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Politica
Il Mes fa emergere le due Leghe. L'ala Giorgetti frena gli anti-euro

Ennesima giornata di polemiche sul famigerato Mes, la riforma del Fondo Salva-Stati. Matteo Salvini non molla e in attesa dell'informativa di lunedì alla Camera di Giuseppe Conte continua ad attaccare a testa bassa: "Grazie alla Lega gli italiani sanno" del Mes "perché era un dibattito nascosto nelle segrete stanze, nei Palazzi tra Roma e Bruxelles. Adesso Conte dovrà spiegare. Gli italiani sanno che c'è un trattato che mette a rischio il loro risparmio e il loro lavoro per salvare le banche tedesche quindi se qualcuno ha firmato qualcosa senza comunicarlo al Parlamento e al popolo ne pagherà le conseguenze, molto serenamente. Io non ho mai avuto l'immunità parlamentare. Per essere un avvocato o è confuso o è ignorante perché il caso Diciotti di cui parla è una scelta politica mia e di tutto il governo a difesa dei confini, dell'orgoglio e della sicurezza dell'Italia. Da un premier io e gli italiani ci aspettiamo soluzioni, non minacce o querele ma faccia quello che vuole. Non sono preoccupato per la querela, sono preoccupato perché su Alitalia, Ilva, sulle crisi aziendali, sui trattati europei, sulla giustizia e la manovra non sa cosa fare. E questo è un dramma".

Insomma, il target dell'ex ministro dell'Interno è chiaramente il presidente del Consiglio. Ma se entriamo nel merito del Mes e più in generale dell'atteggiamento della Lega sull'euro e sull'Unione europea scopriamo che esistono due linee, non usa, con il segretario che cerca una non sempre facile sintesi. D'altronde che convivano anime diverse nella Lega non è un mistero. Giancarlo Giorgetti, ai vertici del partito fin da prima che Umberto Bossi lanciò il verbo della secessione della Padania, non ha mai in vita sua pronunciato la frase "usciamo dall'euro".

Non esiste nemmeno una dichiarazione in tal senso dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, neanche quando Salvini e Claudio Borghi nel 2014 giravano l'Italia con il BastaEuroTour definendo l'euro "una moneta sbagliata e da archiviare". D'altronde la svolta sovranista e nazionale che ha avvicinato la Lega alla famiglia delle destre europee, quella di Marine Le Pen, ha portato con sé l'innesto di economisti dichiaratamente anti-euro. Il primo fra tutti è il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Borghi, seguito da vicino dal presidente della Commissione Finanze del Senato Alberto Bagnai. Due esperti di economia che hanno fatto della battaglia alla moneta unica la loro ragione di vita (politica) e che sono stati portati dall'ex vicepremier e ministro dell'Interno ai vertici del partito.

Con loro, su posizioni simili ma meno nette, anche Marco Zanni, capogruppo di Identità Democrazia al Parlamento europeo, ex grillino passato poi nel Carroccio e responsabile esteri di Via Bellerio. A questo fronte di pasdaran che oggi alza i toni sul Mes per rilanciare la guerra contro Bruxelles si contrappone l'ala leghista di Giorgetti, amico personale dell'ex presidente della Bce Mario Draghi, uomo di collegamento tra la Lega e il Quirinale e con ottimi rapporti sia in Vaticano sia a Washington. Non a caso l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio non aveva escluso del tutto l'ipotesi di un ingresso nel Partito Popolare Europeo, magari in futuro. Ipotesi, invece, smentita solo pochi giorni fa in maniera categorica "Impossibile, mai" proprio da Zanni.

Al fianco di Giorgetti, quindi su posizioni meno dure contro euro ed Europa, e inevitabilmente oggi anche contro il Mes, ci sono anche l'ex viceministro dell'Economia Massimo Garavaglia (uomo pragmatico e vicino al mondo delle imprese), l'ex sottosegretario al Mef Massimo Bitonci, il tesoriere del partito Giulio Centemero e l'ex sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon. I leghisti negano scontri o liti ma parlano di "posizioni diverse e atteggiamenti differenti" con Giorgetti più vicino ai moderati e ai liberali di Forza Italia e con i sovranisti anti-euro Borghi e Bagnai che sparano alzo zero in una sorta di gara con Fratelli d'Italia a chi attacca di più Bruxelles.

A Salvini, e ai capigruppo Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, il compito della sintesi: abbandonata la via dell'uscita dall'euro e Conte nel mirino sul Mes. Soprattutto in chiave politica, nella speranza di far scoppiare le contraddizioni nella maggioranza e nel M5S viste le loro storiche posizioni anti-euro ribadite oggi da Alessandro Di Battista.

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