Il pressing è fortissimo. Tutti i principali esponenti del Movimento 5 Stelle, dai ministri Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli passando per Paola Taverna e per l'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, stanno lavorando per convincere Giuseppe Conte ad accettare il ruolo di leader e capo politico dei pentastellati. La notizia pubblicata da Il Fatto Quotidiano secondo la quale l'ex premier avrebbe già detto di sì viene definitiva da fonti qualificate del M5S "una forzatura" di Travaglio.
Conte - in sostanza - starebbe seriamente valutando la proposta, ma la decisione finale non è stata ancora presa. Anche perché il cammino verso la leadership del Movimento non è affatto in discesa. Pochi giorni fa la base ha votato a favore del nuovo direttorio a cinque, in sostituzione di Vito Crimi, reggente il cui mandato è scaduto da tantissimo tempo, e, quindi, per consentire all'ex presidente del Consiglio di diventare capo politico servirebbe un nuovo passaggio sulla piattaforma grillina.
Forse è anche per questo che Conte non ha ancora sciolto la riserva, consapevole sia della forza che avrebbe come leader del primo partito in Parlamento (rispetto all'incognita di lanciare un nuovo soggetto politico) sia della difficoltà di governare un partito che, di fatto, ha appena subito una scissione con le espulsioni dei deputati e dei senatori che non hanno votato la fiducia al governo Draghi e che non è certo coeso. Anche Beppe Grillo, che resterebbe comunque il garante e il padre nobile del Movimento, è favoevole all'ipotesi Conte leader e si sta muovendo in questo senso.
L'unico non convinto dei vertici grillini è Davide Casaleggio, referente della piattaforma Rousseau e ancora legato all'ormai ex M5S Alessandro Di Battista. Fonti pentastellate definiscono quella di Conte come l'unica strada per ritrovare l'unità (anche se appare ormai impossibile recuperare i vari Morra, Lezzi e Dibba) e soprattutto rilanciare il Movimento. La scelta dell'ex premier avrebbe anche un impatto sull'esecutivo e sulle prossime elezioni amministrative: rafforzerebbe l'asse con il Pd e con LeU all'interno della nuova, eterogenea, maggioranza e darebbe il via libera all'accordo per le Comunali (anche se resta il nodo Roma-Virginia Raggi) e le Regionali in Calabria.
E' evidente, però, che se Conte decide di diventare il leader del M5S si fa in salita la strada che lo porta a essere il candidato premier dell'intera coalizione, in quanto sarebbe espressione di un partito e non più dell'alleanza.
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