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Giovanni Falcone e Melissa Bassi, memoria senza tempo

Riallacciandomi alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questi giorni nell’anniversario dalla tragica scomparsa del giudice e della studentessa, chiaramente su piani e con risonanze e solennità differenti ma, in fondo, nel medesimo spirito di rammarico e rimpianto, mi permetto di riproporre le brevi e semplici riflessioni, dedicate a Melissa, che mi sgorgarono dall’animo cinque anni fa e che, a mio avviso, si mantengono di assoluta attualità.

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Melissa, stilista per gli angeli

 

Sabato 19, il foglietto del calendario di casa recava l’annotazione di un evento a lungo e tanto atteso, ovvero il matrimonio di M.

Di buonora, la nubenda, ormai alleggeritasi da ogni ansia, era allegramente intenta a maneggiare, accarezzandolo con amore, il suo abito bianco, mentre, attraverso il balcone socchiuso, le tenevano compagnia i suoni diseguali e, però, ritmati di un discreto zefiro di tramontana, che pareva voler viepiù lucidare, la volta, lassù, di color azzurro particolarmente intenso, speciale.

Pure la piccola E., prescelta nel ruolo di damigella, s’accingeva a raggiungere la sposa.

Di lì a poco si sarebbe aperta un’antica cattedrale dai cassettoni lignei e, soprattutto, impreziosita da un mirabile pavimento a mosaico.

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Sennonché, proprio in quei momenti, giustappunto di buonora, un’altra donna, giovanissima, con la medesima iniziale M. nel nome, senza preparazione alcuna, senza palpitazione d’attesa, andava improvvisamente a convolare a nozze, ad unirsi, non mani a mani, bensì semplicemente con il cielo.

Appena sedici primavere, le sue, e tuttavia, l’abito per quella cerimonia, la M. studentessa, se lo portava da sempre addosso, con naturalezza, in armonia e sintonia col suo volto carinissimo e pregno d’espressività e in fantastico contrasto con la sfumatura dei suoi capelli: color rosso, tonalità familiare da queste parti, intorno a M., continuazione del manto della terra dei campi, terra, in genere, madre generosa, solo raramente matrigna e avara.

E’ vero, per M. non c’è stata una chiesa addobbata di fiori, in compenso ella ha avuto il privilegio d’essere di colpo sollevata su un cocchio bianco e lucido e di svettare, nel volgere d’un attimo, sino all’eden azzurro intenso rievocato prima.

In più, la sedicenne, senza bisogno d’altri corsi scolastici e di esami, ha conseguito d’incanto il suo diploma, è divenuta matura, ha già un tavolo da lavoro per la creazione e il disegno di modelli e le sue collezioni soddisfano un parterre di clienti d’alta classe, raffinati, con le ali.

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Ai suoi genitori, alle compagne, particolarmente a quelle che hanno sussultato accanto a lei, M. confida di essere lieta, contenta, in pace, di ricordare tutti e di ripromettersi di continuare a frequentare, librandosi fra i banchi, il suo istituto professionale, da cui, del resto, non s’è mai allontanata o staccata volontariamente.

E’ felice, da ultimo, per via di un’anticipazione recatale da un angelo dai capelli rossi come i suoi, con il quale ha stretto amicizia: la scuola, d’ora in avanti, si chiamerà “Istituto professionale Morvillo e Bassi”.

Nel frattempo, allo scopo di fugare ogni nostalgia, M. si è portato con sé il candore d’animo del suo papà e della sua mamma, insieme con la convinzione che l’universo dei volti della gente del suo paese e di questa terra di Puglia, nella sua totalità, è forgiato e animato da buoni e sani principi e, quindi, nulla ha a che vedere con le sparute frange di personaggi deviati e traviati.

Ciao M., anzi Melissa, la tua immagine, nella mente dell’osservatore di strada che scrive, è stagliata sotto il segno d’una bellissima farfalla che si è posata a gustare il profumo di un altrettanto bellissimo fiore.

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