Politica
Governo Draghi, pochi ministri del Sud? Sterili pianti, basta clientelismo

Il governo Draghi sceglie pochi ministri del Sud ed è subito polemica. Il Mezzogiorno utilizzi al meglio i fondi statali e Ue, basta con gli sprechi
“Governo, la questione Sud”, ha titolato, ieri, “Il Mattino”, per sottolineare la netta prevalenza, nel governo Draghi, dei ministri del Nord: bel 18, solo 6 da Firenze in giù, 2 campani, la bella forzista, anti-Salvini, Mara Carfagna, 45 anni, di Salerno, e il grillino, con il congiuntivo debole, Gigino Di Maio, 34 anni, di Pomigliano d’Arco.
Insomma, l’Italia di Mario Draghi si è fermata a Potenza. E, dal governo con più siciliani della storia della Seconda Repubblica, si è passati a quello con zero. Qualcuno ha voluto esaminare l’albero genealogico di Vittorio Colao, il super-manager bresciano, che si occuperà della Transizione digitale, per trovare origini calabresi, come un Arcuri qualunque...Delusione, dunque, sotto il fiume Garigliano, sia per i nomi dei ministri sia per la loro provenienza geografica. La Sicilia e la Calabria sono state, totalmente, dimenticate.
E, in questa fase-con la programmazione del Recovery Fund, e l’intenzione dell’Unione Europea di destinare molti soldi alle regioni meridionali-tale elemento potrebbe contribuire ad allargare, ancora di più, il gap tra Nord e Sud. Da non sottovalutare, tuttavia, la nomina di Antonio Funiciello a capo di Gabinetto di Draghi. È di Caserta, ha 45 anni, è pubblicista, si è laureato in Filosofia, all'Università Federico II di Napoli. All’interno della Lega, stavolta, ha subito una frenata l’intenzione di Salvini di trasformare il Carroccio in un partito nazionale e ha prevalso la linea nordista dì Giorgetti. Ma, per far ripartire il Mezzogiorno, gli imprenditori, i politici, la società civile del Sud non devono limitarsi a postulare, come in passato, con i cappelli in mano, nuovi fondi.
Ma dimostrasi oculati, e non dissipatori, nella spesa. Come ha sottolineato il nuovo Arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, calabrese, c’è bisogno di speranza, di riscatto e, nel capoluogo partenopeo, di un nuovo patto educativo. Basta con la retorica, attenzione a non cadere “in una cultura corrotta e mafiosa, in cui si dà, per carità, ciò che spetta alla gente, per giustizia”. Sinora, la politica è stata troppo lontana dalle strade e dai vicoli, dai problemi concreti della gente, dalle sue ferite e dalle sue fatiche.
La protesta per i pochi ministri meridionali è sterile se il Mezzogiorno si rassegna a convivere con i propri vizi enon riesce a liberarsi di una classe dirigente, non solo politica, modesta, parolaia e non credibile. E non archivia il clientelismo, liberandosi dagli inquinamenti dei poteri criminali. Purtroppo, a Napoli, ma anche a Reggio Calabria e in altre grandi e piccole città del Sud, il popolo non ha reagito, sinora, con efficacia, alla malapolitica e alla malasanità. Nelle campagne elettorali, si sentono grandi annunci di cambiamenti epocali e di storiche trasformazioni, mai attuate, anche a causa dell’indifferenza e della rassegnazione dei cittadini. A Napoli, alle ultime amministrative, ha votato meno della metà degli elettori...