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Politica

di Corrado De Rinaldis Saponaro*

  Quasi un ventennio di confusione politica ha condotto l’Italia, e non solo, alla condizione del vivere giorno per giorno. L’assenza di visioni politiche condivisibili, ed il malgoverno, hanno portato al crescere di movimenti che hanno in comune esclusivamente la ricerca del consenso aggregando la rabbia dei cittadini. La crisi economica ha esasperato le tensioni, ed i fenomeni legati al terrorismo, sono stati il leitmotiv delle quotidiane cronache urbane; le autorità politiche europee hanno rincorso i fenomeni e non sono state in grado di attuare una strategia capace di superare i problemi, subordinando le soluzioni alle richieste della finanza internazionale. In Francia prima, con l’esplosione delle banlieue, e successivamente negli altri paesi, le tensioni si sono manifestate in violenti scontri di piazza per l’impossibilità di offrire soluzione adeguate.

   I cittadini italiani si sono sentiti traditi da una politica di scontro in presenza di una logica maggioritaria intesa come contrapposizione di due fazioni per le quali tifare, sperando nei benefici che avrebbero potuto generarsi dall’appartenere ad uno o all’altro gruppo. Questa situazione ha dato facile gioco alle soluzioni populistiche proposte da nuovi entranti della politica, e gli stessi partiti storici si sono adattati ad inseguire questi schemi.

   La voglia di leadership da parte di aspiranti in cerca di spazi personali hanno accentuato la frammentazione e condotto alla attuale struttura tripolare non più caratterizzata da valori condivisibili né tantomeno segnati da ideologie; la lotta è solo di potere e poco importa se i problemi non vengono affrontati. Si procede con il tentativo del rinvio, le risorse sono destinate a gruppi di potere, o disperse in mille rivoli per captare il consenso dei soggetti in gravi condizioni sociali. Lo iato tra la politica centrale incapace di governare ed il non governo delle autonomie sono la conseguenza più vistosa di quanto sopra e l’assenza di un quadro certo di riferimento portano alla ricerca di soluzioni approssimative.

   In questo quadro il PRI ritiene sia il momento di recuperare la funzione di coscienza critica e di propositore di soluzioni, non  facilmente comprensibili ed accettabili ma sempre in vista di soluzioni nell’interesse della collettività e non dei singoli gruppi di potere. Se pensiamo alla lucida analisi di Ugo La Malfa con la decisione di aprire i mercati nel dopoguerra, alla nota aggiuntiva   sulla situazione economica del Paese presentata alla Camera nel 1962 dallo stesso La Malfa,  alla ricerca dell’allargamento dell’area della democrazia, non attraverso l’accettazione o il rifiuto di ideologie bensì attraverso l’aggregazione attorno ad obiettivi condivisibili a favore dei cittadini, possiamo comprendere lo spirito che ci spinge oggi a riprendere con determinazione il cammino propositivo che poteva sembrare bloccato o assente, ma che era semplicemente offuscato dalle lotte di potere in corso.

   L’avviarsi di forme di democrazia non più mortificate dalle politiche maggioritarie, ci permette più facilmente di poter far sentire le nostre proposte. Il nostro convegno che si svolgerà a Roma il 12 maggio con inizio alle ore 16 presso l’Hotel Palatino sul  tema “Civiltà e democrazia urbana: la geografia economica  che non c’è”,  va in questa direzione. L’occasione rappresentata dalla legge Delrio relativa alla istituzione delle Città metropolitane   ci offre l’occasione per evidenziarne i limiti e per tentare di offrire soluzioni e spunti di riflessione. Meglio una riforma non fatta che una riforma sbagliata. Le città metropolitane sono quattordici "enti territoriali di area vasta" che hanno sostituito le province omonime. La Legge 7 aprile 2014 n.56 (Legge Delrio) disciplina le dieci città metropolitane delle regioni a statuto ordinario, i cui territori coincidono con quelli delle preesistenti province: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. A queste si aggiungono le quattro città metropolitane delle regioni a statuto speciale: Cagliari, Catania, Messina, Palermo. Le città metropolitane, come le Province italiane, sono enti di secondo livello governati da organi eletti tra i sindaci ed i consiglieri dei comuni ricompresi nella città metropolitana stessa

  La vera riforma è oggi programmare nuovamente e pianificare nei territori in ambito urbano, tornare a discutere delle macroregioni per un superamento della geografia costituzionale, prendere atto che l’attuale condizione degli enti locali rende impossibile organizzare la spesa: abbiamo bisogno di uno sviluppo armonico.

*segretario nazionale  Partito repubblicano italiano

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