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Politica
Proporzionale-taglio parlamentari.Il ruolo di Conte per il Governo da Contatto

Sono molte le cose dette dal Presidente del Consiglio Conte durante l’intervista pubblica “La Piazza”, svoltasi il 9 agosto scorso nella città di Ceglie Messapica; kermesse, quest’ultima, organizzata dal Direttore di Affariitaliani.it Angelo Maria Perrino.

Per i retro-scenisti, analisti, ecc. è partito subito il traduttore politico in relazione alle sue dichiarazioni, ma soprattutto, occorrerebbe dire, in merito a quanto non detto direttamente.

Sostenere una riforma elettorale proporzionale e votare il taglio dei parlamentari: questo il messaggio Contiano.

Un messaggio subliminale (politicamente parlando si intende)?

Il secondo Governo Conte, targato M5S-PD, come risaputo, nasce sostanzialmente dalle macerie di ciò che fu la relazione politicamente romantica tra Di Maio e Salvini.

Quindi, dopo la chiusura dell’esperienza gialloverde è arrivata quella giallorossa: nel mezzo il cambio d’abito del Capo Politico del M5S e l’evoluzione di Giuseppe Conte.

Si è passati dal famoso Contratto di Governo all’attuale Governo da Contatto.

Conte ne è garante assoluto oppure è semplice anello di congiunzione tra Crimi e Zingaretti?

Le parole del Presidente del Consiglio, dette per l’appunto durante la kermesse di Affaiitaliani.it, hanno un tono politico determinato e marcatamente di “scuola istituzionale”: non sembra un caso che abbia specificato di voler parlare con tutti e due delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre prossimo.

Sa che la partita decisiva si gioca nel primo mese autunnale: il Governo da Contatto regge solo se i legislatori concorrenti rimangono in “quota”.

Voti che serviranno, a maggior ragione, in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica nel 2022 non tanto per i (soli 19) voti che esprimerebbero i delegati, ma per gli equilibri che ne deriverebbero in particolar modo.

Peseranno i risultati delle prossime tornate elettorali regionali dopo aver perso l’Umbria (ora a presidenza leghista) e mantenuta l’Emilia Romagna all’ultimo minuto?

A settembre 2020 si voterà in Veneto, Campania, Toscana, Liguria, Marche, Puglia e Valle d’Aosta.

Si tratta di ben sette legislatori concorrenti (od esclusivi secondo Costituzione) su venti.

A seconda del punto di vista di analisi si sta parlando di circa 1/3 dello scacchiere politico regionale complessivo non considerando, per un attimo, le ultime due tornate (ovvero Umbria ed Emilia Romagna appunto).

Stando a quanto si prospetta in futuro il Parlamento sarà composto, con il c.d. “taglio parlamentari”, da una Camera di 400 deputati ed un Senato di 200 membri (in totale con meno 345 parlamentari).

Qui, però, il punto centrale è se Conte, fino al 2022, manterrà lo stesso ascendente e la stessa caratura mostrata sinora pur considerate le insidie e le innumerevoli variabili che non solo giungono, a gamba tesa, dai giochi della politica nostrana, ma anche dalle interazioni europee ed internazionali (che per ora, dopo il recovery fund definito, sembrano meno condizionanti più che altro nel breve periodo).

Voler connubiare la legge proporzionale con il taglio parlamentari è una linea politica sottile, non affatto scontata, nonostante Conte sia, di fatto, espressione del M5S.

Si badi bene che la questione del proporzionale è sopraggiunta fortemente, con tutta evidenza, dopo il voto delle europee; tornata elettorale nella quale Salvini ha ottenuto un risultato inimmaginabile (quasi da Mattarellum), mentre il M5S (con Di Maio all’epoca ancora Capo Politico) ha delineato e manifestato tutto il limite dell’appeal pentastellato sofferente della paternità del famoso Contratto di Governo.

La strategia parlamentare, oggi, appare più chiara: condizionare le due Camere mediante la questione “morale” del taglio dei parlamentari e bilanciare la caduta del movimento grillino raggiungendo un accordo sulla riforma elettorale che metta quante più forze politiche sul “tutti contro tutti”.

Meno parlamentari con un proporzionale puro significherebbe un secco ritorno alla Prima Repubblica?

Sembra un paradosso della politica italiana. Quasi tutto un assurdo.

Conte è dominus della scena politica attuale: cittadino non eletto e non candidato, ma capace di permeare nei giochi del potere legislativo e di renderlo incapace di fare a meno del suo temporale impegno governativo.

È l’espressione di come i partiti tradizionali, in questa legislatura soprattutto, siano meccanicamente ancorati sulla sfida elettorale piuttosto che costruirla ad hoc (con pazienza).

E il taglio dei parlamentari, unito alla riforma proporzionale, sembra essere un tutt’uno; come se fosse un quadro alla Amedeo Modigliani.

Una sorta di quadro strategico che mette a nudo non tanto il Parlamento in quanto tale, ma gli elettori italiani quale elemento essenziale del sistema costituzionale. Come se difronte ad uno specchio.

In tutto ciò rimane fermo un passaggio: il Governo da Contatto ha la necessità (imprescindibile) che Giuseppe Conte non snaturi il suo ruolo di quisque de populo; è interesse delle forze di maggioranza che il Premier in carica mantenga tutta l’attrazione del “comune”, ma ancor “più comune”.

Ma la maggioranza non ha fatto ancora i conti proprio con Conte (mi si perdonerà la voluta ripetizione) il quale, scenicamente, continua ad essere attore protagonista del dipinto iniziato da Grillo più di dieci anni fa.

E si sa bene che i dipinti valgono se lo decide la critica.

Dopo il voto del 4 marzo 2018 è iniziata di certo una nuova fase repubblicana in cui l’impostazione post-ideologica cerca di affermarsi, legittimarsi e permeare di più nelle coscienze degli elettori.

La scelta proporzionale non è che il riflesso dell’evoluzione politica dei tempi che corrono in cui M5S e PD sanno bene che senza Conte non rimane che una scelta liberale, salvo che Di Maio e Salvini, da una parte, e Renzi con Berlusconi, dall’altra, non riconoscano un quadro di Modigliani lontano un miglio (mi si consenta una battuta).

Scelta liberale che chiaramente il M5S non potrà mai reggere e di cui il PD non potrà mai vestirsene. 

Le figure identitarie, come ad esempio Giorgia Meloni, che voce potranno mantenere nel gioco proporzionale e con l’entrata in vigore del futuro “taglio dei parlamentari”?

Lo stesso di Conte. Al pari di Conte.

La partita del proporzionale non ammetterà mezze misure.

D'altronde la Costituzione, agli artt. 56 e 57, impone al legislatore l’indirizzo programmatico di dotare il paese di una legge elettorale di tal fatta: determinata.

Il Parlamento, però, deve esserne protagonista consapevole.

E Conte lo sa bene perché è l’unico Contatto terreno della maggioranza in esecutivo.

Con il taglio parlamentari cosa accadrà?

Prima si voterà per il Presidente della Repubblica nel 2022, salvo che Emiliano e Co. non bussino alla porta di Palazzo Chigi prima del tempo e sempre ammesso che, nel frattempo, il Recovery fund arrivi concretamente nelle tasche degli italiani. 

E su questo punto il Presidente del Consiglio si gioca il tutto per tutto con ciò che non ha detto direttamente, ma che sa (per forza di cose) di dover mettere al primo posto: l’identità del percorso di Governo.

Identità che lo rafforzerà sì nella compagine del centrosinistra (che, oggettivamente, si mostra fragile sul fronte della gestione della propria), ma che potrebbe trovarlo impreparato qualora le sfide internazionali dovessero diventare ancor più significative e decisive per il paese.

Non è casuale il paragone con l’arte della pittura; in essa c’è una regola di composizione che si chiama  “regola dei terzi”.

Regola, quest’ultima, che identifica un modo come un altro per migliorare le composizioni artistiche.

Questa, allora, non può essere Terza Repubblica.

Questa semmai è la Repubblica dei Terzi.

Fatta di Contratti e di Contatti (non sul piano politico-concettuale).

Perciò non proprio come se fosse Prima Repubblica, ma con i Contiani che vivono sotto mentite spoglie: ancora in cerca dell’identità (unica) per loro possibile.

Tutto ciò facendo salvo, seriamente, che non salti l’accordo sul proporzionale.

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