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Politica
Referendum, Renzi si dimette prima del voto del 4 dicembre

Dimissioni di Matteo Renzi da presidente del Consiglio prima del referendum costituzionale del 4 dicembre. Da qualche ora circola insistentemente nei Palazzi del potere romano questo rumor che è a dir poco clamoroso. Il leader del Partito Democratico starebbe seriamente accarezzando l'idea del colpo di teatro, della carta da giocare poco prima dell'apertura delle urne - si parla di venerdì 2 dicembre - per cercare di ribaltare i pronostici sfavorevoli per il Sì.

L'obiettivo della mossa a sorpresa del premier sarebbe duplice: dimostrare all'opinione pubblica che non è attaccato alla poltrona di capo del governo e togliere alle opposizioni, Massimo D'Alema, 5 Stelle e Lega in testa, l'arma principale della campagna referendaria ormai diventata anti-Renzi più che anti-riforme della Carta. Ambienti ben informati del Pd raccontano di "contatti continui" e di "seri ragionamenti" circa quest'ipotesi tra il presidente del Consiglio e i suoi fedelissimi (principalmente Boschi, Lotti e Orfini).

Anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sarebbe stato messo in pre-allarme, ovviamente in via del tutto informale, dagli sherpa di Palazzo Chigi. Quella di Renzi, se confermata, sarebbe davvero un'operazione forse azzardata ma abile per cercare di recuperare terreno alla vigilia dell'apertura delle urne. Poi in caso di successo del Sì il Presidente della Repubblica non potrebbe far altro che rifiutare le dimissioni del premier e rimandare Renzi alle Camera per ottenere un nuovo, scontato, voto di fiducia.

Se invece il No dovesse prevale, a quel punto si aprirebbero due scenari differenti: o resta in carica il segretario del Pd ma soltanto per approvare la Legge di Bilancio, rassicurando l'Unione europea e le istituzioni finanziarie, modificare la legge elettorale e poi tornare alle urne per le elezioni politiche all'inizio del 2017; oppure si apre la partita per la ricerca di un nuovo esecutivo di larghe intese o tecnico, ipotesi caldeggiata da Mattarella ma osteggiata da Renzi in caso di successo del No, con Calenda, Padoan e Grasso in pole position per la poltrona di presidente del Consiglio.

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