Politica
Proporzionale addio. Effetto governo Draghi: si torna al maggioritario

Obiettivo punire Renzi, Dibba e forse anche la Meloni
Tra le conseguenze della rivoluazione del governo Draghi tutti, o quasi, dentro c'è anche il tramonto della riforma in senso proporzionale della legge elettorale.
Che le elezioni ci siano nel 2022, con l'ex presidente della Bce al Quirinale, o nel 2023 a fine legislatura ormai il quadro politico sta ritornando bipolare, con l'ingresso di quello che resta dei 5 Stelle nel Centrosinistra a trazione Pd.
Il proporzionale avrebbe avuto un senso in chiave anti-sovranisti, sostenuto anche da Forza Italia. Ma oggi, con la svolta europeista di Matteo Salvini, Silvio Berlusconi non ha più l'interesse a isolare il Carroccio.
Dall'altra parte, nell'ex maggioranza contiana, lo scenario è completamente cambiato. Oggi il maggioritario serve anche per 'punire' Italia Viva di Matteo Renzi e i dissidenti/ribelli pentastellati che potrebbero organizzarsi attorno ad Alessandro Di Battista. Con il proporzionale, infatti, i renziani e gli ex grillini potrebbero diventare centrali e determinanti, con il maggioritario - fuori dalle principali coalizioni - il loro ruolo è del tutto marginale.
Ecco perché, dicono i ben informati, nell'incontro di qualche giorno fa a Montecitorio tra il leader leghista e Nicola Zingaretti si sarebbe anche parlato di possibili aggiustamenti al Rosatellum, ma non per introdurre il sistema tedesco bensì per rafforzare il premio di maggioranza.
Una sorta di 'vendetta politica' nei confronti di Renzi e Dibba e, qualcuno sussurra, magari anche della Meloni se esagererà con l'opposizione a Draghi. Anche se la forza di Fratelli d'Italia nei sondaggi, ormai al 17% circa, rende molto difficile isolare la destra conservatrice.