Primo maggio di lotta e di preghiera, ora et labora
Oggi, come da tradizione in tutto il Paese, si celebra la giornata dedicata alla Festa del lavoro o, meglio ancora, dei lavoratori. Ma quest’anno purtroppo la ricorrenza avrà un sapore particolare. Un po’ amaro. Poco o niente lavoro e tanti, troppi lavoratori a casa.
I discutibili decreti governativi ci impongono come unico criterio di scelta quello della salute, diventato così anche il criterio ultimo dell’intera vita economica, sociale e politica del Paese. La Festa odierna ci dice invece il contrario. E cioè che oltre alla salute, nel senso strettamente medico del termine, esiste anche il valore del benessere, nel senso più umano e sociale del termine. E di questo valore il perno è costituito dal lavoro: strumento principe di socialità, espressione di dignità umana e fattore di prosperità. Non solo un dovere, ma un diritto. L’attività umana che Dio affida all’uomo per vivere e procreare. “Vivrai del lavoro delle tue mani.”
In pochi oggi sentiranno la mancanza del Concertone del Primo maggio a Roma, mentre in molti invece, sentendo la mancanza del lavoro, potranno quest’anno rivalutare la grande figura del carpentiere, padre putativo di Gesù, di cui proprio oggi si festeggia la memoria. Giuseppe lavoratore.
Quello del 1 maggio 2020 non sarà quindi il solito momento di festa e di lotta tanto caro ai sindacati, ma un momento di lotta e di preghiera, perché san Giuseppe e tutti i Santi ci facciano la grazia di un’Italia dove si possa al più presto tornare al lavoro, e dove questa sana e insostituibile attività possa ricominciare a essere il perno centrale delle nostre giornate.
Lo abbiamo già detto: in questi mesi di quarantena in tanti abbiamo reimparato a pregare, per noi e per tutti i ns cari. Ora però vogliamo tornare anche a lavorare. Siamo diventati un po’ tutti benedettini. Ora et labora. C’è solo da provarci. Purché ce le lascino fare, entrambe le cose.
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