli occhi dell'Unione europea che vede proprio in Conte il negoziatore e l’interlocutore sul Recovery Fund. "Non sarebbe serio un Paese che cambia esecutivo ogni sei mesi, anche e soprattutto nei confronti di Bruxelles", spiegano fonti qualificate.

Senza dimenticare un altro punto fondamentale e cioè che a scrivere il Recovery Plan, messa da parte la contestata cabina di regia, non sarà Conte ma soprattutto i ministri Gualtieri e Amendola, ovvero due esponenti del Partito Democratico. Ecco perché, si fa osservare, infine Zingaretti ha messo il silenziatore alle critiche e i Dem continuano a gettare acqua sul fuoco per cercare di spegnere l'incendio renziano.

Ma se davvero si arrivasse al redde rationem con Italia Viva? Anche al Senato (a Montecitorio all'esecutivo bastano i voti di M5S e Pd) il peso numerico di Renzi e dei suoi non è poi così determinante. In primo luogo perché qualche senatore di IV potrebbe non seguire la strada dell'eventuale strappo, poi perché i renziani potrebbero essere sostituiti da una pattuglia di centristi e da qualche ex berlusconiano (in modo da non mettere in imbarazzo i 5 Stelle) che non intende seguire la linea di un Centrodestra a trazione sovranista guidato dal duo Salvini-Meloni. I nomi che circolano sono quelli di Binetti, Saccone e De Poli. Ma anche i senatori vicini a Toti come Berutti, Quagliariello e Romani. L'operazione potrebbe anche attrarre alcuni potenziali fuoriusciti di Forza Italia (Bergamini, Napoli e Polverini). E, pare, anche Lonardo (moglie di Mastella) potrebbe decidere di aderire.

Nel Gruppo Misto, del resto, i movimenti sono tanti e non bisogna dimenticare che ci sono gli ex M5S che, seppur critici, potrebbero cambiare la loro posizione se in ballo ci fosse lo spettro del ritorno al voto: ad esempio Buccarella, De Bonis, Ciampolillo, Martelli, ma anche le senatrici Drago, Fattori e Pacifico. Occhi puntati infine sugli ex grillini Ragusa e Vizzini, fresche di adesione alla compagine Centro democratico. Ma anche su De Falco, Marilotti e Di Marzio.

Quanto infine allo scenario elettorale, che comunque al momento non è all'ordine del giorno visto che a Palazzo Chigi sono convinti di andare avanti o con Renzi o senza grazie ai neo-responsabili, al momento sono aperte due strade. Quella della lista del presidente del Consiglio - negli ultimi giorni è spuntato un progetto dal nome Italia23 che aspirerebbe a essere quella lista di “società civile” pronta a sostenere Conte alle prossime elezioni - e quella che vede il premier alla guida del Movimento 5 Stelle. Una soluzione che la maggior parte dei pentastellati valuta come "naturale" e "già nelle cose", con il ministro degli Esteri Di Maio obbligato a prendere atto dei rapporti di forza interni, decisamente a favore di Conte.

Insomma, l’Avvocato, politicamente molto cresciuto e divenuto scaltro, forte di un solido consenso personale tra gli italiani, usa la mossa dell'Aikido con Renzi per stanarlo. E anche se l'ex presidente del Consiglio avesse il coraggio e la forza di sfiduciarlo, di soluzioni per superare l’impasse ve ne sono diverse.

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