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PD ovvero come non imparare mai dagli errori
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La comunicazione del cambiamento

C'era una volta il partito del 41%. Non secoli fa ma 4 anni or sono. Le cose cambiano rapidamente e radicalmente. È successo per il centrodestra di Berlusconi, è accaduto per L'Ulivo di prodi, è accaduto per il PD di Renzi, è accaduto per il movimento Cinque Stelle cinque anni fa tra le politiche, le amministrative dello stesso anno e le europee di quello dopo (da primo partito italiano a secondo partito doppiato dal PD di renzi) e è successo di nuovo tra le politiche e le amministrative quest'anno. È successo anche in cinque anni alla lega di Matteo Salvini sia alle politiche che alle amministrative 2018 e chissà cosa accadrà nel 2019.

Ma in questa volatilità del voto per tutti i partiti nel paese che era famoso per gli "zoccoli duri" degli elettorati rossi e bianchi una cosa ci sorprende ancora. La capacita' di alcuni partiti di riuscire a aiutare la volatilità reiterando ossessivamente gli stessi errori. Uno degli errori più gravi che si possano fare in politica (e non solo) è quello della scelta dei tempi. Sabato a Roma il Partito Democratico ha fatto una scelta di tempi clamorosamente sbagliata. Ha scelto di fare due errori in uno. Il congresso del dopo sconfitta del 4 marzo 2018 hanno scelto di celebrarlo un anno dopo nella primavera 2019 prima delle elezioni europee.

Perché due errori in uno? Perché in ogni caso significa passare un anno intero senza aver dato una sterzata formale rispetto alla guida Renzi, anche se da sabato almeno un segretario di transizione e non un facente funzione c'è ed è Maurizio Martina.

Il secondo errore è che fare il congresso a un mese o due dalle elezioni europee e dalle amministrative (come sappiamo più di meta' dei comuni italiani votano) significa portare tutte le divisioni della battaglia congressuale dentro la campagna dei sindaci e delle liste per i comuni e dentro la lotta per le preferenze tra i candidati del PD alle europee. Ovviamente a meno che il congresso del PD edizione 2018/2019 non sia volutamente e responsabilmente pacifico e unitario come quello del 2007 che contrappose big come Enrico letta e Rosy bindi a Walter Veltroni ma con un candidato già benedetto come segretario ancora prima dell'apertura dei gazebi.

Ma in tal senso sia l'intervento di Andrea Orlando che quello di Matteo Renzi nell'Assemblea nazionale hanno dato conforto a questa ipotesi. Anzi. Dopodiché la cosa più clamorosa è che questo errore il PD Lo ha gia fatto e non un secolo fa. Ben un anno fa nel 2017 Il PD ha celebrato Il congresso che ha riconfermato Matteo renzi leader del partito. E lo ha fatto con.il congresso e le primarie proprio nella primavera a poco più di un.mese dalle elezioni amministrative 2017. Con il risultato preciso di portare dentro le battaglie per le amministrative le divisioni interne del congresso. Con comuni strategici dove i candidati del PD si sono sdoppiati replicando gli scontri congressuali. E in alcuni ballottaggi portando i candidati fuori dal centrosinistra (ma del PD) a sostenere esplicitamente o meno l'avversario del proprio teorico candidato naturale. Regalando cosi al centrodestra soprattutto una serie di comuni.

Ecco non bastava averlo fatto un anno fa. Si replica un anno dopo con la stessa scelta. E questa volta il danno si potrebbe moltiplicare visto che votano meta' dei comuni italiani. Chiaramente al PD la volatilità del voto non piace tantissimo. E ha fatto una scelta di tempi congressuali che aiuti a riconfermare i risultati 2018. Quelli del 4 marzo.

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pdmaurizio martinamatteo renzi





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