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Politica
L'Emilia Romagna? Magra consolazione. Centrodestra in testa 13 Regioni a 6

LA MAPPA POLITICA PARLA CHIARO, CENTRODESTRA SALDAMENTE IN TESTA: 13 A 6

 

 

Emilia Romagna? Magra consolazione per la storica roccaforte rossa. Il minimo sindacale per scongiurare la tanto temuta Caporetto. Il gol della bandiera. Per ottenerlo però, paradossalmente, c’è voluta l’assillante onnipresenza di Matteo Salvini sull’intero territorio regionale. Il terrore dell’uomo nero ha letteralmente schiodato dalle poltrone oltre 1 milione di elettori che cinque anni fa disertarono le urne. Il dato dell’affluenza è lapalissiano; dal 36% al 67%. Un richiamo all’ordine per centinaia di migliaia di “compagni” accorsi in massa per salvare almeno la faccia. A livello partitico il PD scende dal 44% del 2014 al 34% di oggi, la Lega sale dal 19% del 2014 al 32%. Il partito di Via Bellerio triplica i voti passando dai 233.439 del 2014 ai 690.864 del 26 gennaio. Mentre al PD, nonostante il consistente aumento di votanti, non riesce nemmeno il raddoppio, poiché passa dai 535.109 del ’14 ai 749.976 di domenica scorsa.   

Dopo l’en plein del 2019, con Piemonte, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Umbria (tutte PD uscente e tutte vinte dal centrodestra), ora L’Emilia si salva in corner, ma grazie (sia ben chiaro!!!) al voto disgiunto degli alleati dell’emiciclo (i pentastellati ex anticasta ormai senza più anima e dignità), qualche traditore ufficiosamente Borgonzoniano, ma con interessi trasversali nella ricca Romagna e le civiche “civetta” in appoggio al candidato Bonaccini. E’ l’unica Regione ad aver resistito e non certo in maniera straripante ed eclatante, a differenza del ribaltone avvenuto in Calabra, l’ennesima passata da sinistra a destra. Proclami sensazionalistici, ma in realtà (se consideriamo il margine di scarto e il campo di “battaglia”) non è altro che il classico bicchiere mezzo vuoto. Se di vittoria si deve parlare dobbiamo buttare l’occhio a Jole Santelli che distacca di 25 punti percentuali il suo avversario, un Pippo Callipo che, ad onore del vero, si è dimostrato un signore sia per fair play che per coraggio. In meno di un anno saltano ben 6 governatori di centrosinistra e soltanto uno rimane al suo posto. 6 a 1, non considerando la debacle del 2018, con Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Molise (2 su 3 scippate anch’esse al Nazareno).

Se dunque ci allarghiamo ai 24 mesi precedenti (quindi 2018 compreso) di 10 regioni, 8  governate localmente dalla sinistra passano alla destra, mentre Lombardia ed Emilia Romagna rimangono ai rispettivi schieramenti uscenti, quindi Fontana al posto di Maroni e Bonaccini al posto di Bonaccini. Una sola riconferma per i democratici, L’Emilia appunto. Una riconferma e 8 conquiste invece per i “conservatori sovranisti”.              

Al di là dei citofoni, che hanno inzeppato le pagine dei giornaloni nell’ultima settimana, l’effetto Salvini si è visto (e come) anche perché per ottenere un certo risultato e in una regione del genere ci voleva un “quasi miracolo”. Il miracolo vero e proprio non c’è stato, ma non ci resta difficile ipotizzare quale inarrestabile corazzata Potemkin si sia messa in moto per bloccare il maledetto “invasor”.        

Attualmente sono 13 le regioni in mano al centrodestra e 6 al centrosinistra (compresi dissociati e civici non del tutto allineati). La Valle d’Aosta è esclusa. Sarebbe opportuno capire dove si configura la grande rinascita.

5 quota Lega:

Lombardia: centrodestra, presidenza Fontana

Veneto: centrodestra, presidenza Zaia

Friuli Venezia Giulia: centrodestra, presidenza Fedriga

Umbria: centrodestra, presidenza Tesei

Sardegna: centrodestra, presidenza Solinas

 

4 quota Forza Italia:

Piemonte: centrodestra, presidenza Cirio

Basilicata: centrodestra, presidenza Bardi

Molise: centrodestra, presidenza Toma

Calabria: centrodestra, presidenza Santelli

 

3 indipendentisti area Cdx:

Liguria: centrodestra, presidenza Toti (“Cambiamo”)

Sicilia: centrodestra, presidenza Musumeci (“DiventeràBellissima”)

Trentino Alto Adige: centrodestra, presidenza Kompatscher (SVP/Lega/Forza Italia).

 

1 quota Fratelli d’Italia:

Abruzzo: centrodestra, presidenza Marsilio

 

  

5 quota PD:

Emilia Romana: centrosinistra, presidenza Bonaccini

Lazio: centrosinistra, presidenza Zingaretti

Marche: centrosinistra, presidenza Ceriscioli

Toscana: centrosinistra, presidenza Rossi

Campania: centrosinistra, presidenza De Luca

 

1 indipendentista area Csx:

Puglia: centrosinistra, presidenza Emiliano 

 

1 indipendentista autonoma:

Valle d’Aosta: presidenza (ad interim) Testolin (Unione Valdotaine)

 

La somma dei votanti (realmente recatisi alle urne) nelle regioni di centrodestra ammonta a circa 17 milioni contro gli 11 milioni e 800 mila nelle regioni di centrosinistra.     

 

In Veneto, Puglia, Campania, Toscana e Marche a breve si tornerà al voto per il rinnovo dei consigli regionali, così come in Liguria. Sarà interessante vedere cosa accadrà nelle poche regioni rimaste in mano ai democratici e come si comporterà l’elettorato nelle città non a tradizione ultrapartigiana e fuori dai confini delle “allegre” sardine.        

Nonostante i numeri parlino chiaro, da Roma, in queste ore, si è alzato un grido alquanto bizzarro: “il vero sconfitto è Salvini!!!”. Un’uscita piuttosto contraddittoria se si considera che il governo centrale è tenuto in piedi da un movimento (5S) che nel Paese Italia è totalmente scomparso dai radar. Sarebbe opportuno ricordare a Palazzo Chigi la storiella della trave e della pagliuzza, ossia che i veri fantasmi, falliti, morti e ormai sepolti, dopo le ultime tornate elettorali, sono da individuare in quelli che costituiscono l’attuale maggioranza parlamentare. Si preoccupino piuttosto dei rapporti di forza che, inevitabilmente, anche in vista delle delicate nomine, si andranno ad innescare sia a Montecitorio che a Madama. Il bue disse cornuto all’asino. L’ipocrisia della politica italiana non smette mai di sorprendere. 

 

 

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