Politica
Senato, Renzi rischia sulle riforme

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente del Senato Pietro Grasso si sono incontrati sul palco allestito in piazza Montecitorio per le esequie solenni di Pietro Ingrao. Prima dell'inizio della cerimonia, Renzi e Grasso hanno scambiato alcune battute. Una volta terminati i funerali, i due si sono salutati, con Renzi che ha dato una pacca sulla spalla del presidente. Oggi pomeriggio al Senato l'esame del ddl riforme riprende con la dichiarazione di ammissibilità degli emendamenti che sarà proprio Grasso a pronunciare.
Riforme: maggioranza e governo navigano a vista. Troppe le incognite sul numero degli emendamenti che Grasso riterrà ammissibili, ma a 'pesare' sono anche le materie su cui il presidente del Senato darà il via libera alle votazioni segrete. Viste le tensioni fin qui registrate tra Pd, governo e seconda carica dello Stato, la maggioranza, spiega più di una fonte parlamentare, ha alcune difficoltà a mettere a punto, sin da ora, una strategia per tentare di sminare i rischi che potrebbero derivare dal segreto dell'urna. Troppi, infatti, i malumori interni alla maggioranza e, soprattuto, in Area Popolare.
Se passasse anche un solo emendamento delle opposizioni su un tema delicato, come l'elezione diretta dei senatori, il presidente del Consiglio potrebbe anche decidere di salire al Quirinale e dimettersi. All'interno del Pd ci sarebbero, secondo indiscrezioni, 7-8 ribelli pronti a votare contro le indicazioni del Nazareno nonostante l'accordo maggioranza - minoranza dem. Non solo, in Area Popolare-Ncd potrebbero essere addirittura 15 i senatori dissidenti. Sarà sufficiente la pattuglia di verdiniani (i tredici del gruppo Ala) a salvare Renzi?
Oggi si parte con le votazioni sugli articoli 1 e 2. Ed e' sull'articolo 1 che 20 senatori, da regolamento, potranno chiedere il voto segreto (Calderoli lo ha gia' preannunciato). La maggioranza, pero', sta studiando le contromosse, anche se la strada "e' accidentata e non consente di fare previsioni", e' il ragionamento, e l'ultima parola spetta comunque a Grasso.
Tra le ipotesi allo studio, uno dei piani del governo, riferiscono altre fonti parlamentari, sarebbe quello di tentare di impedire le votazioni segrete sull'articolo 1, chiedendo di votare prima l'articolo 10 del ddl Boschi, relativo al procedimento legislativo che, se approvato, 'cangurerebbe' tutte le possibili votazioni a scrutinio segreto. La strategia, prevederebbe il ricorso a un emendamento, presentato dal Pd, che consente, se ammesso, di anteporre il voto sull'articolo 10 a quello sull'articolo 1. Sulla praticabilita' di questa soluzione, tuttavia, pesano i dubbi dei tecnici legislativi. A far optare per questa strada e' stato il precedente in prima lettura: Grasso, allora, non ammise votazioni segrete sull'articolo 10 in quanto riguarda le procedure legislative.
Ma non e' detto, viene ancora fatto notare, che in quest'occasione possa ripetersi il 'bis'. Tanto che la maggioranza stessa avrebbe deciso di lasciare in sospeso questa soluzione, in attesa di conoscere le dinamiche d'Aula. D'altra parte, che la decisione del presidente Grasso di pronunciarsi sull'ammissibilita' degli emendamenti volta per volta, ovvero articolo per articolo, crei non pochi problemi al governo, non e' un mistero: "Il presidente Grasso svolge il suo compito, ma io svolgo il mio, e sarebbe stato meglio avere il giudizio di ammissibilita' sul complesso degli emendamenti per favorire un'intesa politica necessaria", osserva il sottosegretario Luciano Pizzetti, per il quale "fino a quando non sappiamo se verranno dichiarati ammissibili gli emendamenti all'articolo 2 e se sara' rispettato il principio della non emendabilita' per la doppia lettura conforme, risulta difficile avviare un confronto sulle norme transitorie", l'articolo 38. Al momento gli emendamenti sono 383.500 in totale. Fra questi anche le modifiche chieste dalla minoranza Pd che, viene confermato, per ora restano e non saranno ritirate. Riguardano anche l'articolo 2, anche se non il comma 5 dopo l'intesa con la maggioranza sull'elezione dei nuovi senatori da parte dei consigli regionali, ma in conformita' delle scelte dei cittadini. Restano, spiegano ancora dalla minoranza dem, per rispetto al ruolo autonomo del presidente Grasso.
Sul tavolo ci sono ancora da sciogliere gli ultimi 'nodi' sulle modifiche alla norma transitoria, ovvero quella che disciplina le modalita' di elezione, e che si chiede sia coerente con l'accordo raggiunto. Altra questione da sciogliere le modifiche da apportare all'articolo che disciplina la platea che deve eleggere il presidente della Repubblica.
A creare malumori all'interno del Pd - viene spiegato - e' stato anche il 'metodo' scelto da Grasso per 'depennare' una certa quantita' degli emendamenti di Calderoli. La seconda carica dello Stato, infatti, ha accolto solo gli emendamenti di Calderoli gia' presentati in commissione Affari costituzionali (circa 500 mila), motivando la decisione con il fatto che questi erano stati dichiarati ricevibili dalla presidenza della commissione. Una decisione che ha scontentato le opposizioni (FI parla di "precedente pericoloso", mentre Salvini invita il presidente a "vergognarsi" e Calderoli, pur ringraziando Grasso, richiama i "tribunali speciali del ventennio, mentre i 5 Stelle parlando di "dittatura"), ma anche il partito di maggioranza: il capogruppo del Pd, Luigi Zanda, nel 'denunciare' "l'attentato al funzionamento del Senato" da parte di Calderoli, ha sottolineato che "la firma autografa degli emendamenti presentati in Aula e' un requisito da considerare necessario", mentre sono stati considerati ricevibili anche quelle richieste di modifica con firma digitale.