Politica
Referendum, Castelli (ScN): dai TG atteggiamento illiberale e pericoloso per la democrazia
Referendum 8 e 9 giugno, la posizione di Sud chiama Nord

Laura Castelli
È chiaro il tentativo di silenziarci: ci ignorano nei talk show, ci oscurano nei telegiornali, cancellano la nostra voce dal dibattito pubblico
“Non ci stupisce più l’atteggiamento di gran parte dei media nazionali nei confronti di Sud chiama Nord. Dopo le censure già subite in precedenti appuntamenti elettorali, oggi assistiamo all’ennesima esclusione: la nostra posizione sul referendum dell’8 e 9 giugno è stata completamente ignorata da telegiornali, talk show, radio e quotidiani.
Questa sistematica rimozione è il segno di un’impostazione profondamente illiberale. Si dimentica il principio del pluralismo. Si ignora che Sud chiama Nord siede in Parlamento grazie alla vittoria in due collegi uninominali, un risultato straordinario e unico alle ultime Politiche; che è presente sul territorio con centinaia di amministratori; che ha partecipato alle Europee e che, alle scorse Regionali in Sicilia, ha raccolto oltre 500.000 voti con il nostro candidato governatore, Cateno De Luca.
È chiaro il tentativo di silenziarci: ci ignorano nei talk show, ci oscurano nei telegiornali, cancellano la nostra voce dal dibattito pubblico. Ma non potranno mai zittire i cittadini che ogni giorno ci sostengono.
Un esempio? Nessuna tv nazionale ha trasmesso le immagini della nostra recente assemblea regionale in Puglia, con oltre 1.000 partecipanti. Nessun accenno in radio, nessun articolo sui giornali. Un silenzio che contrasta con la visibilità garantita a partiti che alle Politiche hanno ottenuto percentuali simili alle nostre – o che, paradossalmente, non si sono mai nemmeno presentati.
Stupisce il silenzio dell’AGCOM, di fronte a queste evidenti violazioni. E colpisce l’ipocrisia di chi in Parlamento si proclama difensore del pluralismo – specie dai banchi dell’opposizione – salvo poi voltarsi dall’altra parte quando la censura colpisce gli altri.
Rammarica, inoltre, che il governo consenta questo sistematico “cecchinaggio” nei nostri confronti.
Nel 2025, è triste – e grave – assistere a questi comportamenti. Sono dannosi per la qualità della nostra democrazia e per il diritto dei cittadini a un’informazione completa, libera e imparziale.
Sud chiama Nord cresce ogni giorno grazie al lavoro concreto dei suoi amministratori. E continuerà a farlo, con o senza l’attenzione dei media.
Ma nel rispetto dei nostri elettori – e in nome della democrazia – chiediamo rispetto.
Laura Castelli
Presidente di Sud chiama Nord
Posizione ufficiale di Sud chiama Nord sul referendum dell’8 e 9 giugno:
Andare a votare?
SÌ, per noi si deve andare a votare. Indicare l’astensionismo come via a nostro avviso fa male alla democrazia.
Ci sono Paesi nei quali i referendum sono continui e sono uno strumento di partecipazione popolare che avvicina le persone alla politica.
In Italia la lontananza tra cittadini e politica è sempre più evidente, tanto che metà del Paese sceglie di non andar a votare. Strumenti come il referendum, invece, possono riavvicinare i cittadini alla politica.
Non bisogna mai avere paura dei pochi strumenti a disposizione degli italiani per esprimere forme di democrazia diretta.
Cittadinanza?
NO alla riduzione dai 10 ai 5 anni per ottenere la cittadinanza.
È vero che la burocrazia che segue alla maturazione dei 10 anni allunga molto i tempi.
La soluzione, dunque, è sburocratizzare.
Diminuire gli anni, senza affrontare il problema dell’eccessiva burocrazia è solo un palliativo che non risolve le lungaggini esistenti.
C’è un ministero della Semplificazione, si facciano proposte concrete perché i 10 anni siano tali ed effettivi. Noi pensiamo sia un tempo congruo, se viene rispettato.
Lavoro?
LIBERTÀ DI COSCIENZA. Ad esser sinceri, questo blocco di quesiti rischia di apparire come una mera propaganda. In un Paese che non riesce a fermarsi e fare una riforma del lavoro che dia flessibilità e qualità al lavoro, ancora parliamo di concetti vecchi che non sono al passo coi tempi. Lasciamo libertà di coscienza al nostro elettorato.
Ma qui bisogna andar oltre per stare davvero al passo coi tempi.
L’Italia o fa velocemente una riforma moderna ed equilibrata, oppure resterà fanalino di coda in tutta Europa.
Noi ancora siamo legati a retaggi culturali che condizionano il futuro di migliaia di giovani costretti ad aprire partite iva per lavorare. È chiaro che la soluzione non può essere riesumare o cambiare vecchi strumenti del lavoro, sui quali in parlamento non si trova una quadra, ma bisogna innovare e stare al passo coi tempi.